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Berlusconi: “Ma quale Bunga bunga, un’invenzione di pornogiornalisti e pornoPm”
Il presidente del Consiglio si sfoga, come al solito, contro le procure e la stampa. L'occasione, questa volta, è l'anticipazione di alcuni capitoli del nuovo libro di Bruno Vespa, "Questo amore". "Non c'è nulla, assolutamente nulla di quel che ho fatto che non rifarei", dichiara il Cavaliere
“Ci sono decine e decine di miei ospiti che possono testimoniare la correttezza e l’eleganza dei comportamenti di tutti i miei invitati alle feste di Arcore“. Da ieri le agenzie sfornano a capitoletti le anticipazioni dell’ultimo libro di Bruno Vespa. Ovviamente, nonostante il libro si titoli “Questo Amore” (edito da Mondadori) e tratti storie di più personaggi della cronaca e non, come Olindo e Rosa Bazzi gli assassini di Erba, a finire sui giornali è, soprattutto, il contesto amoroso del premier Silvio Berlusconi. “Non c’è nulla, assolutamente nulla di quel che ho fatto che non rifarei – dichiara il Cavaliere al conduttore di Porta a Porta – . Devono scusarsi i porno giornalisti e i pornomagistrati che mi hanno ricoperto di calunnie”. Insomma, “nessun Bunga bunga signor Vespa”. Anzi, B. “nega risolutamente di aver voluto offendere i sentimenti dei cattolici nelle cene con ospiti femminili”.
E poi il pretesto per prendersela con le intercettazioni. “Io non ho un cellulare. Tutte le chiamate passano attraverso la mia segreteria. Una volta – continua – avevo anch’io un cellulare, ma non l’ho più potuto tenere da quando constatai di essere non controllato, ma ipercontrollato. Le pare – afferma un paese civile e libero questo?”.”Quando in un paese si arriva a violare il domicilio del premier, e a considerare possibile indiziato chiunque vi faccia ingresso, significa che il livello di guardia è stato ampiamente superato”
Ma Vespa lo “incalza” per la sua intervista da inserire nell’ennesimo libro strenna: “Ma le pare ammissibile – chiede il giornalista – usare un cellulare panamense per parlare con Lavitola?”, il premier: “Non ho usato nessun cellulare panamense. Lavitola chiamava ripetutamente Alfredo (il maggiordomo di Palazzo Grazioli a Roma, ndr), che aveva da me avuto la raccomandazione di non passarmi alcuna telefonata. Lavitola – afferma – pensò che io non mi fidassi dei normali telefoni, e allora disse ad Alfredo che gli avrebbe fatto avere dei telefoni sicuri. Alfredo me ne parlò, ma io rifiutai l’offerta e commentai che quelli erano sistemi da criminalità organizzata. Una sera Alfredo si affacciò alla porta del mio studio con un cellulare in mano. “Dottore, mi disse, Lavitola ha chiamato almeno venti volte, vuole rispondergli almeno una volta?”. Ci parlai, ma con il convincimento che il cellulare fosse quello di Alfredo”. Tutta colpa di Alfredo insomma.
Sempre colpa di certi magistrati che non gli permettono neanche di fargli fare una telefonata “sicura”. “Certe procure tentano una rivoluzione, io penso solo alla rivoluzione liberale. Il Csm? Spesso è stata la terza Camera. Pretendendo di giudicare cosa il Parlamento e il governo debbano o non debbano fare, con ciò – dichiara – stravolgendo il principio della divisione dei poteri”.
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