Buon ultimo, ma con il cingolato, è arrivato Roberto Maroni. Colui che non ha tempo per testimoniare davanti alla Procura di Roma che indaga sulla società Mythos (la presunta «centrale di evasione fiscale» che lo avrebbe retribuito con 60.000 euro per una consulenza mai fatta), ha trovato qualche oretta da dedicare alla poltrona di Porta a porta. Da cui ha emesso il suo fosco oracolo: quella di domani a Roma è una manifestazione «a rischio elevato», «lo hanno già detto i servizi», con «gruppetti stranieri pronti ad infiltrarsi». A riprova della sua imparzialità, ha già dato le cifre dei manifestanti: «20, 40mila», così non ci montiamo la testa. A riprova della sua (deficitaria) memoria, già in mattinata, a Padova, si era detto «preoccupato per l'invito fatto ai centri sociali; è la prima volta che accade».
Da qui a prevedere «incidenti» il passo è men che breve. Il problema è che Maroni non è un opinionista qualsiasi, ma - ahinoi - il ministro dell'interno. L'uomo che, come ricorda Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha il compito di «garantire la sicurezza e l'ordine pubblico nel Paese». E se «il ministro e i servizi parlano di possibili infiltrazioni di gruppi stranieri che, com'è noto, non sono metalmeccanici né tantomeno sono stati invitati al corteo», questo è ancor più vero. Se è così ben informato sulla provenienza degli «infiltrandi», ha tutti gli strumenti per fermarli prima. Magari un po' meglio di come ha brillantemente fatto con i fascisti serbi martedì sera.
Che città era? Ah, sì, Genova. Ecco, questo ci preoccupa molto. Noi non dimentichiamo che questo governo è lo stesso che occupava palazzo Chigi anche nel 2001. Allora qualche provocatore prezzolato era stato attivato per spedire pacchi esplosivi; qualche poliziotto s'era improvvisato «black block». Oggi c'è la crisi, e devono aver tagliato anche in quelle voci di spesa. Dal lato dell'opposizione sociale, tra frizzi e lazzi, non si è andati oltre qualche uovo. Roba da far ridere anche la questura di S. Marino. Ma la nostra classe dirigente - tutta - si è arrangiata anche con così poco per vaneggiare di «clima che non si vedeva dagli anni '50».
Conosciamo bene il gioco del «lancio dell'allarme» per coprire le ragioni di una protesta popolare. È un gioco che riesce sempre meno anche dalle parti della Lega, se è vero - com'è vero - che proprio Maroni è stato contestato alla «Berghem Fest», dalla curva atalantina allevata dall'amico Calderoli. Questo governo sa di doversene andare, e presto. Un gesto violento, a questo punto, può arrivare solo dalla sua disperazione. E infatti sembra proprio che lo minacci.
Da qui a prevedere «incidenti» il passo è men che breve. Il problema è che Maroni non è un opinionista qualsiasi, ma - ahinoi - il ministro dell'interno. L'uomo che, come ricorda Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha il compito di «garantire la sicurezza e l'ordine pubblico nel Paese». E se «il ministro e i servizi parlano di possibili infiltrazioni di gruppi stranieri che, com'è noto, non sono metalmeccanici né tantomeno sono stati invitati al corteo», questo è ancor più vero. Se è così ben informato sulla provenienza degli «infiltrandi», ha tutti gli strumenti per fermarli prima. Magari un po' meglio di come ha brillantemente fatto con i fascisti serbi martedì sera.
Che città era? Ah, sì, Genova. Ecco, questo ci preoccupa molto. Noi non dimentichiamo che questo governo è lo stesso che occupava palazzo Chigi anche nel 2001. Allora qualche provocatore prezzolato era stato attivato per spedire pacchi esplosivi; qualche poliziotto s'era improvvisato «black block». Oggi c'è la crisi, e devono aver tagliato anche in quelle voci di spesa. Dal lato dell'opposizione sociale, tra frizzi e lazzi, non si è andati oltre qualche uovo. Roba da far ridere anche la questura di S. Marino. Ma la nostra classe dirigente - tutta - si è arrangiata anche con così poco per vaneggiare di «clima che non si vedeva dagli anni '50».
Conosciamo bene il gioco del «lancio dell'allarme» per coprire le ragioni di una protesta popolare. È un gioco che riesce sempre meno anche dalle parti della Lega, se è vero - com'è vero - che proprio Maroni è stato contestato alla «Berghem Fest», dalla curva atalantina allevata dall'amico Calderoli. Questo governo sa di doversene andare, e presto. Un gesto violento, a questo punto, può arrivare solo dalla sua disperazione. E infatti sembra proprio che lo minacci.
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