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Fini, il terremoto è in arrivo
In un firmamento di stelle fisse quella di Gianfranco Fini si sarebbe spenta presto. Il suo muoversi con una pattuglia di fedelissimi contro l'invincibile armada del Cavaliere avrebbe portato alla dispersione di un capitale politico accumulato nei decenni. Ma la situazione non è più quella degli anni 2000. Tutto sta cambiando e il potere berlusconiano non ha più la presa ferrea di un tempo. Intendiamoci: Silvio Berlusconi dispone sempre di risorse incommensurabilmente superiori ad ogni altro attore politico, e sa utilizzarle con la massima spregiudicatezza - e il presidente della Camera se n'è accorto, quest' estate.
Tuttavia il pack siberiano prodotto dalla glaciazione berlusconiana comincia a sciogliersi: capi e capetti pidiellini si stanno posizionando all'interno del partito per prepararsi al dopo-Pdl e, inevitabilmente, finiscono per litigare ancora prima di disporre delle spoglie. Anche oltre il recinto del centrodestra c'è movimento. Da Rutelli a Montezemolo, da Casini agli ex popolari malpancisti del Pd, fino ai residui della sinistra radicale, è tutto un vorticare di incontri e progetti. Insomma, lo scenario prefiguratosi all'indomani delle elezioni del 2008, imperniato su due gradi partiti e qualche piccolo comprimario, è andato in fumo.
Il vero motore propulsivo di questa fase, per la portata sistemica della sua azione più che per primogenitura, rimanda a Gianfranco Fini. Con mosse felpate, ma accompagnate da una serie continua di punture di spillo volte sempre a differenziarsi dal Cavaliere, il presidente della Camera si è avvicinato quasi in souplesse allo scontro finale con Berlusconi. Il redde rationem si è consumato il 22 aprile scorso, nell'insolita sede della direzione del Pdl.
In quella sceneggiata da congresso pannelliano, dove i due leader litigano in diretta sciorinando le loro incompatibilità di fronte alla platea televisiva, non solo si consuma la rottura per lesa maestà ma si assiste ad un "salto di specie" per quanto riguarda Gianfranco Fini. Per la prima volta egli abbandona l'eloquio trattenuto e presidenzialista, e si proietta metaforicamente e fisicamente al centro dell'arena, pronto al conflitto gladiatorio, sub specie di rissa verbale.
Quella scena marca un punto di non ritorno nei rapporti tra i due dioscuri del Pdl, e persino nella loro immagine pubblica. Il Fini imbalsamato nello scranno più alto di Montecitorio diventa un politico di lotta e di governo; inizia l'alternanza tra l'aplomb da statista in formazione e in accreditamento internazionale, e la retorica da capo-partito, pur senza abbandonare giacca e cravatta.
Lo slalom tra i due ruoli si presenta insidioso, perché il fondatore di Futuro e Libertà non può rinunciare del tutto alla sua immagine di leader affidabile e conciliante coltivata negli ultimi 15 anni e diventata uno dei suoi segni caratterizzanti , oltre che fonte primaria del suo apprezzamento trasversale. Allo stesso tempo, per raccogliere intorno a sé consensi che si identifichino con il suo progetto è costretto a "innalzare il livello dello scontro". È evidente la contraddizione tra i due piani: conservare una allure presidenziale e battagliare quotidianamente con gli avversari richiede doti di alto equilibrismo. Non solo.
Vi è una ulteriore difficoltà da superare: si tratta di tradurre i consensi personali del presidente della Camera alla sua formazione politica. È un passaggio cruciale che Fini conosce bene fin da quando guidava Alleanza nazionale: allora, a un riconoscimento di amplissime proporzioni alla sua persona non corrispondeva che un 12-15 per cento di voti al partito. Ora, per evitare che l'apprezzamento generalizzato del leader si disperda in questo "trasferimento" è necessario fornire al nuovo soggetto politico una identità precisa e facilmente riconoscibile.
Qual è l'identità della galassia finiana (Fare Futuro, Generazione Italia, Il Secolo d'Italia, Futuro e Libertà)? Da quanto si legge nei loro siti ancora più che nelle dichiarazioni dei leader politici emerge una forte contrapposizione al mondo forzaleghista in generale, e al presidente del Consiglio in particolare. Sono così insistenti e così feroci le critiche al centrodestra che si fatica a collocare ancora questa galassia nell'orbita governativa. La separazione dei rispettivi percorsi si percepisce sia dai diversi riferimenti politico-ideali che da valutazioni sempre difformi sulle singole questioni.
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