La Fiat ha deciso di abolire il contratto nazionale in Italia, con una scelta pericolosa che apre una strada molto preoccupante e una partita di assoluto rilievo, non solo dal punto di vista sindacale». Gianni Rinaldini, già segretario generale nazionale della Fiom, attuale coordinatore dell'Area programmatica «La Cgil che vogliamo», prende subito di petto la questione, forte anche dell'esperienza maturata in tanti anni di «battaglie» sindacali che, più di una volta, lo hanno visto protagonista anche a Brescia dove si trova una delle grandi fabbriche di Fiat Industrial, la controllata del Lingotto leader nel settore dei veicoli commerciali e industriali. Uno stabilimento al centro, come del resto l'industria bresciana e le sue prospettive, del dibattito pubblico, organizzato dai circoli dell'Iveco e della città di Sinistra-Ecologia-Libertà nella sede della Camera del lavoro.
CON LA DISDETTA degli accordi sindacali ufficializzata questa settimana, la «Fiat dice apertamente che l'intesa di Pomigliano è un contratto di primo livello a tutti gli effetti - sottolinea Gianni Rinaldini -: sostituisce quello nazionale e punta a estenderlo in tutte le fabbriche del gruppo. Questo è un fatto clamoroso, assolutamente da non sottovalutare: apre una strada che potrebbe essere imboccata anche da altre realtà. Per quanto ci riguarda - aggiunge - faremo di tutto per evitare che questo possa succedere». Rinaldini boccia apertamente la strategia di Sergio Marchionne, «che sta trasferendo in Italia il modello sociale americano, un Paese che ha funzionato da detonatore nell'esplosione di una crisi senza precedenti con la quale ora tutti devono fare i conti». Sottolinea la scelta «assolutamente fuori luogo» dell'azienda «che punta a escludere un sindacato, come la Fiom, da realtà importanti come l'Iveco di Brescia». E sottolinea l'importanza, «considerato quanto sta succedendo, assolutamente clamoroso e senza precedenti, che tutte le forze politiche prendano posizione in modo chiaro e netto
lunedì 28 novembre 2011
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