giovedì 29 dicembre 2011

mercoledì 28 dicembre 2011

Lettera al ministro Fornero clicca sul link

Fiat/ Landini (Fiom) : pronti a denunciare Marchionne



Camusso Landini

Manifestazione nazionale l'11 febbraio a Roma. Quattro ore di sciopero a gennaio. Raccolta firme per un referendum abrogativo dell'accordo che cancella il contratto nazionale. Minaccia di denunciare la Fiat e Sergio Marchionne alla magistratura. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, intervistato da Affaritaliani.it, annuncia le iniziative per il prossimo anno del sindacato dei metalmeccanici della Cgil.

"Abbiamo già deciso una grande manifestazione nazionale a Roma sabato 11 febbraio. Ma anche per la difesa del contratto, della democrazia e del lavoro. E abbiamo intenzione di presentare delle proposte per uscire dalla precarietà di riforma degli ammortizzatori sociali", spiega Landini.

"Abbiamo anche deciso un pacchetto di quattro ore di sciopero a gennaio per fare assemblee in tutti i luoghi di lavoro in tutta Italia e, per quello che riguarda in specifico Fiat, è partita tra i lavoratori prima di Natale una raccolta di firme per chiedere un referendum abrogativo dell'accordo che cancella il contratto nazionale. In due giorni e mezzo sono già state raccolte più di 10mila firme e questa iniziativa proseguirà anche nella prima settimana di gennaio".

Ma non finisce qui. "Il 14 del prossimo mese poi faremo l'assemblea nazionale che vede la partecipazione di tutti i delegati e le delegate del gruppo Fiat e stiamo già nominando le nostre Rsa (i nostri delegati), facendoli votare ai lavoratori e nominandoli, e qualora la Fiat non volesse riconoscerci questo nostro diritto costituzionale, alla luce anche della sentenza di Torino che ha condannato per comportamento anti-sindacale la Fiat a Pomigliano, naturalmente agiremo per vie legali. Il 10 gennaio, infine, faremo una riunione del nostro organismo dirigente, che si chiama Comitato Centrale, per valutare quello che sta avvenendo: oltre alla Fiat, c'è l'accordo separato in Fincantieri ma soprattutto c'è quest'ulteriore intesa separata fatta da Fim e Uilm con Federmeccanica, che estende le normative della Fiat anche alla componentistica auto e che quindi rende evidente l'attacco definitivo che c'è al contratto nazionale di lavoro".

Se io muoio, non piangere per me. Fai quello che facevo io e continuerò a vivere ( Che Guevara )

lunedì 26 dicembre 2011

Le persone sono state create per essere amate, mentre le cose sono state create per essere utilizzate. Il motivo per cui il mondo è nel caos è perché le cose sono amate e le persone sono utilizzate.

Minzolini insulta "Il Fatto", A.Scanzi, F.Abbate: "Aguzzini, truce inqui...

Mi dispiace. Ma io non voglio fare l'imperatore. No, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno; vorrei aiutare tutti se è possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre; dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l'un l'altro.
In questo mondo c'è posto per tutti: la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica.
Ma noi lo abbiamo dimenticato.
L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotto a passo d'oca a far le cose più abiette.
Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi; la macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l'abilità ci ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo e sentiamo poco.
Più che macchinari, ci serve umanità.
Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza.
Senza queste qualità, la vita è violenza, e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne , bambini disperati.
Vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente.
A coloro che mi odono, io dico: non disperate, l'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero. L'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano, l'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo.
E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.
Soldati! Non cedete a dei bruti! Uomini che vi sfruttano! Che vi dicono come vivere! Cosa fare! Cosa dire! Cosa pensare! Che vi irreggimentano! Vi condizionano! Vi trattano come bestie! Non vi consegnate a questa gente senza un'anima!
Uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore.
Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini!
Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore. Voi non odiate coloro che odiano solo quelli che non hanno l'amore altrui.
Soldati! Non difendete la schiavitù! Ma la libertà!
Ricordate,
Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere: mentivano, non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse son liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere! Eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza! Combattiamo per un mondo ragionevole; un mondo in cui la scienza e il progresso, diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!

Domanda: ma dove erano negli anni passati i due signori a destra nella foto ?

Presidi a Montecitorio. Cgil: «Le pensioni non sono capitolo chiuso».

Vigilia di Natale di piazza per i sindacati, sempre sul piede di guerra contro il Professore e la manovra che si accanisce sulla classe media. Dal palcoscenico dei presidi unitari di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso ha fatto il punto sul capitolo-pensioni, uno dei più scottanti della stangata Monti.
«Non è una partita chiusa. Il governo lo sappia», ha detto il segretario generale della Cgil, «quella è una partita che va riaperta e bisogna trovare delle soluzioni». Il monito all'esecutivo, dopo gli scioperi già indetti a dicembre, è chiaro. «Non vorremmo scoprire che l'unica riforma che si farà in Italia è quella delle pensioni», ha detto il leader della Uil, Angeletti. Anche lui ha chiesto più garanzie per il mondo del lavoro «quello che rema in questo Paese. Noi, i lavoratori siamo quelli che remano, gli altri sono passeggeri e spesso non pagano nemmeno il biglietto».
Non sono bastae quindi le parole rassicuranti del presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano, ma neppure quelle speranzose di Renato Schifani, presidente del Senato.
MEGLIO LA RIFORMA FISCALE. La vera riforma strutturale che andrebbe fatta in questo Paese, secondo i tre leader «dovrebbe sostenere la crescita, di cui non vi è traccia nella manovra del governo». Invece i sindacati chiedono «la riforma fiscale».
«Noi» affermano all'unisono Camusso, Bonanni, Angeletti e Giovanni Centrella «abbiamo bisogno di diminuire le tasse sul lavoro», perché è «l'unico incentivo a far diventare il lavoro conveniente. Questa è la vera sfida del governo se davvero vuole migliorare il nostro paese».
IL CUNEO FISCALE. «C'è una strada che il governo può prendere» ha aggiunto la Camusso «intervenire sul cuneo fiscale, cioé tornare a discutere delle grandi ricchezze e della patrimoniale, per abbassare il peso fiscale sui pensionati. Se non si salvano le condizioni dei lavoratori e dei pensionati, non si salva il paese».
«I mercati non credono a un paese che impoverisce i lavoratori e tassa i poveri» ha commentato il leader della Cisl Bonanni. Il fulcro delle ripresa «è la riforma fiscale» perché questa manovra a base di «tasse al 60% non è né equa né rigorosa e crea premesse per una ulteriore recessione».
Poi ha spiegato la reazione degli investitori al varo della manovra: «Lo spread aumenta perché nessuno crede che questi provvedimenti faranno crescere il paese. Adesso aprire discussione
nuova sostenuta dai partiti».
IL CONFRONTO DEVE PROSEGUIRE. Al governo i sindacati chiedono di di affrontare la fase 2 meglio di come ha agito nella fase 1: «Parlandone con le parti sociali su mercato del lavoro, precarietà, fisco», ha detto il segretario della Cgil.
Per Camusso «nessuna partita è chiusa solo perché c'é stato il voto di fiducia. Se non vogliamo un 2012 pieno di problemi e disoccupazione, il governo si confronti con la realtà del Paese, non con l'oggetto degli studi». Quindi se il governo «pensa di andare diritto lungo la sua strada, troverà ostacoli contro cui andrà a sbattare».



La proposta Landini: "Estendere l'articolo 18"

BARI, 20 DIC – Per il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini, i diritti garantiti dall'articolo 18 vanno ''estesi e non sottratti a qualcuno''. Lo ha detto stasera a Bari parlando con i giornalisti.

''Io credo – ha detto – che il problema vero e' ridurre la precarieta' in questo Paese: ci sono piu' di quattro milioni di persone che hanno rapporti di lavoro precari e che hanno meno diritti. E la strada non e' quella di togliere i diritti a chi ce li ha'', ma ''affrontare una estensione universale di diritti e tutele per tutte le forme di lavoro''. ''In questo senso – ha aggiunto – bisogna anche ricordare cos'e' l'articolo 18'' e sfatare ''questa teoria che non si puo' licenziare in Italia'' che ''e' una sciocchezza''.

L'articolo 18, ha precisato Landini, serve ''ad evitare che ci siano discriminazioni, che qualcuno possa essere licenziato per il pensiero che ha, per le cose che dice. E questo credo che sia utile estenderlo e non toglierlo a qualcuno. In questo senso – ha rilevato – mi auguro si possa aprire una discussione vera. E il fatto di non avere tabu' lo rivolgerei al governo perche' non avere tabu' significa cambiare le leggi che in questi anni hanno reso precaria la vita di tante persone''.

A questo proposito Landini ha spiegato che ''non avere tabu' significa cancellare l'articolo 8 del governo Berlusconi e che permette alla Fiat di fare le nefandezze che sta facendo. In piu' – ha concluso – c'e' un tema che viene prima: come si esce da questa crisi? C'e' bisogno di discutere come e quanto si investe e chi investe sia nel pubblico che nel privato. Perche' l'obiettivo deve tornare a essere la piena occupazione''.
Questo articolo tutela i lavoratori e le lavoratrici da atti di repressione, discriminazione, stalking, libertà di opinione e diritto ad un lavoro dignitoso.
Che cazzo c'entra la crisi finanziaria con i più elementari e inalienabili diritti?
Avete capito che questi padroni, sono padroni?
E stanno facendo la loro lotta di classe, impoverendoci e rendendoci ricattabili.
Avete capito che questi sono i nuovi barbari e che ci vogliono schiavi?

Fornero: «Sull'articolo 18 non ci sono totem
E dico sì al contratto unico»

«Nessuno si illuda che non interverremo. Ai giovani: basta precariato. Non tuteliamo più al 100% gli iperprotetti

ROMA - Adesso che la riforma delle pensioni è passata alla Camera e nessuno dubita che passerà al Senato, si possono tirare le somme con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, economista, torinese, 63 anni, che mai avrebbe pensato, fino alla chiamata nel governo Monti, di essere protagonista della riforma della previdenza più dura nella storia d'Italia.

Elsa ForneroElsa Fornero
Ministro, non ha usato la mano troppo pesante? Non poteva fare una riforma un po' più graduale?
«Noi, col decreto "salva Italia" ci siamo trovati in emergenza. Nei decenni passati erano state fatte riforme tutto sommato buone, ma è come se le avessimo accantonate proprio perché eccessivamente graduali. Questa volta la riforma non poteva che essere forte. La priorità è stata quella di mandare un segnale deciso all'Europa sulla nostra capacità di riequilibrare il sistema secondo equità intergenerazionale».

Lei aveva promesso equità anche sul fronte dei privilegi. Che cosa è riuscita a fare?
«Intanto siamo intervenuti sui regimi speciali (elettrici, telefonici, trasporti, dirigenti d'azienda, ndr), attraverso un contributo di solidarietà. Inoltre, per i lavoratori autonomi, che godevano di pensioni generose in rapporto ai contributi versati, abbiamo previsto un aumento graduale degli stessi fino al 24%. Infine c'è l'inasprimento del contributo di solidarietà sulle pensioni sopra i 200 mila euro, che io avrei voluto più alto del 15%».

E per categorie come i militari e i magistrati?
«Per questi c'è un rinvio, ma solo per approfondire le specificità dei loro ordinamenti. Nessuno si illuda che non interverremo. Stessa cosa per le casse dei professionisti. Lo so che qui dentro c'è buona parte della classe dirigente, ma sicuramente procederemo».

Entro giugno, se non saranno le stesse casse ad autoriformarsi?
«Il termine iniziale era il 31 marzo. E francamente ci sembrava più che sufficiente, visto quello che abbiamo fatto in 20 giorni sul sistema che riguarda tutti gli italiani. Alla fine hanno invece ottenuto tre mesi in più. Ma insomma...»

Teme che facciano ostruzionismo?
«Lo dice lei. Sappiamo che tutti o quasi questi regimi non sono sostenibili nel lungo periodo. Prima o poi non avranno i soldi per pagare le pensioni. Senza interventi, come immagina che finirà?».

Me lo dica lei.
«Come è già successo con l'Inpdai (dirigenti d'azienda, ndr). Che è finita sotto l'ombrello del soccorso pubblico. Vorrei evitare che questa storia si ripetesse».

Alla Camera il governo ha accolto un ordine del giorno che chiede di togliere la penalizzazione (1-2%) per chi ha cominciato a lavorare giovanissimo e va in pensione dopo 42 anni. La correzione finirà nel decreto milleproroghe?
«Posso dire che secondo me un briciolo di penalizzazione deve restare, perché è la logica del contributivo. Se vai in pensione prima di 62 anni ci vuole un minimo di disincentivo, perché non dobbiamo venir meno al principio che la pensione si commisura alla speranza di vita».

Ma con questa crisi, anche occupazionale, ha senso tenere le persone al lavoro, in prospettiva, fino a 70 anni?
«Siamo tutti concentrati sulla contingenza, ma questa è una riforma strutturale. Per funzionare ha bisogno di un sistema in crescita. Non ci possiamo permettere la stagnazione e tantomeno la recessione. Il punto è: il lavoro è ciò che ti dà la pensione. Un buon lavoro ti dà una buona pensione. Il messaggio è: non vi stiamo tagliando la pensione - al netto del blocco della perequazione dovuto all'impegno al pareggio di bilancio nel 2013 - ma vi stiamo chiedendo di lavorare di più, perché questo vi premia».

Lei crede che le imprese terranno le persone fino a 70 anni?
«Qui tocchiamo una anomalia del nostro sistema. La previdenza è stata troppo spesso un ammortizzatore sociale, per cui tutte le riorganizzazioni d'impresa sfociano in prepensionamenti. Accade perché se guardiamo alla curva delle retribuzioni, lo stipendio sale con l'anzianità mentre in altri Paesi cresce con la produttività e quindi fino all'età della maturità professionale ma poi scende nella fase finale, perché il lavoratore anziano è di regola meno produttivo. Da noi non è così e questo fa sì che le aziende risolvano il problema mandando i dipendenti più anziani e costosi in prepensionamento. Anche i lavoratori hanno la loro convenienza con la pensione anticipata. E lo Stato copre questo patto implicito tra aziende e lavoratori anziani a scapito dei giovani. Se vogliamo fare la riforma del ciclo di vita, è proprio per rompere questo patto: non ce lo possiamo più permettere».

Ma come può il governo intervenire sulla dinamica retributiva, materia della contrattazione? Eppoi, gli stipendi sono già bassi...
«La riforma delle pensioni deve accompagnarsi a quella del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e, anche se non è di mia competenza, della formazione. Sono tutti aspetti di un disegno di riforma del ciclo di vita. Certo che la contrattazione è materia tra le parti. Ma noi vogliamo presentare ad esse le nostre analisi e spingerle non a ridurre i salari, ma a riflettere sulla necessità di avvicinarli il più possibile alla produttività».

La trattativa sul mercato del lavoro comincerà entro il 31 dicembre?
«Forse non ce la faremo, perché vorrei presentarmi alle parti con delle analisi approfondite sulle diverse questioni».

Sicuramente, tra queste, c'è quella giovanile, come ci ha ricordato ieri l'Istat: il 40% dei disoccupati ha meno di 30 anni e chi lavora, ha quasi sempre contratti precari.
«Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti. Sono rimasta molto colpita nel sentire i pensionati che si lamentano perché devono mantenere anche i nipoti. Questo è un ciclo perverso. Non è possibile che la pensione di un nonno debba mantenere dei giovani né che questi si adagino su una prospettiva di vita bassa».

Come se ne esce?
«Penso che un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all'inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».

I sindacati non ci stanno a toccare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
«Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: "Non voglio vincere contro mia figlia". Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte».

Monti ha detto che le nuove regole si applicheranno solo ai futuri assunti.
«Certamente penso ci voglia maggiore gradualità nell'introduzione delle nuove regole rispetto a quanto abbiamo fatto sulle pensioni».

Oltre ai giovani, le donne sono molto penalizzate.
«Sono anche ministro delle Pari opportunità, che non considero figlie di un dio minore. Sulle donne bisogna invertire la logica delle compensazioni. Non vogliamo queste, ma la parità. Quando sento dire "io lavoro molto e poi devo anche occuparmi di mio marito e della casa" dico che le famiglie condividono ancora troppo poco i lavori di cura».

Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, dice che una manovra come la vostra poteva farla anche suo zio che non sa nulla di economia.
«Lascio a Bonanni il suo giudizio. Vorrei invitarlo a discutere delle cose che stanno in questa manovra e penso di avere la presunzione di poterlo convincere che l'equità c'è, magari non quanto lui vuole, e il rigore c'è, e non ne potevamo fare a meno, pena la messa a rischio dei risparmi degli italiani e il non pagamento delle tredicesime».

Ha avuto tempo di occuparsi anche della sicurezza del lavoro? In Italia ci sono ancora troppe morti bianche.
«Non ci può essere tolleranza soprattutto in una fase di crisi dove magari qualcuno può pensare che è meglio un lavoro anche non sicuro che niente. Agli ispettori del ministero ho detto che devono andare nelle imprese come amici e collaboratori ma anche con intransigenza piena».

Le sue lacrime sulla perequazione delle pensioni hanno fatto discutere.
«È stata una commozione dovuta alla tensione. Può sembrare che io sia una donna dura, ma non è così. È successo che quando dovevo dire la parola sacrifici mi si è soffocata in gola, anche perché in quel momento ho pensato ai miei genitori, che di sacrifici ne hanno fatto molti».
Sulle linee programmatiche del Governo Monti, "la Fiom giudica non accettabili interventi sulle pensioni per fare cassa e cancellare quelle di anzianità ed interventi sul mercato del lavoro che mettano in discussione l'art. 18 e che non riducano la precarietà. La Fiom giudica necessario istituire una vera patrimoniale, combattere seriamente l'evasione fiscale e la corruzione, estendere gli ammortizzatori sociali in alternativa ai licenziamenti e alle chiusure di stabilimenti, cancellare l'art. 8 e indicare un reale cambiamento che intervenga sulle ragioni che hanno prodotto la crisi" (Maurizio Landini, segretario generale Fiom)

CERCA DI CAPIRE UNA VOLTA PER TUTTE SVEGLIATI (DA VEDERE 1 VOLTA AL GI...

Minzolini va a cagare. Come mai appena è andato giù il tuo padrone ti hanno dato un calcio in culo ? Rispondi.
La rivoluzione non si prepara: ESPLODE
Caro Doni, vorrei essere il macchinista di quel treno che dici che sembra averti investito, te e il tuo amico Gervasoni e tutti gli altri sporchi come te.
“Solo quando l'ultimo fiume sarà prosciugato, quando l'ultimo albero sarà abbattuto,
quando l'ultimo animale sarà ucciso, solo allora capirete che il denaro non si mangia."
Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed educarli?
Questo non è un uomo libero. Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è libertà.
La libertà senza giustizia sociale è una conquista vana.

( Sandro Pertini )

Il Natale amaro di chi perde il lavoro

Per più di 150mila italiani il nuovo anno si apre con il rischio concreto di essere licenziati

John Lennon - Happy Xmas (War Is Over)

Oh Grande Spirito,
concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare,
e la Saggezza di capirne la differenza.

venerdì 23 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

PREGHIERA INDIANA HO BISOGNO DI TE

Apache " Mountain Spirit Dance " - Native Indian music

15-12-2011 - Buonanno - "CGIL Comunisti! Ci vuole il lanciafiamme!"



Versati una tanica di benzina addosso che a me basta un fiammifero, altro che lanciafiamme

Marco Travaglio: a "lezione di economia padana" (Servizio Pubblico 7 - 1...

IL VIDEO SHOCK SULLA CHIESA CATTOLICA guardalo ora, prima che venga cens...


" Sono sicuro che tornerai a prendermi, forse per la troppa fretta sei partito in macchina senza aspettarmi oppure mi hai messo qui solo per farmi sgranchire un pò le zampe, perché il viaggio sarà lungo, non puoi esserti dimenticato di me, sono certo che tra qualche ora sarai qui, mi siedo sul bordo della strada.. le macchine che passano veloci mi spaventano, ma cerco di pensare a te e a quei momenti gioiosi, non ti ho fatto nulla ed è impossibile che sei arrabbiato con me.. non puoi essere così cattivo, sò che tornerai, ti sono stato sempre fedele, spero che tornerai "

Buon Natale a tutti voi

lunedì 12 dicembre 2011

martedì 6 dicembre 2011

A dare il benvenuto ai 15mila delegati e delegate della CGIL nel giorno dell'assemblea nazionale straordinaria è Paolo Serventi Longhi, direttore di “Rassegna sindacale”. Sul palco allestito al Palalottomatica si è tenuto oggi un importante confronto con al centro il tema del 'Lavoro: unica cura per il Paese'. E' questo infatti lo slogan scelto dalla Confederazione per l'Assemblea. “Il lavoro che c'è, quello che non c'è, il lavoro dei precari, ma anche delle donne e dei migranti. Parleremo - ha detto Serventi Longhi - dei contratti, delle tante vertenze che ancora non hanno una soluzione".

Sul palco si sono succedute le testimonianze di 13 lavoratori, 13 facce della crisi che hanno raccontato il lavoro oggi in Italia. Dopo la relazione introduttiva del Segretario Confederale della CGIL Fulvio Fammoni, a prendere la parola dal palco del Palalottomatica è Simona Petracca delegata della FILLEA CGIL alla Jafab, un'azienda in crisi "per mafia". Simona ha aperto il suo intervento raccontando la lunga agonia che l'azienda e i lavoratori hanno affrontato, a partire dal cambio di proprietà, i licenziamenti, la Cassa integrazione ordinaria e poi straordinaria. “La FILLEA - ha affermato la delegata - ci accompagna in questo periodo buio e ci permette di svolgere al meglio la funzione di delegati”, in questo modo, ha spiegato “possiamo tentare di lottare per i lavoratori”. Nel concludere Simona ha avvertito: “a noi impiegati superflui resta il riciclo, ma non siamo, disposti pur di lavorare, a rinunciare ai contratti che regolano i diritti dei lavoratori”.

“La situazione è difficile per tutti anche per chi lavora in banca. Unicredit ha più di 5mila esuberi”. A raccontarlo è Andrea Bonansea delegato della FISAC CGIL, che ha spiegato come si stia battendo con la categoria per tutelare le lavoratrici ed i lavoratori, e far sì che la crisi economica che si sta riversando anche sulle banche, non danneggi ancora di più i dipendenti. Tante le difficoltà in questa fase e se è indiscutibile che il sistema bancario ha contribuito ad aumentare la crisi, anche con investimenti sbagliati, finanziamenti inadeguati e scelte errate, il rischio è, ha sottolineato Andrea, “che la necessità di ridurre le spese e tagliare i costi si riversi solo sul personale”. "È necessario ridurre, ma anche investire" ha affermato il delegato "tagliare i costi alle consulenze milionarie, ma anche assumere per dare un contributo alla diminuzione della disoccupazione e aumentare la stabilizzazione dei giovani”.

La storia di Martina Bedin delegata FP CGIL presso la Cooperativa sociale 'Codess' a Padova, è quella dei tanti operatori socio-sanitari nel settore dell'assistenza agli anziani, che vivono i tagli al settore pubblico sulle loro spalle. “Il mio lavoro mi piace, è un lavoro faticoso, ma ha una retribuzione bassa” ha lamentato la delegata. “Io dovrei prendermi cura delle persone. Ma ho anche paura di perdere il lavoro. Ho bisogno del mio lavoro per vivere”, ha raccontato Martina. La delegata della FP CGIL ha continuato, spiegando come “a causa dei tagli ai servizi pubblici effettuati dalla manovra, ci vengono ridotte le ore di lavoro, arriviamo a 12, 15 ore di lavoro a settimana. Riuscirò – ha domandato Martina - a prendere una pensione dignitosa?”. Rivolgendosi al Governo Monti la sindacalista ha detto “vorrei dire che quelli come noi sono in ristrettezze economiche, con limitate possibilità di poter investire nella propria istruzione e in quella dei propri figli. È ora – ha concluso - che chi non ha mai pagato cominci a pagare”.

Non è mancata dal palco del Palalottomatica a Roma la testimonianza del mondo dei precari. “Estendiamo i diritti, non la precarietà”. E' questo il grido di Valentina Messana, giovane 'NON+ disposta a tutto' e praticante in uno studio legale a Pisa, che, prendendo la parola ha evidenziato come 'giovani e precari' sia diventato, purtroppo, un "binomio inscindibile". "Siamo una generazione tradita nelle aspettative e nei nostri sogni" nonostante, ha affermato Valentina "abbiamo una formazione scolastica e universitaria molto più elevata rispetto alle generazioni precedenti". Tuttavia, ha insistito Valentina, "non ci rassegniamo a rimanere una generazione sconfitta, per questo abbiamo intrapreso, con la campagna 'Giovani Non+ disposti a tutto', un lungo percorso contro la precarietà. Dobbiamo porre fine ai ricatti, basta ai finti stage e tirocini e basta con le finte partite IVA. Dobbiamo - ha concluso Valentina Messana - estendere i diritti a tutti i lavoratori e le lavoratrici".


A rappresentare il mondo dell'industria e dei lavoratori metalmeccanici è Pino Viola delegato FIOM CGIL, da 30 anni alle officine Grugliasco (ex carrozzeria Bertone). Pino ha raccontato la grave crisi che negli ultimi sei anni ha investito l'azienda in cui lavora e ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa della FIOM CGIL che “ha permesso il passaggio dall'amministrazione straordinaria alla FIAT, azienda che però si è dimostrata incapace di mantenere un confronto con le RSU”. Nel denunciare l'attacco “furibondo e ossessivo” ai lavoratori che la FIAT sta portando avanti, Pino Viola ha affermato: “la verità è che per la produzione in Italia non ci sono prospettive”. Per questo la CGIL che “da sempre guarda al bene comune del Paese”, ha concluso il delegato della ex Bertone “deve fare la sua parte nel difendere e tutelare tutti i lavoratori. Bisogna fare proposte, serve una produzione industriale in Italia”.

"Sono una stabilizzata miracolata" si definisce cosi Francesca Assennato delegata FLC CGIL, "che lavora presso l'Istituto superiore di Protezione Ambientale. Consapevole delle difficoltà di questa generazione, ringrazio la CGIL perché ha contribuito a far si che si parli di precarietà, tema fino a qualche anno fa rimasto in sordina”. In questi anni di tagli la politica ha cercato di ammazzare il settore pubblico, “non vogliamo più vedere questo scempio, ed oggi sarebbe folle non investire nell'istruzione e nella ricerca: una nuova istruzione libera e laica in spazi sicuri è indispensabile”. Francesca ha voluto richiamare l'attenzione sugli ultimi disastri ambientali che hanno colpito l'Italia da nord a sud che sono il risultato di politiche miopi e superficiali. Gli enti di ricerca sono continuamente messi in discussione, strangolati dai tagli, e ormai non più in condizione di svolgere con attenzione le proprie attività. "Non siamo messi in condizione di poter lavorare bene – he denunciato la delegata FLC CGIL-. Sappiamo bene che prevenire costa meno che intervenire dopo”. Ma, tutto ciò, secondo Francesca “vorrebbe dire cambiare le priorità della politica, destinare soldi alla gestione di un fiume calmo e non ad un centro commerciale. Sono scelte che – ha concluso Francesca - difficilmente vengono utilizzate in campagna elettorale, ma bisognerebbe assumersi la responsabilità di proporle”.

C'è anche chi il lavoro l'ha perso, all'assemblea dei delegati e delle delegate della CGIL. Pasquale Casarano del NidiL CGIL era un lavoratore in somministrazione presso l'INPS di Napoli. Come tanti, ha vissuto i tagli al personale della pubblica amministrazione, voluti dal governo precedente, che hanno colpito prima di tutto i lavoratori precari. “Noi lavoratori precari presso l'INPS rappresentavamo il 6% della forza lavoro dell'Istituto. Con i nostri licenziamenti, non solo si è capito che il governo precedente non aveva rispetto per il lavoro, ma si è causato anche un pesante disagio per l'utenza, a cui noi fornivamo servizi importanti, come la Cassa integrazione, la disoccupazione, l'invalidità civile”, ha continuato Pasquale. Al Governo il NidiL CGIL chiede di elaborare una “riforma strutturale del mercato del lavoro, perché la crisi non può essere un alibi per completare la macelleria sociale. Vogliamo – ha concluso - che vengano date risposte ai tanti problemi del lavoro, non che si continui per la strada della disoccupazione e della marginalità, che non fa altro che creare nuovi schiavi”.

“So di essere un lavoratore 'privilegiato' rispetto alle tante persone che oggi sono qui e che hanno un'occupazione precaria, perchè ho un lavoro stabile". Ha esordito così Enzo Collorà, delegato SILP CGIL nella squadra mobile di Palermo, che ha aggiunto "purtroppo i pesanti tagli a tutto il comparto sicurezza stanno rendendo il nostro lavoro sempre più difficile". Per il futuro dell'Italia, secondo Collarà, è importante investire nella sicurezza, soprattutto in un Pase come il nostro in cui è forte la corruzione, l'illegalità e l'economia mafiosa. Con i pesanti tagli, Collarà ha sottolineato come si sia generata “più insicurezza: meno controlli e interventi meno tempestivi”. Inoltre, ha avvertito il delegato CGIL "con i tagli alle intercettazioni le indagini alla corruzioni e alla malavita organizzata non andranno da nessuna parte. "Per questo - ha concluso Enzo Collarà - da cittadino, da poliziotto e da orgoglioso delegato del SILP CGIL faccio appello al nuovo governo: si torni ad investire nella sicurezza e ci fornisca degli strumenti adatti per operare".

“Parlare di trasporti significa tenere gli occhi fissi sul contesto nazionale e internazionale”, così Sara Tripodi delegata FILT CGIL Milano, lavoratrice del trasporto ferroviario ha introdotto il suo intervento. Sara ha illustrato la difficile situazione in cui versa il sistema dei trasporti e quello ferroviario nel nostro paese. “La drastica riduzione delle risorse – ha spiegato Sara - ha comportato: aumento delle tariffe, tagli alle corse e ripercussioni economiche e ambientali”. Per quanto riguarda il rinnovo del contratto della mobilità la delegata ha ricordato il prossimo sciopero del 15 e 16 dicembre perchè, ha affermato la delegata FILT CGIL “siamo stanchi di una trattativa che da 4 anni non ha avuto alcun esito”. Il governo, ha insistito la sindacalista “è parte chiamata in causa. Il contratto deve permettere l'assunzione di migliaia di lavoratori, abbiamo bisogno di regole comuni”. Nel concludere Sara Tripodi ha avvertito “non abbiamo paura di un contratto che parli di qualità ed efficienze perchè sappiamo l'importanza della mobilità per il paese”.

A volte, le difficoltà della crisi economica nascondono altre esigenze. È il caso di Sanafi, azienda farmaceutica con diverse sedi in Italia, dove lavora Jide Bominbade ricercatore e delegato FILCTEM CGIL a Milano. “Secondo il nuovo piano industriale presentato ci sarà il 15% del tagli del personale, più di 600 esuberi” ha avvertito Jide. Secondo il delegato FILCTEM non si tratta di un'azienda in crisi, ma di nuove esigenze di mercato. “I lavoratori – ha concluso Jide - non ci stanno e sono in stato di agitazione, vogliono portare alle luce, la verità”.

“Noi siamo la categoria dei lavoratori invisibili, siamo i lavoratori dei call center” così si definisce Michela Miceli, ex lavoratrice Teleperformance di Taranto ed RSU della SLC CGIL. “Abbiamo creduto nella nostra azienda, nel nostro lavoro, è stato facile affezionarsi all'azienda. Ci avevano fatto un contratto a tempo indeterminato, che voleva dire poter avere un futuro per noi e per i nostri figli” ha raccontato Michela. Anche lei è la testimonianza di una storia di licenziamenti di massa, “abbiamo fatto tanti sacrifici per la nostra azienda, poi sono cominciati gli esuberi per più di 2 mila lavoratori”. Non è stata la crisi a causare i licenziamenti, ma il trasferimento della sede nei Paesi con manodopera a più basso costo. “L'unica cosa che chiediamo – ha concluso Michela - è di lavorare dignitosamente, perché la nostra dignità non ce la toglieranno mai”.

“Il settore della vigilanza privata vuole fare la sua parte per aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi, ma dobbiamo essere considerati parte importante di questo Paese, non più una riserva indiana”. Ha dichiarato, nel corso del suo intervento, Andrea Negri, RSA FILCAMS nel settore della vigilanza privata. Un'occupazione, secondo il delegato, spesso trascurata dall'opinione pubblica. Rivolgendosi al Premier Monti, che domani annuncerà la manovra alle parti sociali, Negri ha ribadito l'importanza di “rigore, crescita ed equità”, ma ha precisato “noi accettiamo maggiore rigore, ma si deve coniugare con l'equità per far ripartire la locomotiva della nostra economia, i sacrifici richiesti devono guardare anche verso la crescita”.

Infine, a testimoniare la lotta della CGIL contro il caporalato è Ivan Jean Pierre Sagnet delegato FLAI CGIL. Ivan è uno studente universitario al Politecnico di Torino che d'estate, per pagare le tasse universitarie, raccoglie pomodori sotto caporale in Puglia a Nardò. Ivan è uno di coloro che questa estate ha organizzato il primo sciopero di lavoratori migranti agricoli nei campi pugliesi. Il delegato della FLAI CGIL ha raccontato la sua esperienza nei campi di raccolta di pomodori e angurie in Puglia, dove centinaia di immigrati vivono in condizioni di vita “disumane”, ridotti allo stato di “schiavitù” dai caporali. “Non è stato facile – ha spiegato Ivan - organizzare lo sciopero, ma grazie alla FLAI CGIL siamo riusciti a realizzare qualcosa di straordinario questa estate”. Ivan ha poi elencato alcune vittorie ottenute grazie alla FLAI CGIL: una legge contro il reato penale del caporalato e un provvedimento regionale sulle liste di prenotazione per l'impiego “che permettono un rapporto diretto con l'azienda”, perchè ha affermato il delegato “le aziende devono capire che hanno responsabilità e la loro forza sono i lavoratori”.

Queste sono solo 13 testimonianze di lavoratori vittime di crisi aziendali, di politiche del lavoro sbagliate, di un sistema che ha incentivato sempre più il precariato e il lavoro nero. Ma sono milioni i lavoratori con la loro storia da raccontare e che insieme alla CGIL vogliono dire che 'Il lavoro è l'unica cura per il Paese'.

domenica 4 dicembre 2011

In uno dei suoi ultimi sgangherati interventi contro la Fiom, sempre più uguali a quelli di Berlusconi contro i comunisti, Sergio Marchionne ha anche esaltato le scelte che prepara il governo Monti. Dal suo punto di vista ha perfettamente ragione. L’impostazione economica del governo, almeno secondo tutto quello che appare dalle indiscrezioni che lo stesso governo volutamente fa uscire, corrisponde nella società italiana a quello che Marchionne fa in Fiat. Vediamo qualche dato. E’ uscito su Il Sole-24 Ore un articolo che paragona la condizione degli operai dello stabilimento Volkswagen di Wolsfburg con quella degli operai Fiat di Pomigliano, dopo l’accordo che l’azienda vuole estendere a tutti i lavoratori del Gruppo. Un operaio tedesco guadagna 2.100 euro al mese contro i 1.200 di quello Fiat. L’orario di lavoro settimanale massimo è di 35 ore, quello successivo è pagato straordinario e deve essere concordato, non comandato dall’azienda. L’orario effettivo della prestazione è di 420 minuti al giorno per l’operaio Fiat mentre è di 392 minuti per quello Volkswagen. Oltre questo ci sono migliori regolamenti sulla malattia, sui diritti e naturalmente la piena libertà di eleggere il proprio consiglio di fabbrica, tutto a vantaggio degli operai tedeschi. Ciò nonostante l’amministratore delegato della Fiat sostiene che in Italia non si può produrre perché non siamo competitivi e abolisce le libertà sindacali. Il governo Monti si trova di fronte a una situazione sociale del paese che paragonata con quella dei paesi del Nord Europa è simile al confronto fra Fiat e Volkswagen. Nel nostro paese la ricchezza è concentrata nel 10% della popolazione, che detiene la metà del patrimonio globale degli italiani. Mancano indennità di disoccupazione, la scuola pubblica è a catafascio, i servizi ferroviari regionali secondo l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato si fermeranno a febbraio. Tutti i servizi sociali sono in crisi o sotto finanziati, mentre i pochi soldi rimasti si investono nelle grandi opere invece che nella salvaguardia del suolo, del territorio, del patrimonio culturale e dei beni comuni. I salari sono tra i più bassi dell’Ocse e oggi calano pesantemente rispetto all’inflazione, mentre la stragrande maggioranza dei pensionati vive con meno di 800 euro al mese. Anche le pensioni di anzianità, scandaloso privilegio secondo alcuni, non ci mettono in condizioni migliori del resto dell’Europa. L’età effettiva del pensionamento in Italia è uguale a quella della Germania e superiore a quella della Francia. Siamo in recessione mentre c’è la disoccupazione giovanile e femminile tra le più alte del continente e mentre intere aree del Mezzogiorno precipitano nel disastro sociale. Su tutto questo trionfano l’evasione fiscale e la corruzione. Insomma in poche cose siamo come gli altri paesi, ma in quasi tutti gli aspetti della vita civile e sociale, stiamo peggio del resto dell’Europa. Ciononostante, per il governo Monti come per Marchionne bisogna fare ancora sacrifici. Milioni di famiglie italiane rischiano il default della propria vita per la caduta dei redditi, ma tutto deve essere sacrificato sull’altare del debito. Così si annunciano misure contro le pensioni che avranno un effetto devastante sia sui redditi dei pensionati, sia sull’occupazione, sia sulle condizioni di lavoro. Si impone l’Ici sulla prima casa e si aumenta l’Iva con effetti terribili sui redditi più bassi. Si annuncia l’attacco all’articolo 18 che comincia dai giovani, ma si estenderà a tutti, così come ha fatto Marchionne, anche se c’è stato chi ha sostenuto che Pomigliano sarebbe stata un’eccezione. E infine si impone l’assurdità del pareggio di bilancio in Costituzione. Che comporterà costi sociali incalcolabili, visto che gli interessi che si pagano sul debito pubblico sono oggi dai 70 ai 100 miliardi all’anno e quindi l’obbligo del pareggio significa togliere ogni anno la stessa cifra ai servizi sociali, ai diritti, alla scuola, alla civiltà del nostro paese. Naturalmente ci sono delle differenze tra l’operare di un capo di governo e di un capo d’azienda multinazionale, qualche mediazione linguistica e politica bisogna pure farla. Ma la sostanza del comune sentire che unisce Monti e Marchionne è che entrambi pensano che per curare il malato bisogna somministrargli dosi sempre più forti di quella stessa medicina che lo ha fatto ammalare. Sono entrambi liberisti ultrà che pensano che solo il mercato, la globalizzazione, la selezione sociale che ne deriva, possono salvare il paese o le fabbriche. E invece li affondano. Li affondano perché le misure del governo, oltreché ingiuste sono anche incapaci di affrontare la recessione, anzi l’aggraveranno. E perché l’antisindacalità di Marchionne copre solo lo smantellamento complessivo dell’investimento industriale Fiat in Italia. Stessa è la logica che ispira Monti e Marchionne e stesso è il fastidio che a questo punto provocano quegli ipocriti distinguo che nel palazzo si fanno tra l’uno e l’altro e dall’uno e dall’altro. In Italia c’è oggi un governo imposto dall’Europa delle banche che applica nel paese le regole e le logiche della finanza e delle grandi multinazionali. La discriminante di fondo è tra chi quelle scelte le avversa, per costruire un’alternativa, e chi invece le accetta o sostiene. Tutto il resto sono chiacchiere.

ROMA - In questa Italia, può accadere, che mentre si lavora in nero in un'azienda di confezionamento di frutta e verdura, si venga schiacciati da un muletto, e che il tuo datore di lavoro, non si scomponga più di tanto, e ti regolarizzi, mezz'ora dopo.


Si, avete letto bene, mezz'ora dopo la morte, però si bada bene dal dirlo agli organi di vigilanza.
Anzi, fa sapere, che lui, ti aveva assunto un paio di giorni prima. E' quello che purtroppo è accaduto a Maria Muntean, una povera ragazza romena di soli 22 anni, che lavorava come operaia, in questa ditta di confezionamento frutta e verdura a San Pietro di Cavarzere, in provincia di Venezia, che è morta 20 giorni fa, schiacciata da un muletto. Io voglio sperare, che domani o un tg o un quotidiano nazionale o un agenzia di stampa nazionale o una radio nazionale o una settimanale o una rivista o un programma di attualità, insomma, qualcuno dei media nazionali, lo dica quello che è successo a questa povera operaia di 22 anni, perchè oggi non hanno detto una sola parola in merito. Solo il Gazzettino, quotidiano locale ne ha parlato. Qui siamo andati oltre la vergogna, non riesco a trovare la parola, per descrivere tutto ciò.
Non è possibile che ancora nel 2011 accadano queste cose in Italia. Ma come possiamo definirci un paese civile?

E dopo questo, ci sono anche molti, troppi mezzi d'informazione, che ancora le chiamano "morti bianche" e "tragiche fatalità. Non sono mai tragiche fatalità, ma sono dovute al perchè nei luoghi di lavoro non si rispettano neanche le minime norme di sicurezza sul lavoro. Sono dovute allo sfruttamento dei lavoratori, "in nero", in grigio, con contratti precari, che non possono permettersi di pretendere la sicurezza sul lavoro, come chiedeva loro il Ministero del Lavoro, con lo spot vergogna "Sicurezza sul lavoro, la pretende chi si vuole bene", altrimenti vengono mandati a casa. E' questo che un paese civile dovrebbe combattere. Se quando muore un lavoratore, l'azienda venisse chiusa, e il datore di lavoro spedito il galera, cambierebbe qualcosa, probabilmente aumenterebbe anche quella "cultura della sicurezza sul lavoro", di cui molti politici, sindacalisti parlano, quando accadono queste stragi sul lavoro, ma purtroppo nessuno fa nulla perchè aumenti. Allora si, potremmo definirci davvero un paese civile!

Dopo aver letto vari articoli sulla IPOTETICA manovra che sará presentata domani, al di lá dei numeri, delle percentuali, delle aliquote e di tutta la terminologia tipica dei politici e dei “salvatori della patria”, la legge che sará presentata, in realtá contiene una FILOSOFIA ben chiara. I ricchi, i furbi, i burocrati e superburocrati, le caste civili e militari, i politici, il clero, gli evasori fiscali ed i fuorilegge sono e saranno sempre tutelati. Questa é gente “eletta da Dio” e pertanto deve essere SEMPRE tutelata. Infatti, la manovra da 24 miliradi serve solo per assicurare la continuitá della loro bella ed agiata vita. Fra 3-4 mesi ci chiederanno altri 15-20 miliardi; fra 7-8 mesi ci chiederanno altri 20-30 miliardi...... Di tutte le altre categorie sociali, interessa solo che paghino. Possono pagare in contanti, a rate, con immobili, con titoli, con il lavoro; possono pagare come vogliono. L’importante é che paghino. SEMPRE. Ovviamente, per chi non puó pagare, esistono tubi di gas, ponti da cui lanciarsi, binari sui quali distendersi, corde da cui penzolare, ecc...ecc... Non vedo altra interpretazione da poter dare alla manovra descrittaci dai masmedia. Tuttavia, mi auguro che la manovra che sará presentata dal governo, sia diversa da quella raccontataci dai giornali.

martedì 29 novembre 2011

Luciana Littizzetto contro "le minchiate" di Buonanno (Che tempo che fa ...

La mano della speranza - Hand of hope

Potrebbe essere un falso potrebbe essere vero; ognuno è libero di crederla come meglio piace. A me ha suscitato cmq emozioni.

lunedì 28 novembre 2011


Colui che seppellirà queste vergognose diseguaglianze avrà la nostra fiducia, fino a quel momento rimarremo scettici su tutti

Mentre domenica 27 novembre il Tg5 batteva la concorrenza del Tg1, in Rai si è scoperto che il telegiornale più seguito della giornata è stato il Tg3, con quasi il 18% di share. Tradotto significa che qualcosa è cambiato, perché i telespettatori hanno preferito al prodotto «nazionalpopolare» di RaiUno quello fazioso di RaiTre.
Intanto nella redazione del Tg1 il clima è sempre più teso, con il direttore Augusto Minzolini abbandonato anche da Mauro Mazza, direttore di RaiUno.
A pesare sugli ascolti del telegiornale, oltre alla programmazione della rete che non aiuta il Tg1, anche la scelta di trasformare lo spazio istituzionale in prodotto quasi cabarettistico.
MARINA BERLUSCONI SCARICA MINZOLINI. E mentre Marina Berlusconi non ha fatto mistero di non voler accogliere Minzolini, il direttore del Tg1 attende la decisione del tribunale di Roma sulla possibilità di dare il via al processo.
Sullo sfondo, infine, c'è Comitato di redazione del telegiornale che ha lanciato un ultimatum a Lorenza Lei, perché il direttore generale della Rai possa adottare provvedimenti per rilanciare «quello che vogliamo continui a essere il primo telegiornale italiano».

Lunedì, 28 Novembre 2011

Fiom 28 novembre 2011, clicca per leggere il comunicato

04/11/2011

Accordo tra la Fiat, le rappresentanze sindacali e il governo per lo stabilimento di Termini Imerese. Dopo la conclusione dell'incontro svoltosi al ministero dello Sviluppo economico, Fim, Fiom e Uilm hanno tolto il presidio davanti ai cancelli della fabbrica.

Per chiudere la trattativa, la Fiat ha stanziato circa 21,5 milioni di euro, come costo complessivo diretto a
incentivi, premio di fedeltà, mancato preavviso e tombale. Secondo l'accordo ogni dipendente riceverà un incentivo medio di 460 euro per 48 mensilità.

Con la rimozione del presidio, le bisarche con le ultime vetture prodotte potranno uscire e consegnarle alla rete di vendita. Gli operai avevano effettuato i blocchi come strumento di pressione 1 per arrivare a un'intesa sugli incentivi per l'accompagnamento alla pensione dei lavoratori della Fiat con i requisiti. Al presidio, i lavoratori hanno trascorso due notti. E il sindaco di Termini Imerese, dopo l'accordo, chiede "pari garanzie per l'indotto".

I termini dell'accordo. La cifra prevista di 460 euro si spalmerà quindi su 48 mensilità, oltre a quanto previsto per norma. Questa la sequenza dei pagamenti, in fascia unica operi e impiegati: 4.445 euro nel primo anno, 10.366 nel secondo, 16.287 nel terzo, 22.208 nel quarto. Il tutto senza contare il costo del mancato preavviso, il premio fedeltà e le imposte. La mobilità partirà il primo gennaio 2012 e resterà aperta per due anni.

Reazioni sindacali. "Abbiamo preso atto della proposta del governo, ma resta il fatto che la Fiat si è approfittata della situazione, proponendo un importo per l'incentivo alla mobilità più basso rispetto alle tabelle usualmente applicate", dice il responsabile auto della Fiom, Enzo Masini. "C'è amarezza per il dispetto che Fiat ha voluto fare ad i lavoratori siciliani", conclude.

Il segretario confederale della Cgil Vincenzo Scudiere parla di "intesa apprezzabile e positiva" perché, spiega, "risolve il problema degli incentivi accompagnando alla pensione oltre 600 persone". E aggiunge: "E' stato positivo il lavoro svolto dal ministro Passera e dallo stesso ministero per costruire una soluzione basata sul rispetto degli interessi in campo". C'è ora in programma un incontro con l'imprenditore Di Risio, di Dr Motor: "In previsione del prossimo incontro con Di Risio - dice Scudiere - C'è bisogno che l'acquirente confermi tutte le disponibilità annunciate per avviare la produzione e rilanciare lo stabilimento di Termini Imerese".

Esprime soddisfazione anche il segretario nazionale della Fim Bruno Vitali: "Finalmente abbiamo raggiunto un importante punto di intesa sulla mobilità, che sarà pari al 70% di quanto era stato richiesto, ovvero di quello che tradizionalmente Fiat ha dato ai lavoratori".

Per il segretario nazionale della Uilm Eros Panicali, l'accordo è frutto "di una mediazione positiva". "E' stato finalmente risolto il nodo degli incentivi" ed è stato fissato un importo "decoroso", afferma sottolineando che "con quest'ultimo tassello possiamo realisticamente contare sulla possibilità di raggiungere l'intesa generale e definitiva al prossimo incontro".

Con l'intesa "sono stati salvaguardati tutti i lavoratori" vicini alla pensione, rimarca il segretario nazionale dell'Ugl metalmeccanici Antonio D'Anolfo, che si dice "soddisfatto" della "somma messa a disposizione da Fiat per gli incentivi".
La Fiat ha deciso di abolire il contratto nazionale in Italia, con una scelta pericolosa che apre una strada molto preoccupante e una partita di assoluto rilievo, non solo dal punto di vista sindacale». Gianni Rinaldini, già segretario generale nazionale della Fiom, attuale coordinatore dell'Area programmatica «La Cgil che vogliamo», prende subito di petto la questione, forte anche dell'esperienza maturata in tanti anni di «battaglie» sindacali che, più di una volta, lo hanno visto protagonista anche a Brescia dove si trova una delle grandi fabbriche di Fiat Industrial, la controllata del Lingotto leader nel settore dei veicoli commerciali e industriali. Uno stabilimento al centro, come del resto l'industria bresciana e le sue prospettive, del dibattito pubblico, organizzato dai circoli dell'Iveco e della città di Sinistra-Ecologia-Libertà nella sede della Camera del lavoro.
CON LA DISDETTA degli accordi sindacali ufficializzata questa settimana, la «Fiat dice apertamente che l'intesa di Pomigliano è un contratto di primo livello a tutti gli effetti - sottolinea Gianni Rinaldini -: sostituisce quello nazionale e punta a estenderlo in tutte le fabbriche del gruppo. Questo è un fatto clamoroso, assolutamente da non sottovalutare: apre una strada che potrebbe essere imboccata anche da altre realtà. Per quanto ci riguarda - aggiunge - faremo di tutto per evitare che questo possa succedere». Rinaldini boccia apertamente la strategia di Sergio Marchionne, «che sta trasferendo in Italia il modello sociale americano, un Paese che ha funzionato da detonatore nell'esplosione di una crisi senza precedenti con la quale ora tutti devono fare i conti». Sottolinea la scelta «assolutamente fuori luogo» dell'azienda «che punta a escludere un sindacato, come la Fiom, da realtà importanti come l'Iveco di Brescia». E sottolinea l'importanza, «considerato quanto sta succedendo, assolutamente clamoroso e senza precedenti, che tutte le forze politiche prendano posizione in modo chiaro e netto

sabato 26 novembre 2011

La Storia dell'Acqua in Bottiglia

Mamma,
sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosi ho bevuto una Sprite. Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa e finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia machina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... Qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "Il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra così lontana... Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando,con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: "Questa ragazza non ce la farà". Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocita. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perchè le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel
ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva... La mia respirazione si fa sempre piu debole e incomincio ad avere veramente paura... Questi sono i miei ultimi momenti,e mi sento così disperata...Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo... Ti voglio bene e.... addio.

Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva...scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Se questo messaggio è arrivato fino a te e lo cancelli... Potresti perdere l'opportunita, anche se non bevi, di far capire a molte persone che la tua stessa vita è in pericolo. Questo piccolo gesto può fare la differenza.

venerdì 25 novembre 2011

Con i tre milioni di euro risparmiati ogni anno non si risolveranno certo i problemi economici del nostro paese, ma è un segnale minimo di riscatto dei cittadini contro la casta: il collegio dei questori della Camera presieduto da Francesco Colucci (deputato nella VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIV, XV, XVI legislatura, cioè praticamente non si è mai mosso da Montecitorio negli ultimi 40 anni, navigando tra prima, seconda e terza repubblica) ha finalmente deliberato la fine dello sperpero del ristorante della Camera, con i suoi prezzi superscontati e i camerieri in livrea.
Dopo le innumerevoli denunce sui costi supereconomici dei ristoranti della Camera, del ristorante del circolo ricreativo Montecitorio riservato ai deputati, qualcosa finalmente si muove.
Dal 1 gennaio 2012 il ristorante si trasforma in self-service, come una normale mensa aziendale, con l'obiettivo di pareggiare i conti tra incassi e spese, in modo da non dover pagare noi cittadini anche una parte del conto del pranzo e delle cene dei deputati.

Probabilmente i questori vogliono evitare la sovrapposizione che invece si è creata al Senato dove è ormai particolarmente diffuso l' imboscamento dei senatori nella mensa aziendale dei dipendenti, per aggirare gli aumenti fissati da quest'anno.

Succederà davvero? Non ci resta che aspettare il 1 gennaio per scoprirlo.

lunedì 21 novembre 2011

Berlusconi si è dimesso, il governo Monti ha preso il suo posto, ma il dopo-Berlusconi non è ancora cominciato. E non sembra neppure vicino. Infatti, lo strapotere di cui ha goduto Berlusconi, incompatibile con i principi elementari di ogni democrazia liberale, e ovviamente in conflitto con la Costituzione italiana nata dalla Resistenza antifascista, consisteva solo in parte nel suo controllo del governo. Il suo “nocciolo duro” risiedeva (e risiede) nel dominio monopolistico (e sempre più orwelliano) del sistema televisivo, nella rete di leggi “ad personam” che gli hanno garantito l’impunità giudiziaria (malgrado in tribunale sia stato riconosciuto colpevole dei fatti addebitati almeno una decina di volte), nell’intreccio di poteri eversivi, criminali, deviati (pezzi di servizi segreti, magistrati corrotti, manager di grandi gruppi parastatali con giganteschi interessi nel petrolio e negli armamenti, ambienti mafiosi, despoti di paesi stranieri...) con cui ha sempre più impastato il proprio potere patrimoniale e politico, realizzando un vero e proprio Stato parallelo privato.

Solo quando questa piovra di illegalità (di cui le decine di leggi “ad personam” costituiscono lo scudo “legale”) sarà stata radicalmente smantellata, potremo dire che il dopo-Berlusconi è cominciato davvero, cioè irreversibilmente. Fino ad allora Berlusconi resterà nella vita politica italiana molto più che come “convitato di pietra”: stagnerà come cancro di poteri antidemocratici, capace in qualsiasi momento di metastatizzare, piombando di nuovo l’Italia nel baratro.

Non è certo un caso se l’unico ministero su cui Berlusconi è riuscito a imporsi a Monti e Napolitano è quello della Giustizia: circolava con insistenza il nome di un magistrato, la dottoressa Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano e docente presso l’Università cattolica (non certo una bolscevica, dunque). Avrebbe riportato quel ministero alla decenza, avrebbe forse convinto i cittadini che la scritta che campeggia in ogni aula giudiziaria, “la legge è eguale per tutti”, non è una beffa. Proprio per questo Berlusconi ha posto il veto. Il nuovo ministro (per la prima volta una donna), Paola Severino, è l’avvocato che ha difeso il gotha della finanza e imprenditoria (e fin qui nulla di male, si dirà), ma anche Giovanni Acampora, una delle protesi berlusconiane nella corruzione di magistrati con cui Berlusconi riuscì a scippare a De Benedetti la proprietà della maggiore azienda editoriale italiana, la Mondadori. Il regista di quello scippo fu l’avvocato Previti, braccio destro di Berlusconi (che lo nominò ministro della Difesa), e il quotidiano iper-berlusconiano “Il Foglio” scrive in prima pagina che proprio a casa Previti Berlusconi ha fatto la conoscenza di Paola Severino. Frequentazioni inquietanti, a dir poco.

La prova che il potere di Berlusconi va molto al di là del suo controllo di governo l’ha fornita una “gaffe” ripetuta praticamente da tutti nei giorni scorsi. Perfino il capo dell’opposizione Bersani, ha parlato dei “diciassette anni di berlusconismo”, eppure in questo lungo periodo il Partito democratico è stato al governo, con Prodi e con D’Alema, per ben sette anni! Ma il potere reale, il potere anomalo e anticostituzionale, in effetti, è sempre rimasto a Berlusconi, in forme crescenti, fino a trasformarsi in vero e proprio regime. Perciò si dovrà vedere se il governo Monti avrà il coraggio di smantellarlo davvero, questo potere, restituendo alle parole legalità e informazione il loro significato. Monti non potrà invocare alibi: Berlusconi infatti è oggi in parlamento nel suo momento di massima debolezza. Se impedisce a Monti di governare si va a nuove elezioni, con uno “spread” tra titoli di Stato italiani e tedeschi che sarebbe da vigilia di “default”, e con la certezza che gli elettori infliggerebbero all’amico di Putin (il nuovo zar di Russia è l’unico governante al mondo che ancora difende Berlusconi) una sconfitta devastante.

Il governo Monti andrà perciò valutato su tre fattori: l’equità (o il classismo) con cui affronterà la crisi economico-finanziaria, il ripristino della legalità e la de-totalitarizzazione del sistema televisivo.

La questione della legalità è del resto decisiva anche per l’emergenza finanziaria del debito pubblico. Poche settimane fa i governi (di destra!) tedesco ed inglese hanno realizzato con la Svizzera un accordo sui capitali fuggiti dai rispettivi paesi verso le banche dei quattro cantoni. Il meccanismo è congegnato in modo da impedire a questi ricchi “occulti” di nascondersi in nuovi e più inaccessibili paradisi (grosso modo: se lo fanno, le banche riveleranno i loro nomi, e la magistratura tedesca e inglese li perseguiranno penalmente). Le banche faranno pagare a questi clienti una tassa che si aggira sul 30% e che verrà girata ai governi di Merkel e Cameron. Che intascheranno rispettivamente 35 e 10 miliardi di euro. Gli stessi banchieri svizzeri hanno calcolato che con identico accordo l’Italia ricaverebbe 30 miliardi. Ma Monti non ha fatto cenno a questa ovvia misura di equità, e neppure ad analoga tassa da pretendere dai capitali ritornati in Italia grazie allo “scudo fiscale” che li tassò solo al 5%. Eppure si tratta di privilegi “di classe” particolarmente odiosi, indifendibili, oltre che di indecenti violazioni della legalità fiscale. Coinvolgono al massimo duecentomila persone, una esigua minoranza: se non vengono colpiti, le parole “legalità” ed “equità”, pronunciate da Monti, resteranno mera retorica.

Un aspetto nel quale la continuità tra Monti e Berlusconi è praticamente certa è purtroppo quello della laicità. Cioè del disprezzo per la laicità dello Stato, che si manifesta nel peso del Vaticano nella vita pubblica. I ministri nelle grazie della Conferenza episcopale sono moltissimi, a cominciare dal superministro per tutte le attività produttive (telecomunicazioni comprese) Corrado Passera, che il cardinal Bagnasco ha voluto poche settimane fa relatore ad un importantissimo convegno di tutte le associazioni cattoliche. Del resto, il rettore dell’università cattolica, controllata dal Vaticano, professor Ornaghi, doveva addirittura diventare ministro dell’istruzione (un tempo si chiamava “ministero dell’istruzione PUBBLICA”!). E’ stato dirottato al ministero dei beni culturali, perché almeno su questo il Pd ha saputo tener duro. Ma il peso clericale nel governo resta comunque fortissimo (un grande oncologo famoso in tutto il mondo, il prof. Veronesi, era il candidato più accreditato per la sanità, ma è ateo e favorevole all’eutanasia: il veto vaticano è stato immediatamente ascoltato).

Perciò, se Monti si occuperà esclusivamente del debito pubblico, e non anche della moltitudine di cortigiani con cui Berlusconi ha occupato (spesso con veri e propri criminali) tutti i gangli vitali del paese, liberando per prima cosa la tv (e facendo pagare a Mediaset le nuove frequenze che Berlusconi premier stava regalando a Berlusconi imprenditore), non solo il dopo-Berlusconi non comincerà ma verrà preparato il terreno per un “ritorno del caimano” tragico per il Paese. Sembra difficile, tuttavia, che Monti, Passera (e Napolitano, cui si deve questo governo) rinunceranno a fare un po’ di pulizia: ne andrebbe del loro credito internazionale, oltretutto.
TORINO - Fiat Group Automobiles ha disdetto, dal primo gennaio 2012, tutti gli accordi sindacali vigenti e "ogni altro impegno derivante da prassi collettive in atto" in tutti gli stabilimenti automobilistici italiani. Lo si apprende da fonti sindacali. L'azienda si rende disponibile a "promuovere incontri finalizzati a realizzare accordi uguali e migliorativi rispetto a quelli attualmente vigenti". È questo il contenuto della comunicazione inviata dalla direzione generale del Lingotto ai sindacati. La disdetta, secondo l'azienda, è una conseguenza dell'entrata in vigore dell'accordo di primo livello 1che sarà operativo dal 1 gennaio 2012. Accordo che, a questo punto, verrà esteso a tutti gli stabilimenti.

Maurizio Landini, segretario della Fiom annuncia "azioni legali e denunce". "Andremo avanti comunque per difendere gli interessi dei lavoratori", ha aggiunto il responsabile del sindacato metalmeccanici della Cgil.

''La decisione della Fiat evidenzia la necessità di rompere i residui indugi e realizzare al più presto e comunque prima del 31 dicembre il contratto nazionale per i lavoratori dell'auto''. Così il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo ha commentato la disdetta degli accordi sindacali. ''Il rischio - aggiunge - è che in assenza di questo, la più grande azienda italiana proceda ad un regolamento unilaterale che sarebbe la vera fine delle relazioni sindacali nel Paese'', conclude.

La data del primo gennaio 2012 corrisponde anche a quella dell'uscita ufficiale del gruppo Fiat dalla Confindustria. (21 novembre 2011)
“Ma così si aggrava il massacro sociale”

Il nodo di tutto sta nella cosiddetta "contrattazione di prossimità". Tradotto: spostare la contrattazione dal contratto nazionale ai luoghi di lavoro. In sostanza l'articolo 8 voluto dall'ex governo Berlusconi. La Fiom già sul piede di guerra

Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini parla di “forte preoccupazione”, il presidente del Comitato centrale Giorgio Cremaschi sceglie al tempo stesso parole ancor più pesanti definendo le misure “pessime e inique”. Bastano poche note ufficiali giunte nel tardo pomeriggio di ieri per capire fin da subito il tenore del livello di scontro. Mario Monti ha da poco concluso il suo primo discorso in Senato e la sua premessa sull’assenso delle parti, più volte sostenuta anche nei giorni scorsi, sembra già vacillare. “Il massacro sociale è già in atto e così lo si aggrava e basta – afferma Cremaschi – . Bisogna mobilitarsi contro questo programma, altro che patto sociale”. Il senso delle parole è più chiaro che mai: i sindacati sono già su piede di guerra. E non è difficile comprendere il perché.

Il nodo centrale è contenuto in quell’espressione pronunciata dal neo premier nel corso del suo primo intervento: spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro. Tradotto, la famosa, o famigerata a seconda dei punti di vista, contrattazione di prossimità. Quel principio messo nero su bianco dal celebre articolo 8 testo di legge dell’ultima manovra governativa. “Ci viene chiesto dalle autorità europee”, sottolinea Monti, e il suo riferimento è più che evidente. Già in estate , l’ormai leggendaria missiva inviata dall’ora numero uno della Bce Jean-Claude Trichet e dal suo successore Mario Draghi al governo italiano conteneva un chiaro invito alla riforma del mercato del lavoro. Un mercato, quest’ultimo giudicato eccessivamente rigido tanto dalla presenza forti tutele occupazionali (l’articolo 18) quanto dai sistemi di contrattazione collettiva. Esattamente i due aspetti sui quali la Fiom non ha, più che comprensibilmente, intenzione di cedere.

Il casus belli, ovviamente, ha da tempo un nome e cognome: Sergio Marchionne. Maurizio Landini non lo cita direttamente, ma è solo un dettaglio. Perché “l’intenzione della Fiat di estendere a tutto il gruppo il modello Pomigliano”, che Landini definisce “inaccettabile” e di fatto illegale (“in violazione allo Statuto dei lavoratori”) è da sempre il tasto preferito dell’amministratore delegato. All’inizio di ottobre, come noto, la Fiat ha annunciato l’intenzione di abbandonare Confindustria a partire dal 2012. Una scelta, quest’ultima, motivata presumibilmente più dalla perdita di centralità della sede italiana (rispetto agli investimenti programmati in direzione Detroit) che da altro. Ma che, al tempo stesso, ha costituito l’occasione perfetta per un chiaro rilancio sul tema caldo delle relazioni sindacali. In una missiva aperta, nell’occasione, Marchionne parlò più o meno implicitamente di “incertezza delle riforme” lasciando intendere un certo disappunto per il tentennamento di alcuni settori produttivi troppo inclini alla ricerca di un compromesso con le parti sociali.

A preoccupare il sindacato, però, non c’è solo il tema dei contratti nazionali. “È necessario colmare il fossato che si è creato tra le garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine e ai contratti a tempo indeterminato – ha dichiarato Monti – , superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi”. La traduzione è evidente: libertà di licenziamento per ragioni economiche e conseguente ridimensionamento dell’articolo 18.

Certo sul tavolo resta sempre la questione ammortizzatori sociali, sistemi di welfare che, secondo Monti, dovrebbero andare incontro a “una riforma sistematica”. L’obiettivo, ha chiarito, è “garantire a ogni lavoratore che non sarà privo di copertura rispetto ai rischi di perdita temporanea del posto di lavoro”. In sostanza si parla di sussidi di disoccupazioni, una risorsa che oggi manca ai più e che, in teoria, dovrebbe compensare almeno in parte una rinnovata flessibilità contrattuale. Il tutto, ovviamente, a patto che nelle casse dello Stato ci siano i soldi per finanziare i nuovi ammortizzatori. Ma questo, si sa, è un altro problema. Il più importante di tutti, ovviamente.