lunedì 21 novembre 2011

Berlusconi si è dimesso, il governo Monti ha preso il suo posto, ma il dopo-Berlusconi non è ancora cominciato. E non sembra neppure vicino. Infatti, lo strapotere di cui ha goduto Berlusconi, incompatibile con i principi elementari di ogni democrazia liberale, e ovviamente in conflitto con la Costituzione italiana nata dalla Resistenza antifascista, consisteva solo in parte nel suo controllo del governo. Il suo “nocciolo duro” risiedeva (e risiede) nel dominio monopolistico (e sempre più orwelliano) del sistema televisivo, nella rete di leggi “ad personam” che gli hanno garantito l’impunità giudiziaria (malgrado in tribunale sia stato riconosciuto colpevole dei fatti addebitati almeno una decina di volte), nell’intreccio di poteri eversivi, criminali, deviati (pezzi di servizi segreti, magistrati corrotti, manager di grandi gruppi parastatali con giganteschi interessi nel petrolio e negli armamenti, ambienti mafiosi, despoti di paesi stranieri...) con cui ha sempre più impastato il proprio potere patrimoniale e politico, realizzando un vero e proprio Stato parallelo privato.

Solo quando questa piovra di illegalità (di cui le decine di leggi “ad personam” costituiscono lo scudo “legale”) sarà stata radicalmente smantellata, potremo dire che il dopo-Berlusconi è cominciato davvero, cioè irreversibilmente. Fino ad allora Berlusconi resterà nella vita politica italiana molto più che come “convitato di pietra”: stagnerà come cancro di poteri antidemocratici, capace in qualsiasi momento di metastatizzare, piombando di nuovo l’Italia nel baratro.

Non è certo un caso se l’unico ministero su cui Berlusconi è riuscito a imporsi a Monti e Napolitano è quello della Giustizia: circolava con insistenza il nome di un magistrato, la dottoressa Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano e docente presso l’Università cattolica (non certo una bolscevica, dunque). Avrebbe riportato quel ministero alla decenza, avrebbe forse convinto i cittadini che la scritta che campeggia in ogni aula giudiziaria, “la legge è eguale per tutti”, non è una beffa. Proprio per questo Berlusconi ha posto il veto. Il nuovo ministro (per la prima volta una donna), Paola Severino, è l’avvocato che ha difeso il gotha della finanza e imprenditoria (e fin qui nulla di male, si dirà), ma anche Giovanni Acampora, una delle protesi berlusconiane nella corruzione di magistrati con cui Berlusconi riuscì a scippare a De Benedetti la proprietà della maggiore azienda editoriale italiana, la Mondadori. Il regista di quello scippo fu l’avvocato Previti, braccio destro di Berlusconi (che lo nominò ministro della Difesa), e il quotidiano iper-berlusconiano “Il Foglio” scrive in prima pagina che proprio a casa Previti Berlusconi ha fatto la conoscenza di Paola Severino. Frequentazioni inquietanti, a dir poco.

La prova che il potere di Berlusconi va molto al di là del suo controllo di governo l’ha fornita una “gaffe” ripetuta praticamente da tutti nei giorni scorsi. Perfino il capo dell’opposizione Bersani, ha parlato dei “diciassette anni di berlusconismo”, eppure in questo lungo periodo il Partito democratico è stato al governo, con Prodi e con D’Alema, per ben sette anni! Ma il potere reale, il potere anomalo e anticostituzionale, in effetti, è sempre rimasto a Berlusconi, in forme crescenti, fino a trasformarsi in vero e proprio regime. Perciò si dovrà vedere se il governo Monti avrà il coraggio di smantellarlo davvero, questo potere, restituendo alle parole legalità e informazione il loro significato. Monti non potrà invocare alibi: Berlusconi infatti è oggi in parlamento nel suo momento di massima debolezza. Se impedisce a Monti di governare si va a nuove elezioni, con uno “spread” tra titoli di Stato italiani e tedeschi che sarebbe da vigilia di “default”, e con la certezza che gli elettori infliggerebbero all’amico di Putin (il nuovo zar di Russia è l’unico governante al mondo che ancora difende Berlusconi) una sconfitta devastante.

Il governo Monti andrà perciò valutato su tre fattori: l’equità (o il classismo) con cui affronterà la crisi economico-finanziaria, il ripristino della legalità e la de-totalitarizzazione del sistema televisivo.

La questione della legalità è del resto decisiva anche per l’emergenza finanziaria del debito pubblico. Poche settimane fa i governi (di destra!) tedesco ed inglese hanno realizzato con la Svizzera un accordo sui capitali fuggiti dai rispettivi paesi verso le banche dei quattro cantoni. Il meccanismo è congegnato in modo da impedire a questi ricchi “occulti” di nascondersi in nuovi e più inaccessibili paradisi (grosso modo: se lo fanno, le banche riveleranno i loro nomi, e la magistratura tedesca e inglese li perseguiranno penalmente). Le banche faranno pagare a questi clienti una tassa che si aggira sul 30% e che verrà girata ai governi di Merkel e Cameron. Che intascheranno rispettivamente 35 e 10 miliardi di euro. Gli stessi banchieri svizzeri hanno calcolato che con identico accordo l’Italia ricaverebbe 30 miliardi. Ma Monti non ha fatto cenno a questa ovvia misura di equità, e neppure ad analoga tassa da pretendere dai capitali ritornati in Italia grazie allo “scudo fiscale” che li tassò solo al 5%. Eppure si tratta di privilegi “di classe” particolarmente odiosi, indifendibili, oltre che di indecenti violazioni della legalità fiscale. Coinvolgono al massimo duecentomila persone, una esigua minoranza: se non vengono colpiti, le parole “legalità” ed “equità”, pronunciate da Monti, resteranno mera retorica.

Un aspetto nel quale la continuità tra Monti e Berlusconi è praticamente certa è purtroppo quello della laicità. Cioè del disprezzo per la laicità dello Stato, che si manifesta nel peso del Vaticano nella vita pubblica. I ministri nelle grazie della Conferenza episcopale sono moltissimi, a cominciare dal superministro per tutte le attività produttive (telecomunicazioni comprese) Corrado Passera, che il cardinal Bagnasco ha voluto poche settimane fa relatore ad un importantissimo convegno di tutte le associazioni cattoliche. Del resto, il rettore dell’università cattolica, controllata dal Vaticano, professor Ornaghi, doveva addirittura diventare ministro dell’istruzione (un tempo si chiamava “ministero dell’istruzione PUBBLICA”!). E’ stato dirottato al ministero dei beni culturali, perché almeno su questo il Pd ha saputo tener duro. Ma il peso clericale nel governo resta comunque fortissimo (un grande oncologo famoso in tutto il mondo, il prof. Veronesi, era il candidato più accreditato per la sanità, ma è ateo e favorevole all’eutanasia: il veto vaticano è stato immediatamente ascoltato).

Perciò, se Monti si occuperà esclusivamente del debito pubblico, e non anche della moltitudine di cortigiani con cui Berlusconi ha occupato (spesso con veri e propri criminali) tutti i gangli vitali del paese, liberando per prima cosa la tv (e facendo pagare a Mediaset le nuove frequenze che Berlusconi premier stava regalando a Berlusconi imprenditore), non solo il dopo-Berlusconi non comincerà ma verrà preparato il terreno per un “ritorno del caimano” tragico per il Paese. Sembra difficile, tuttavia, che Monti, Passera (e Napolitano, cui si deve questo governo) rinunceranno a fare un po’ di pulizia: ne andrebbe del loro credito internazionale, oltretutto.

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