Questa mattina, diversi lavoratori precari, si sono dati appuntamento davanti alla sede INPS di Piazza Augusto Imperatore a Roma, per effettuare il calcolo delle loro future pensioni, con il risultato sconcertante di ritrovarsi, nella maggior parte dei casi, dopo 40 anni di contributi, con un assegno mensile che non supera i 500€.
L'appuntamento è stato lanciato dalla CGIL, dopo la provocatoria dichiarazione del Presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, secondo il quale se l'ente previdenziale dovesse “dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Una situazione verificata nelle cifre e nei volti preoccupati di chi, questa mattina, ottenuto l'estratto contributivo, si è recato al banchetto dell'INCA CGIL dove gli è stata prontamente calcolata la futura pensione.
È così che Marta, collaboratrice a progetto di una associazione del terzo settore, ha scoperto che, se non cambieranno gli attuali coefficienti di calcolo e le aliquote contributive per i lavoratori parasubordinati, si ritroverà a 65 anni di età con una pensione pari al 40% delle sue ultime retribuzioni, che nel suo caso significa all’incirca 450 euro al mese. Un caso simile ai molti altri che, durante la mattinata, sono stati intervistati dagli inviati della CGILtv.
Perché le pensioni dei lavoratori parasubordinati saranno così basse? Lo chiediamo ai dirigenti del NIdiL CGIL e dell'ufficio Politiche Giovanili della CGIL Nazionale, presenti all'iniziativa, che, al microfono della CGILtv, spiegano come una parte delle responsabilità deve essere attribuita alle basse retribuzioni dei precari, spesso non adeguate al lavoro svolto, ma anche che la questione non si esaurisce qui. Infatti, l'aliquota previdenziale per i parasubordinati è pari al 26%, a differenza dei dipendenti subordinati che versano il 33%, e, inoltre, i loro rapporti di lavoro sono per natura discontinui, e ciò pesa molto sulla contribuzione. Inoltre a gennaio il governo ha adottato i nuovi coefficienti penalizzanti di calcolo della pensione, senza istituire l’apposito tavolo con le organizzazioni sindacali: un tavolo, previsto dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, che dovrebbe avere il compito di adeguare i coefficienti per assicurare pensioni dignitose a tutti.
Una situazione nota al sindacato da tempo. Già dal 2009 NIdiL CGIL, con una petizione che ha raccolto 30.000 firme, ha chiesto che la pensione fosse pari almeno al 60% delle ultime retribuzioni, un requisito minimo per poter garantire pensioni dignitose ai lavoratori precari. NIdiL CGIL ha inoltre chiesto che i compensi dei lavoratori parasubordinati siano agganciati ai minimi dei contratti nazionali di riferimento per i lavoratori con analoga professionalità e che venga aumentata l’aliquota previdenziale. Secondo il sindacato sarebbe, inoltre, necessaria l'obbligatorietà della rivalsa previdenziale per i lavoratori con partita IVA iscritti alla Gestione separata, il suo innalzamento dal 4% al 18% e l'introduzione di un costo aggiuntivo del 4%, a carico delle imprese, per l'utilizzo di lavoro parasubordinato, da destinare all’aggiornamento professionale e alla previdenza integrativa.
L'iniziativa si è chiusa con l'invito, da parte del NIdiL CGIL, rivolto a tutti i lavoratori parasubordinati, a recarsi presso i patronati INCA CGIL per verificare immediatamente la propria posizione contributiva, sottolineando che la mancata denuncia di irregolarità, oltre i cinque, anni comporta la perdita dei contributi, con inevitabili ricadute sull’entità della pensione. Questa mattina, diversi lavoratori precari, si sono dati appuntamento davanti alla sede INPS di Piazza Augusto Imperatore a Roma, per effettuare il calcolo delle loro future pensioni, con il risultato sconcertante di ritrovarsi, nella maggior parte dei casi, dopo 40 anni di contributi, con un assegno mensile che non supera i 500€. L'appuntamento è stato lanciato dalla CGIL, dopo la provocatoria dichiarazione del Presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, secondo il quale se l'ente previdenziale dovesse “dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Una situazione verificata nelle cifre e nei volti preoccupati di chi, questa mattina, ottenuto l'estratto contributivo, si è recato al banchetto dell'INCA CGIL dove gli è stata prontamente calcolata la futura pensione. È così che Marta, collaboratrice a progetto di una associazione del terzo settore, ha scoperto che, se non cambieranno gli attuali coefficienti di calcolo e le aliquote contributive per i lavoratori parasubordinati, si ritroverà a 65 anni di età con una pensione pari al 40% delle sue ultime retribuzioni, che nel suo caso significa all’incirca 450 euro al mese. Un caso simile ai molti altri che, durante la mattinata, sono stati intervistati dagli inviati della CGILtv. Perché le pensioni dei lavoratori parasubordinati saranno così basse? Lo chiediamo ai dirigenti del NIdiL CGIL e dell'ufficio Politiche Giovanili della CGIL Nazionale, presenti all'iniziativa, che, al microfono della CGILtv, spiegano come una parte delle responsabilità deve essere attribuita alle basse retribuzioni dei precari, spesso non adeguate al lavoro svolto, ma anche che la questione non si esaurisce qui. Infatti, l'aliquota previdenziale per i parasubordinati è pari al 26%, a differenza dei dipendenti subordinati che versano il 33%, e, inoltre, i loro rapporti di lavoro sono per natura discontinui, e ciò pesa molto sulla contribuzione. Inoltre a gennaio il governo ha adottato i nuovi coefficienti penalizzanti di calcolo della pensione, senza istituire l’apposito tavolo con le organizzazioni sindacali: un tavolo, previsto dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, che dovrebbe avere il compito di adeguare i coefficienti per assicurare pensioni dignitose a tutti. Una situazione nota al sindacato da tempo. Già dal 2009 NIdiL CGIL, con una petizione che ha raccolto 30.000 firme, ha chiesto che la pensione fosse pari almeno al 60% delle ultime retribuzioni, un requisito minimo per poter garantire pensioni dignitose ai lavoratori precari. NIdiL CGIL ha inoltre chiesto che i compensi dei lavoratori parasubordinati siano agganciati ai minimi dei contratti nazionali di riferimento per i lavoratori con analoga professionalità e che venga aumentata l’aliquota previdenziale. Secondo il sindacato sarebbe, inoltre, necessaria l'obbligatorietà della rivalsa previdenziale per i lavoratori con partita IVA iscritti alla Gestione separata, il suo innalzamento dal 4% al 18% e l'introduzione di un costo aggiuntivo del 4%, a carico delle imprese, per l'utilizzo di lavoro parasubordinato, da destinare all’aggiornamento professionale e alla previdenza integrativa. L'iniziativa si è chiusa con l'invito, da parte del NIdiL CGIL, rivolto a tutti i lavoratori parasubordinati, a recarsi presso i patronati INCA CGIL per verificare immediatamente la propria posizione contributiva, sottolineando che la mancata denuncia di irregolarità, oltre i cinque, anni comporta la perdita dei contributi, con inevitabili ricadute sull’entità della pensione.
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