martedì 2 novembre 2010

Le bugie e i silenzi di Marchionne. Intervista a Maurizio Landini

Se Marchionne è un metalmeccanico tu cosa sei, un finanziere? Un rentier? Ride Maurizio Landini, travolto in un vortice di riunioni sindacali, trattative, assemblee, talk show: «È vero, è un metalmeccanico. Anzi è 435 metalmeccanici, visto che guadagna 435 volte più di ciascuno di loro». Landini riesce a trasmettere messaggi positivi e credibili perché, per dirla con Gramsci, è «in connessione sentimentale con il suo popolo». Ma il suo dna lo mette in sicurezza: il segretario generale della Fiom è innanzi tutto un operaio.

Marchionne è andato in tv e ha detto a Fabio Fazio che lui è un metalmeccanico e l'idea di «scendere in politica» non gli passa per l'anticamera del cervello. E a Landini, così corteggiato dalla sinistra? Altra risata: «La mia esperienza è di sindacalista, altro non mi interessa. Sulla politica posso solo esprimere la speranza che i partiti ricomincino a occuparsi di lavoro, sempre che vogliano rappresentare chi lavora. Sta in questa lacuna che dura da troppo tempo la prima ragione della crisi della sinistra». Il segretario risponde punto per punto alle considerazioni di Marchionne: «Il suo non era un messaggio forte. È segno di debolezza dire bugie sulle condizioni di lavoro, sugli accordi e tacere sui contenuti, sul piano industriale, sugli investimenti che non partono e i nuovi modelli che slittano al 2012».

Landini, come valuti l'intervista di Marchionne a «Che tempo che fa»?Marchionne ha detto cose inesatte sulle condizioni di lavoro, sugli accordi, sull'assentesismo e sulla produttività. Non è vero che a Mirafiori esista un accordo che riduce la pause da 40 a 30 minuti: le pause sono tre, rispettivamente da 15, 15 e 10 minuti per un totale di 40 minuti. Non è vero che dall'Italia non viene un euro - o un dollaro, se preferisce - di utili perché Ferrari fa utili, così come Iveco, Cnh, Sevel. Dal grosso dell'auto non vengono utili e neanche fatturato, perché a farla da padrona è la cassa integrazione. Non è vero che l'assenteismo è alto a Pomigliano, in pochi anni è sceso al 3,7%. Come fa a dire che Melfi non è produttiva, se fino a pochi mesi fa la si presentava al mondo e agli Usa come fiore all'occhiello della Fiat? Poi c'è quel che Marchionne non ha detto: nulla sui nuovi modelli, nulla sui tempi, nulla sui progetti e sugli investimenti.

Tu la butti in politica, mentre Marchionne ha detto che la Fiom in Fiat non conta niente, non più del 12%.Degli iscritti, non dei sindacalizzati. Se fossimo ininfluenti, che problema ci sarebbe? Marchionne potrebbe andare avanti tranquillo. Ma non è così: tra i lavoratori, a Pomigliano come in tutti gli altri stabilimenti, c'è una grande preoccupazione, un dissenso forte contro un modello produttivo basato sullo scambio tra lavoro - solo ipotetico - e diritti certi. Nessun investimento è partito, neanche un euro è stato speso in Italia e i nuovi prodotti sono in grave ritardo. La Fiat sta perdendo vendite più degli altri, riduce la sua quota in Italia e in Europa. Gli altri produttori investono su ricerca e nuovi modelli, ciò significa che quando anche ripartisse la domanda la Fiat si troverebbe ancora in difficoltà. Altro che triplicare la produzione in Italia. Se aspetti tempi migliori per investire sei bell'e finito. E la cosa di cui Marchionne si vanta, che non ci sia alcun intervento pubblico sull'auto, e penso soprattutto alla ricerca su prodotti socialmente ed ecologicamente compatibili, non è un pregio ma un problema. Tutti gli altri stati stanno investendo, Obama docet.

Cosa vuole la Fiat: abbandonare l'Italia, perché sotto sotto Marchionne si aspettava un rifiuto da parte di tutti i sindacati del piano impresentabile di Pomigliano? Oppure vuole solo la firma, la complicità, della Fiom?Marchionne sa che senza consenso di tutti i sindacati e della maggioranza dei lavoratori non si governa. A Pomigliano ha tentato di imporre un sistema senza vincoli per competere al ribasso. Ora le cose non funzionano e sa che il problema principale non è la Fiom, ma la sua stessa politica. Marchionne è molto preso negli Usa con la Chrysle e fa lo spin-off separando l'auto dal resto della Fiat, dalla parte cioè che ha sostenuto i suoi bilanci. Temo un depotenziamento dell'auto in Italia con l'obiettivo di trasformare la Fiat-Chrysler in Chrysler-Fiat. Perciò dà per fatta la chiusura di Termini Imerese e magari a seguire quella di altri stabilimenti italiani. Per noi la partita Termini è completamente aperta.

Ma insomma, la volete riaprire o no una trattativa con la Fiat?Fosse dipeso da noi non l'avremmo mai chiusa. Vogliamo trattare, discutere le scelte di politica industriale, i modelli, gli stabilimenti, l'occupazione. Anche l'organizzazione del lavoro, ma non a prescindere. Non sotto ricatto «o stai alle mie regole o chiudo tutto e chi s'è visto s'è visto». Se faranno la Newco costringendo i lavoratori a firmare le sue clausole incostituzionali prima della riassunzione, saranno responsabili di una clamorosa violazione delle regole democratiche.Fim e Uilm sono in imbarazzo di fronte all'emnnesimo schiaffo di Marchionne a cui hanno firmato una cambiale in bianco.

Cosa diresti loro?Avete abbandonato una posizione unitaria invece di andare avanti insieme per raggiungere un accordo migliore, rispettoso dei lavoratori e delle leggi. Ora valutate quel che accade: Marchionne scarica anche su di voi responsabilità che sono sue. Ripartiamo dai lavoratori, restituiamo la parola e le decisioni agli interessati, facciamoci dare un mandato a trattare con la Fiat. La strada degli accordi separati e delle deroghe ai contratti non porta da nessuna parte. Né fa bene alla Fiat.

La Fiat sta perdendo tutte le cause.In pochi giorni si è presa due condanne per antisindacalità, a Melfi e Torino. È una buona notizia che l'impiegato licenziato a Mirafiori abbia ripreso il suo lavoro. Ma a Melfi i tre licenziati sono fuori. Se Marchionne cerca il confronto dovrebbe far prevalere il buonsenso sulla prepotenza.

Il 16 c'è stata una grandissima manifestazione promossa dalla Fiom con al centro i diritti che ha coagulato il consenso e la partecipazione di ampi strati di popolazione. È stata una meta o l'avvio di un cammino comune?Il 16 c'è stata una grande novità, anzi due. Il lavoro ha riconquistato una giusta visibilità e ha avuto la capacità di unire studenti, precari, movimenti, soggetti sociali sofferenti, migranti su un'idea diversa di società. Da piazza San Giovanni si sono alzate molte domande a cui dobbiamo rispondere. Come Fiom lo faremo in fabbrica, difendendo l'occupazione, la condizione e i diritti dei lavoratori. Più in generale penso che la Cgil debba assumere la domanda di cambiamento e costruire un percorso che, attraverso la manifestazione del 25 novembre, arrivi alla proclamazione dello sciopero generale. Rimandando al mittente l'idea della Confindustria che in nome della produttività vorrebbe cancellare tutto, contrattazione e diritti. È una ricetta sbagliata, nessun confronto può ripartire senza riconosce pari dignità al lavoro e alle imprese.

La Cgil ha colto questo messaggio, della piazza e della Fiom?Emerge la volontà di riflettere, ma serve più coraggio: lo sciopero generale va deciso ora e deve effettuarsi in tempi utili a produrre risultati.

Che vuol dire in tempi utili?Vuol dire entro l'anno. La seconda cosa che mi aspetto dalla Cgil è che faccia propria fino in fondo la battaglia per la democrazia nei luoghi di lavoro: ogni piattaforma e ogni accordo, per avere valore devono essere discussi e votati dai lavoratori.

Guido Viale ha scritto sul manifesto una lettera aperta alla Fiom per proporre un'alternativa all'auto e al modello di basato sulla mobilità individuale a quattro ruote. Cosa rispondi?Viale affronta un tema importante che richiede cautela. Sono convinto anch'io che la pura estensione del modello attuale, ammesso che sia praticabile, provocherebbe un disastro di proporzioni globali. Il prodotto su cui incentrare ricerche e battaglie non può più essere semplicenente l'auto ma la mobilità. Ciò premesso, sai quante persone lavorano alla costruzione di automobili nel mondo? 12 milioni. Allora parliamo di quali vetture costruire, di quali propulsori, di elettricità, dunque di ricerca e innovazione. Insieme alla costruzione di un nuovo modello di mobilità dobbiamo creare alternative occupazionali certe per chi oggi assembla carrozzerie e motori. Solo da una discussione concreta può partire la costruzione di un nuovo modello di sviluppo.

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