Oggi, stravolti dal dolore per la morte dell'amico Supersic, il mondo della MotoGp si interroga sul caso. Perché è avvenuta questa tragedia? Sul banco degli imputati sicuramente tre fattori: le gomme, l'elettronica e la protezione dei piloti. Sono mesi infatti che i piloti si lamentano della cronica difficoltà dei pneumatici di andare in temperatura. Una cosa pericolosissima nei primi giri e dopo le soste ai box (anche Rossi con la Yamaha si ruppe la gamba per questo motivo) e che ancora non ha trovato soluzione. Se infatti il pilota spinge subito forte le gomme possono mollarlo di colpo, in modo del tutto anomalo e imprevedibile. In prova è relativamente facile risolvere la cosa facendo i primi due giri senza forzare troppo ma in gara, spesso (anzi sempre) non è così. Nella bagarre delle prime curve non sempre si riesce a chiudere il gas.
E poi c'è il problema dell'elettronica. Un sistema diabolico che di fatto governa la modo e il gas che il pilota chiede al motore. Il caso di Simoncelli
E veniamo ora alle protezioni: i piloti apparentemente sembrano super tutelati ma non è così. Il collo, in particolare, è ancora completamente esposto e non si riesce a trovare nulla di valido per proteggerlo a dovere. Un problema irrisolvibile perché per guidare una moto occorre voltarsi in tutte le direzioni e piegarsi da tutti i lati per assecondare gli angoli di piega. Così tutta la zona cervicale è esposta a piccoli e grandi urti se si viene investiti. Si poteva evitare dunque? Oggi no. E quello che è successo a SuperSic sarebbe potuto succedere a tutti gli altri, da Stoner a Rossi, è chiaro.
Così come è chiaro che questo, probabilmente, è l'incubo che toglierà il sonno nei prossimi giorni a tutti i fuoriclasse della MotoGp.
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