domenica 29 dicembre 2013


Tieni i piedi per terra e lo sguardo sulle stelle - John Dryden -
State attenti alle vostre parole, perchè esse diventeranno realtà

mercoledì 18 dicembre 2013

Ieri mattina alla radio, a "Prima di tutto". Sondaggio telefonico. COSA FARE PER INCENTIVARE NUOVE ASSUNZIONI ? Risposta di un radioascoltatore: "Mandare a casa tutti quei lavoratori che hanno già acquisito il diritto alla pensione ma che nonostante tutto continuano nella loro attività lavorativa, rubando, e sottolineo rubando, la possibilità di ingresso alle nuove leve o a chi anche se nuovo non è, ha perso il posto di lavoro per svariati motivi"

Cazzo. Chi è questo ? Un ingegnere della NASA ?
"Ho 50, 51 il prossimo febbraio, anni. Chiedo scusa. Chiedo scusa per l'Italia che la nostra generazione ha lasciato a voi ragazzi. Chiedo scusa per non aver saputo portare avanti quel sogno che nel '68 e anni successivi, quando i ragazzi eravamo noi, immaginavamo di portare a termine. Non ci siamo riusciti. Ci hanno usato, imbrogliati, illusi. Hanno preso una Nazione che sapeva fare tutto meglio di tutti. L'hanno cannibalizzata, spolpata; sono riusciti a distruggere tutto quello che i nostri nonni hanno saputo fare con sacrifici. E noi credendo di combattere per un ideale, siamo entrati nel tritacarne di lor signori. Ci hanno fatto vedere un benessere che sarebbe stato solo lo zuccherino per il cavallo. Ma noi dovevamo galoppare. E i lor signori erano a cassetta. E anno dopo anno il loro potere si è moltiplicato. Nessuna responsabilità. Leggi fatte solo per gratificare questo o quello. Ma quanti partiti ci vogliono per far star bene e dignitosamente l'essere umano ? La mia generazione ha colpe. Quella di essersi addormentata, di non aver voluto o saputo vedere lo sfacelo. Di non aver avuto più il senso dello Stato. Di aver pensato "all'io" e non al "noi". Vi chiedo scusa ragazzi per l'Italia che vi abbiamo lasciato. Vi prego solo di non fare lo stesso errore nostro. Adesso avete una enorme possibilità. Usatela. Spazzate via tutti e non fermatevi come abbiamo fatto noi. Riprendetevi l'Italia. Riprendetevi il vostro futuro."
Sono qui; spaventato dal tempo infinito che mi rimane e stupito per la velocita' con cui scorre come sabbia tra le mie dita. Alle spalle un lungo rettilineo e dinanzi l'ansia di un presente senza domani, come un orologio che alla mezzanotte non cambia data
Dopo un tranquillo confronto appena avuto con un amica sulle varie avversita' che la vita ha portato ad entrambi per motivi diversi, sono arrivato ad una considerazione: ringrazio quelle persone che mi hanno fatto e che mi vogliono male. Il loro agire mi rende ogni giorno più' forte.
Sono 126 le Rsu contro la riforma Fornero. Apputamento a Milano il 20 Dicembre:
RSU promotrici del movimento per cambiare la controriforma Fornero sulle pensioni:

1) Gruppo Cgt-Cls 
2) Electrolux (Susegana-Tv) 
3) Sammontana (Empoli - FI)
4) Hera Gas Acqua (BO) 
5) Gruppo Editoriale L'Espresso (RM)
6) l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana G.Treccani (RM) 
7) Wolters Kluver (RM)
 Ilva (Novi Ligure - AL)
9) Marcegaglia ( Casalmaggiore- CR)
10) Glaxo (PR)
11) Chiesi (PR)
12) Coordinamento Nazionale Meccanizzazione Postale
13) Dolomiti Energia Trentino (TN)
14) Albany International Italia (VE)
15) Istituto Comprensivo Baseggio (Marghera - VE)
16) Bondioli & Pavesi (Suzzara - MN)
17) Pangborn (VA)
18) Garavaglia (VA)
19) Spii (VA)
20) Saclà (AT)
21) Euroweld (AT)
22) Marcegaglia (Sesto S. Giovanni - MI)
23) Luxottica (TV)
24) Ronconi (Opera-MI)
25) Feam (Trezzano sul Naviglio-MI)
26) Olimpias Gruppo Benetton (TV)
27) L'operosa Impianti (TV)
28) Rica Gruppo Zoppas (TV)
29) Sirti (Tv)
30) Fiat Iveco (V. Veneto TV)
31) Lagostina Omegna
32) Pratilx Esine (BS)
33) Belleli (MN)
34) Sirti
35) Pubbliservizi (Empoli – FI)
36) Gruppo Aboca S.p.A (AR)
37) Az. Agricola Trasimeno (AR)
38) Tenimenti L. D’Alessandro (AR)
39) Società Agricola Bonifiche (AR)
40) Antinori Cortona (AR)
41) Mpt Plastica (PI)
42) Conceria San Lorenzo (PI)
43) Provincia di Arezzo
44) Farmacie Comunali Empoli (FI)
45) D+F Alimentari (FI)
46) Inpa Firenze
47) Salumificio Viani (Fi)
48) Vibak (FI)
49) Irplast (FI)
50) Cantine Leonardo (FI)
51) Unicoop (Certaldo- Fi)
52) Unicoop (Castelfiorentino -Fi)
53) Unicoop (Montelupo Fiorentino - Fi)
54) Unicoop (Empoli - Fi)
55) Coop (Sovigliana Vinci - Fi)

56) Fomas (Cernusco – LC)
57) Messaggero (RM)
58) Dana Div. Spiser Italcardano (Crescentino – VC)
59) Autorita di Bacino (LU)
60) INPS Lucca
61) Viareggio Patrimoni
62) Provincia Lucca
63) Comune Capannori
64) PRA (LU)
65) Estav Costa
66) Agenzia Entrate Lucca
67) Comune Altopascio (LU)
68) Motorizzazione Cuneo
69) USL 2 Lucca
70) USL 12 Versilia (LU)
71) Motorizzazione Lucca
72) Menci S.p.A (AR)
73) Cerve Parma
74) Conti Editore (S.Lazzaro - BO)
75) Masol di Livorno
76) Wind di Bologna
77) PNPM di Piacenza
78) Poste Italiane Ancona
79) Comitato Esodati Reggio Emilia

80) Iper (Rozzano - MI)
81) Agenzia Regionale della Lombardia Dogane e Monopoli
82) LCS Agnesini (Merate - LC)
83) Royalite Plastics (Cuggiono -MI)
84) Ceramica Serenissima (Rubiera - RE)
85) Telecom Italia Information Technology (BO)
86) Camera di Commercio di Livorno
87) Silca (TV)
88) Trafilerie Industriali (TV)
89) Moduline (TV)
90) Maglificio Gran Sasso (Sant’Egidio alla Vibrata - TE)
91) Polo di Mantenimento Pesante Nord (PC)
92) Campolonghi Italia (Montignoso - MS)
93) Cartiera del Garda (Riva del Garda - TN)
94) Carrefour Gallarate
95) Lynetech Bo
96) Università di Firenze
97) Comune di Firenze
98) Zorzi 2.0
99) Omc (tv)
100) Fac-Michelin ( Tv)
101)Ciet ( AP)
102) Linkra di Concorezzo (Mi)
103) COMERIO ERCOLE
104) RSU FIOM e UILM Agile
105) ASL BERGAMO
106) Linkra di Agrate B.za (Mi)
107) RSA Gruppo Formula Bologna
108) Cantine Riunite & Civ di Campegine (Reggio Emilia)
109) Bea Technologies di Pero (Mi)
110) Caterpillar Hydraulics Italia Jesi (Ancona)
111) Ceratizit Alserio (Co)
112) Coordinamento RSU liste FLC CGIL provincia di Livorno
113) RSA ASIL
114) Adriatica ipercoop "porto grande" s. benedetto del tronto
115) Acqua Panna
116) LTE Lecco
117) RSU Fillea Cgil Campolonghi Unità Produttiva Querceta (LU)
118) Sapa profili stab. Di Bolzano
119) Defranceschi Bronzolo (Bz)
120) Acciaierie Valbruna stab di Bolzano
121) MARAZZI Caronno Pertusella
122) GAIT ( Firenze)
123) Drogheria & Alimentari ( Fi)
124) Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.A. Ronchi dei Legionari -GO
125) 20 RSA Cgil Comune di Milano
126) Solvay Bario e Derivati ( Massa Carrara)
Domani 11 12 13. Sono almeno vent'anni che aspetto domani. Sara' un caso che cade in una data simile ?


«Il sindacato colga la sfida per pensare al futuro del Paese»

Il numero uno della Fiom Maurizio Landini alla Serra «Perché in piazza ci sono i forconi e non il sindacato?»


Ivrea. La vicenda dell’amianto in Olivetti come paradigma che, di lavoro, si poteva e si può morire, e non solo nell’azienda di Ivrea dove la contrattazione sindacale è stata per anni un modello.
È un Maurizio Landini a tutto campo quello che venerdì pomeriggio è intervenuto al convegno promosso dalla Fiom Cgil e dall’Archivio storico Olivetti sui settant’anni di accordi nell’azienda di Ivrea. Landini, segretario nazionale dei metalmeccanici Cgil, non fa sconti a nessuno nell’analizzare la necessità di cambiare modello. Parla per un’ora, al termine di un pomeriggio di interventi che hanno ricostruito, con vecchi dirigenti, sindacalisti e delegati (in sala, anche l’attuale responsabile delle risorse umane della Olivetti di oggi, Salvatore Coi) settant’anni di storia raccontata e ricostruita dalla pazienza dei militanti, che hanno spulciato, riletto, analizzato e scansito decenni di accordi con il risultato di avere di fronte un pezzo di storia che il sindacato vuole usare per riprogrammare il futuro. Già, rilanciare e ripensare.
Landini, si diceva, non ha fatto sconti a nessuno. «Perché in piazza ci sono i forconi e non il sindacato?». Già, il problema di interpretare ed elaborare programmi e progetti. «Il sindacato, nella sua accezione confederale, ha sempre fatto proprie le battaglie per i servizi sociali, la casa», ha detto. E proprio oggi che il disagio è forte «a una maggiore richiesta di sindacato c’è una minore partecipazione, inutile negarlo. Oggi la maggior parte dei lavoratori non è iscritta a nessun sindacato. In questi anni è passata la cultura che ci si può difendere da soli, ma non è così». Non gira intorno alle ipocrisie, il numero uno della Fiom. E arriva a sottolineare come l’accordo del 31 maggio scorso tra Cgil, Cisl e Uil per arrivare (finalmente) a certificare la rappresentanza reale poi, a distanza di sette mesi, non sia ancora mai praticata. Landini dice di non avere timore di pensare a un altro mondo possibile. Questa è la sfida. «Per ricostruire attraverso l’azione - ha sostenuto - è necessario passare attraverso la radicalità dell’analisi». Un’analisi senza sconti. E il segretario non vuole neppure sentir pronunciare la parola crisi. «Questa non è una crisi - ha detto - è un momento di transizione e non si tornerà mai più come prima. La crisi è qualcosa di contingente, si aspetta che passi. Qui siamo di fronte a un cambiamento». Ed è dentro questo cambiamento che Landini dice che bisogna cogliere un’opportunità: «Serve un modello nuovo, sostenibile. Anche alcuni di noi - ha spiegato - in passato hanno creduto ad un certo punto che la crescita si potesse non fermare».
La giornata di venerdì di Landini è stata impegnativa. La mattina a Torino, in visita allo stabilimento Maserati di Grugliasco («dove siamo tornati in fabbrica a fare le assemblee e dove i lavoratori ci raccontano le loro condizioni»), poi a Ivrea, al convegno sulla contrattazione in Olivetti, e dopo cena in diretta su Matrix, con il set per il collegamento allestito nell’atrio del centro culturale La Serra. Sfiora anche i temi del congresso che sta per aprirsi in Cgil, Landini: «Io penso che per garantire più lavoratori sia venuto il momento di un contratto unico per l’industria».

Non credete a tutto ciò che vi dicono, ponetevi sempre domande.

- Capo indiano Lakota Blue Star Eagle.

domenica 17 novembre 2013



La solitudine più devastante non si avverte quando siamo da soli. Ma quando ci troviamo con altre persone.
Persone che ci guardano, ma senza vederci.
Che ci sentono, ma senza ascoltarci.
O peggio, che ci giudicano, ma senza conoscerci.......


"Mai come adesso, però, servono comportamenti di trasparenza e correttezza per costruire un rapporto diretto tra quello che si dice e quello che si fa." (Maurizio Landini)

venerdì 6 settembre 2013

La gente vive una vita di quieta disperazione
Quando c’è una meta, anche il deserto diventa strada.
Quando si sogna da soli è un sogno, quando si sogna in due comincia la realtà (E. Che Guevara)

martedì 13 agosto 2013

domenica 11 agosto 2013

...salgo ancora
nuove scale
e vedo ancora più in la
la luce chiara di domani...
Sogno, qualcosa di buono
che mi illumini il mondo
buono come te…
Che ho bisogno, di qualcosa di vero
che illumini il cielo
proprio come te.
Perché papà, papà perché
il sangue non mi va in vino
Perché papà, papà perché
non ho uno Spirito DiVino
e perché sono stanco,
come se fossi in viaggio da sempre
mi manchi tu e arranco
lungo le strade così inutilmente
Il Lupo che lecca la mano
non vede l'altra che tende il coltello
Non è come nasci,
ma come muori,
che rivela a quale popolo
tu appartieni

Carriera di un evasore

Secondo Angelo Panebianco, editorialista del Corriere (e non solo lui), la condanna definitiva di B. per frode fiscale non dipende dal fatto che B. è un frodatore fiscale, ma dallo “squilibrio di potenza fra magistrati e politica”. Perché in Italia la politica sarebbe “un potere debole e diviso” che non riesce a riformare il “potere molto più forte e unito” della magistratura. Solo separando le carriere, abolendo l’azione penale obbligatoria, trasformando il pm in “avvocato dell’accusa”, spogliando il Csm, cambiando la scuola e il reclutamento delle toghe e rimpolpando i poteri del governo nella Costituzione si eviteranno sentenze come quella del 1° agosto. Forse Panebianco non sa che in tutte le democrazie del mondo, anche quelle che hanno da sempre nel loro ordinamento le riforme da lui auspicate, capita di continuo che uomini politici vengano condannati se frodano il fisco, con l’aggiunta che vengono pure arrestati e, un attimo prima, cacciati dalla vita politica. Ma soprattutto il nostro esperto di nonsisachè ignora la carriera criminale di B., che froda il fisco da quando aveva i calzoni corti. E se non fu scoperto all’epoca è perché con i fondi neri corrompeva politici, Guardia di Finanza e giudici che avrebbero potuto scoperchiare le sue frodi fin dagli anni 70. Chi conosce il curriculum del neo-pregiudicato non si stupisce per la condanna dell’altro giorno, ma per il fatto che un tale delinquente matricolato sia rimasto a piede libero fino a oggi.

La prima visita. Il 12 novembre 1979 una squadretta della Guardia di Finanza ispeziona l’Edilnord Centri Residenziali Sas che sta realizzando a Segrate la città-satellite di Milano2, sospettata di varie irregolarità tributarie. Nel cantiere, con alcuni operai, c’è un omino spelacchiato e imbrillantinato che si presenta come “semplice consulente” della società. È Silvio Berlusconi, il proprietario, iscritto da un anno alla loggia deviata P2. I finanzieri vogliono sapere perché abbia prestato fideiussioni personali in favore di Edilnord e Sogeat, società il cui capitale è ufficialmente controllato da misteriosi soci svizzeri. Ma lui fa lo gnorri e mette a verbale: “Ho svolto un ruolo molto importante nei confronti dell’Edilnord Centri Residenziali e della Società generale attrezzature Sas, perché entrambe mi hanno fin dall’inizio affidato l’incarico professionale della progettazione e della direzione del complesso residenziale Milano 2”. Anziché ridergli in faccia e approfondire le indagini, il maggiore Massimo Maria Berruti che guida la squadra si beve tutto, chiude l’ispezione in meno di un mese, nonostante le anomalie finanziarie riscontrate e archivia tutto con una relazione rose e fiori. Poi, il 12 marzo 1980, si dimette dalle Fiamme Gialle. Per qualche mese lavora per l’avvocato d’affari Alessandro Carnelutti, titolare a Milano di un importante studio legale con sedi a New York e Londra, dove si appoggia all’avvocato inglese David Mackenzie Mills. Poi Berruti inizia a lavorare per il gruppo Fininvest, specializzandosi in operazioni finanziarie estere e in contratti per i calciatori stranieri del Milan. Gli altri due graduati che erano con lui nel blitz del ’79 sono il colonnello Salvatore Gallo e il capitano Alberto Corrado. Il nome di Gallo verrà trovato nelle liste della loggia P2. Corrado verrà arrestato nel ’94 e poi condannato con Berruti per i depistaggi nell’inchiesta sulle mazzette Fininvest. Versate a chi? Alla Guardia di finanza, naturalmente.

San Bettino vede e provvede. Nel 1980 Berlusconi rischia di ritrovarsi un’altra volta la Finanza in casa. Allarmatissimo, scrive una lettera al-l’amico Bettino Craxi, leader del Psi che sostiene il governo Cossiga: “Caro Bettino, come ti ho accennato verbalmente, Radio Fante ha annunciato che dopo la visita a Torino, Guffanti e Ca-bassi, la Polizia tributaria si interesserà a me… Ti ringrazio per quello che crederai sia giusto fare” (lettera pubblicata dal fotografo di Craxi, Umberto Cicconi, in Segreti e misfatti, Roma 2005).

Che si sappia, anche quella volta le Fiamme Gialle si tengono alla larga dal Biscione. Che evidentemente ha sempre più cose da nascondere.

Giudici venduti e no

Il 24 maggio 1984 il vicecapo dell’Ufficio Istruzione di Roma, Renato Squillante, interroga B., assistito dall’avvocato Cesare Previti e imputato “ai sensi dell’articolo 1 della legge 15/12/69 n. 932” per interruzione di pubblico servizio a causa delle presunte antenne abusive sul Monte Cavo che interferiscono nelle frequenze radio della Protezione civile e dell’aeroporto di Fiumicino. Gli imputati sono un centinaio. Ma la posizione di B. viene subito archiviata il 20 luglio 1985, mentre altri 45 rimarranno sulla graticola fino al 1992 e se la caveranno solo grazie al-l’amnistia. Non potevano sapere che Squillante e Previti avevano conti comunicanti in Svizzera. Insomma, che il giudice romano era a libro paga della Fininvest.

Il 16 ottobre 1984 i pretori di Torino, Pescara e Roma, Giuseppe Casalbore, Nicola Trifuoggi e Adriano Sansa, sequestrano gli impianti che consentono a Canale 5, Italia 1 e Rete 4 di trasmettere in contemporanea in tutt’Italia in spregio alla legge. Craxi neutralizza le ordinanze con due “decreti Berlusconi”.

Mills e la Fininvest occulta

Nel 1989 l’avvocato Mills, consulente Fininvest da alcuni anni, costituisce per conto del gruppo Berlusconi la All Iberian e decine di altre società offshore (la Kpmg, per conto della Procura di Milano, arriverà a contarne 64) domiciliate nelle isole del Canale (all’ombra di Sua Maestà britannica), nelle Isole Vergini e in altri paradisi fiscali. Ordine è partito dai responsabili della finanza estera del gruppo, Candia Camaggi e Giorgio Vanoni. Nasce così il “Comparto B” della Fininvest, “very discreet”, cioè occulto e in gran parte mai dichiarato nei bilanci consolidati, alimentato perlopiù dalla Silvio Berlusconi Finanziaria Sa (società lussemburghese regolarmente registrata a bilancio), ma anche da denaro proveniente dal Cavaliere in persona (in contanti, tramite “spalloni” che lo portano da Milano oltre il confine elvetico). Sul conto svizzero di All Iberian, in soli sei anni, transitano in nero quasi mille miliardi di lire. Usati per operazioni riservate e inconfessabili, come confermeranno le sentenze definitive All Iberian, Mills e Mediaset. Anzitutto, B. versa 23 miliardi a Craxi tra il 1990 e il ’91. Gira soldi di nascosto ai suoi prestanome Renato Della Valle e Leo Kirch: non potendo, per la legge Mammì, detenere piú del 10% di Telepiú, B. finanzia occultamente le teste di legno che rilevano le sue quote eccedenti. Acquista per 456 miliardi il capitale di Telecinco, la tv spagnola, di cui per la legge antitrust di Madrid non potrebbe controllare più del 25%. Presta soldi a Giulio Margara, presidente di Auditel e direttore di Upa, l’associazione utenti pubblicitari. Gira 16 miliardi a Previti, in parte per pagarlo in nero in parte perché versi tangenti a giudici romani come Squillante e Vittorio Metta (autore della sentenza comprata che nel 1990 scippa la Mondadori a De Benedetti per regalarla alla Fininvest). Scala di nascosto i gruppi Rinascente, Standa e Mondadori in barba alla normativa Consob . E soprattutto, tramite alcune offshore, intermedia l’acquisto di film dalle major di Hollywood, facendone lievitare i costi per 368 milioni di dollari e dunque abbattendo gli utili di Mediaset per tutti gli anni 90, consentendo al gruppo di pagare meno imposte e al beneficiario dei conti esterni, cioè a se stesso, di accumulare una fortuna extrabilancio ed esentasse. E cosí via. Resta pure il sospetto che parte del denaro di destinazione ignota sia servito a pagare i politici del pentapartito per la legge Mammì del 1990 sull’emittenza: quella che consente a B. di tenersi tutt’e tre le reti Fininvest in barba a qualunque minimo principio antitrust. Lo testimoniano i responsabili della Fiduciaria Orefici, che aiuta il Cavaliere a foraggiare il conto All Iberian: il dirigente Fininvest Mario Moranzoni confidò loro che “i politici costano, c’è in ballo la Mammí”. Per le presunte tangenti Fininvest in cambio di quella legge, la magistratura romana indagherà Gianni Letta e Adriano Galliani, ma l’ufficio Gip guidato da Squillante negherà il loro arresto, e l’inchiesta finirà nel nulla.

Le Fiamme Sporche

Nel 1989 il responsabile servizi fiscali della Fininvest, Salvatore Sciascia, altro ex finanziere passato alla corte del Cavaliere, si libera di una verifica fiscale a Videotime (la società Fininvest che racchiude Canale5, Rete4 e Italia1) versando ai finanzieri una tangente di 100 milioni di lire. Lo stesso fa nel 1991 con 130 milioni scuciti per ammorbidire un’ispezione a Mondadori. E poi nel 1992 con altri 100 milioni per una visita delle Fiamme Gialle a Mediolanum. E ancora nel 1994 con 50 milioni perché i finanzieri chiudano un occhio, o possibilmente due, durante un blitz disposto dalla Procura di Roma e dal Garante per l’editoria sulla reale proprietà di Telepiù: che, se dovesse risultare ancora in mano a B. tramite i soliti prestanome (così com’è nella realtà), porterebbe al-l’immediata revoca delle concessioni per Canale5, Rete4 e Italia1. Ma anche quella volta i finanzieri corrotti se ne vanno con gli occhi bendati. Nel ’94, appena un sottufficiale confessa a Di Pietro di aver ricevuto parte di una tangente Fininvest, esplode lo scandalo Fiamme Sporche, che in poche settimane porta all’arresto di un centinaio di finanzieri corrotti e all’incriminazione di oltre 500 imprenditori e manager corruttori (il Gotha dell’imprenditoria milanese). Confessano quasi tutti. Tranne uno: Silvio B., che non può ammettere nulla perché è appenadivenuto presidente del Consiglio. Sciascia dice che ha fatto tutto per ordine di Paolo Berlusconi, Silvio non c’entra nulla. Intanto l’avvocato Berruti chiama l’ex collega Corrado (quello dell’ispezione del 1979), ormai in pensione, perché tappi la bocca sulle mazzette Fininvest il capobanda, colonnello Angelo Tanca. E così avviene. Quando il pool Mani Pulite ha pronta la richiesta di cattura per Sciascia e Paolo, il governo di Silvio vieta la manette per corruzione col decreto Biondi. È il 14 luglio ’94. L’Italia si ribella, Bossi e Fini si defilano, B. è costretto a ritirare il decreto a furor di popolo, così finiscono dentro Sciascia, Paolo, Corrado e Berruti. Il quale, si scopre, prima di orchestrare il depistaggio è volato a Roma per incontrare il premier a Palazzo Chigi. La prova che ha fatto tutto Silvio, non Paolo. Di qui l’invito a comparire durante la conferenza Onu di Napoli e poi il processo. Primo grado: condannati Silvio e Sciascia, assolto Paolo. Appello: prescritto Silvio, condannato Sciascia. Cassazione: condannato Sciascia, assolto per insufficienza di prove Silvio, perché potrebbe essere stato Paolo, che però non può essere riprocessato una volta assolto. La prova contro Silvio potrebbe, anzi dovrebbe fornirla Mills, sentito come testimone al processo: purtroppo è stato corrotto con 600mila dollari e mente ai giudici, salvando il Cavaliere.

9 processi aboliti per legge

Ma le tangenti c’erano, e quello che il gruppo Berlusconi ha da nascondere alla Guardia di Finanza è più che evidente. Lo dimostra la miriade di processi nati da quei fondi neri negli anni 90, quando i giudici e i finanzieri corrotti iniziano a scarseggiare. Non potendoli neutralizzare a monte a suon di mazzette, B. li cancella a valle con una raffica di leggi ad personam: falso in bilancio, condoni fiscali ed ex Cirielli. Risultato: 2 processi fulminati perché il reato non c’è più, cancellato dall’imputato (All Iberian-2 e Sme-2) e 8 caduti in prescrizione. L’ultimo, per il semplice decorrere del tempo, sulla divulgazione dell’intercettazione della telefonata segreta e rubata tra Fassino e Consorte. Gli altri 7: corruzione del giudice Metta per la sentenza Mondadori e caso All Iberian-1 per i 23 miliardi a Craxi (prescritti grazie alle attenuanti generiche); falsi in bilancio Fininvest anni 90; altri falsi in bilancio per i 1550 miliardi di lire di fondi neri sottratti al consolidato col sistema All Iberian; fondi neri nel passaggio del calciatore Lentini dal Torino al Milan; corruzione giudiziaria del teste Mills (prescritti grazie al-l’ex Cirielli); appropriazioni indebite e i falsi in bilancio e la gran parte delle frodi fiscali sui diritti Mediaset (prescritti grazie al combinato disposto della legge sul falso in bilancio e all’ex Cirielli). I reati superstiti, e cioè le frodi fiscali del 2002 e 2003, per un totale di 7 milioni di euro (su un totale di 360 milioni di dollari, ormai evaporati), sono miracolosamente giunti in Cassazione per la sentenza definitiva del 1° agosto prima della solita falcidie.

sabato 10 agosto 2013

Il condannato che parla. E non è un simpatico significato della smorfia napoletana, bensì il senatore (ancora per poco) Berlusconi. Domenica scorsa è salito sul palco, chiaramente abusivo, accolto al grido “ duce, duce” e con le bandiere di forza Italia ritornate di moda. Per ringraziare il suo esercito radunatosi, neanche tutto, sotto palazzo Grazioli per mostrare la vicinanza al padrone in questo momento triste, strappalacrime. E il Cavaliere ci sa fare. Come sempre. Dismette i panni dello statista insofferente al dolore, alle intemperie e ai comunisti. Non ha più quella veemenza di un giaguaro con ancora tutte le macchie, e che per di più ha azzannato lo smacchiatore. Abbandona anche la sua consueta misericordia che gli permise di perdonare il “lanciatore del duomo”. Ma questa volta è troppo, anche per lui. Sale sul palco, perinde ac cadaver, e ribadisce (minaccia?) di restare qui, deve solo scegliere tra Rebibbia e Regina Coeli. Già nel 2003 dichiarò la sua assoluta fiducia nella magistratura. “Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perchè lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. Come vuoi che uno così non sia uno stinco di santo. E i suoi soldati ne sono convinti, ma non perché hanno letto le carte processuali, già è molto che leggano, ma perché non sanno neanche di che reato è stato condannato. Sanno solo che ha tolto l’ ICI e che Ruby è la nipote di Mubarak( lui non sanno chi sia). Il resto non importa. Allora tra signore che difendono “ Berluscono” e combattono “ Grilli”, ad innalzare il livello gnoseologico ci pensa l’ onorevole Santanchè :"Sia chiaro, niente arresti domiciliari o servizi sociali. Berlusconi andrà in carcere. Gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come Silvio Berlusconi”. Nonostante la perversione molto fetish di verderlo ai servizi sociali, innalza il livello di fiducia e di contentezza degli italiani. Era ora. Anche perché sappiamo da tempo chi è quel delinquente, piuttosto la domanda è un’ altra: come fa un evasore ad essere ancora un politico ? E per chi sostiene che non si possano esautorare 9 milioni di elettori dal Parlamento, bisogna ricordare che se votano un evasore è colpa loro, la prossima volta votassero un incensurato (difficile trovarlo) così saranno rappresentati nelle Camere. Ma questo è nulla in confronto alla Mussolini che con la sua consueta eleganza esprime il suo “““pensiero”””, meglio la sua nova collezioni di magliette. Dopo con orgoglio dalla parte sbagliata, ciao nonno, il diavolo veste prodi , questa volta “ c’ hann scassat o’ cazz”. Lo stesso stato d’ animo che provano molti italiani nei confronti di questa gente. Nonostante l’ intervento degli amici di una vita, quelli che nel momento del bisogno ci sono sempre, come il Nipote secondo cui “Governo delle larghe intese senza alternative, siamo a un passo dalla fine della crisi”, questa volta la ribalta del Pd arriva, finalmente dopo tre settimane di silenzio, da Matteo Renzi. Proprio lui che fino a poco tempo fa sosteneva l’ eleggiblità di Berlusconi dato che lo è stato fino a Febbraio. Forse serviva la sentenza della cassazione per fargli capire che la legge si applica. O più semplicemente si inizia a respirare aria di campagna elettorale. E nonostante dica di essere il primo tifoso del governo Letta, in pieno stile trasformista, passa da essere il ponte tra centrodestra e centrosinistra a bolscevico puro "Le sentenze si rispettano e la legge è uguale per tutti.” Anche se poi in piena ecstasy si è lasciato sfuggire “Il Pd deve salvare l'Italia" al limite tra minaccia e supercazzola. Comunque sia con scappellamento a destra. Dato che fino a prova contraria il Pd ha sempre salvato la il Pdl. La stessa Santanchè continua:"O la grazia o cade il governo". “C’ hann scassat o’ cazz”.

venerdì 9 agosto 2013

Preghiera Lakota

Grande Spirito,
dovunque nel mondo i volti
dei vivi sono simili;
con tenerezza sono usciti dal suolo.
Veglia sui tuoi figli affinché possano
camminare nel vento
e seguire la retta via
che conduce al Giorno della Quiete.
Grande Spirito,
riempici di luce.
Dacci la forza per capire,
e gli occhi per vedere. Insegnaci
a camminare sulla dolce Terra
come genitori di tutto ciò che vive.

Contratti a tempo determinato: le nuove regole dopo la riforma del lavoro giovanile

Per i contratti a tempo determinato ci sono delle nuove regole dopo la riforma del lavoro giovanile. Il Governo ha, infatti, messo a punto il decreto lavoro e ha fatto notare come ci siano già quasi 2.000 aziende pronte ad utilizzare gli incentivi per l’occupazione. Ma quali sono i provvedimenti importanti che sono stati messi in atto, soprattutto a favore dei giovani? Vediamoli tutti.


I giovani potranno beneficiare di alcuni incentivi dati alle imprese disposte ad assumerli, ma potranno anche diventare imprenditori di loro stessi, con facilitazioni nel costituire una start up. Si promettono contratti più snelli e uno slittamento dell’aumento dell’Iva.
INCENTIVI PER CHI ASSUME – I datori di lavoro che assumeranno dipendenti con età compresa fra i 18 e i 29 anni entro il 30 giugno 2015 avranno diritto per 18 mesi a un contributo che corrisponde ad un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali. La cifra, comunque, non dovrà superare i 650 euro. Un altro incentivo del genere per 12 mesi andrà a chi trasforma un contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato. Se i datori di lavoro decidono di stabilizzare un disoccupato che percepisce l’Aspi, riceveranno un contributo pari al 50% dell’indennità mensile residua.
START UP – Sarà più facile costituire una start up. Per le società a responsabilità limitata basterà un euro e i soci non per forza dovranno avere meno di 35 anni. Chi deciderà di investire nel capitale sociale di imprese innovative avrà delle agevolazioni fiscali.
APPRENDIMENTO PROFESSIONALIZZANTE – Sono state stabilite delle linee guida specifiche per l’apprendimento professionalizzante. I principi dovranno essere adottati dallo Stato e dalle Regioni entro il 30 settembre. In particolare, saranno finanziati i tirocini formativi, l’orientamento nel settore della cultura e l’alternanza scuola-lavoro.
SNELLIMENTO DEI CONTRATTI – Fra un contratto a termine e l’altro si avranno tempi più brevi. Si tratta da 60 a 10 giorni per i contratti fino a 6 mesi e da 90 a 20 giorni per quelli più lunghi. Se non c’è la pausa, automaticamente scatterà la conversione a tempo indeterminato. E’ stato fissato un limite massimo di chiamata per i lavori intermittenti. Il tutto corrisponde a 400 giornate in 3 anni.



Chi muove l'Esercito di Silvio

Alfano non li sopporta e anche la Santanché li guarda con sospetto. Ma allora chi c'è dietro gli ultrà di Berlusconi?  Una catena di comando che va da Diego Volpe Pasini fino a Bondi passando per Dell'Utri. Mentre il Cavaliere è pronto tanto a servirsene quanto a prendere le distanze, a seconda della convenienza

 L'ultima trovata è la petizione per l'amnistia. Una raccolta di firme per presentare al Parlamento la legge salva-Silvio, che nessun partito - per ragioni diverse - potrebbe proporre. Bastano 50 mila sottoscrizioni, fra i berlusconiani. Roba da poco. Ma soprattutto, se la proposta non arrivasse mai al voto, resta un modo per mettere in piedi sul territorio una struttura di volontari da far pesare al momento delle grandi decisioni.

Già. C'è un partito parallelo che da mesi si muove nel nome di Berlusconi, ma a sua insaputa. Ultimo nato è proprio l'Esercito di Silvio. Cui peraltro non crede nessuno. «Ma chi sono quelli lì?», ripetono i big pidiellini. «Che vogliono dal Presidente?».

Domanda legittima, se si pensa che il portavoce del movimento, Simone Furlan, padovano, è talmente poco noto al suo partito da non avere alcun rapporto nemmeno con il suo concittadino più illustre alla corte del Cav, l'avvocato Niccolò Ghedini. Tanto che il legale dell'ex premier non fa mistero di vedere come fumo negli occhi le iniziative populiste che da un anno a questa parte nascono come funghi intorno al quasi ex Cavaliere. Eppure, se si fa qualche verifica in loco, dalle truppe dell'Esercito spunta un altro nome noto.

Fra i primissimi arruolati, c'è pure Diego Volpe Pasini, l'imprenditore friulano che un anno fa cenava in allegria a casa di Berlusconi, in compagnia di avvocati, finanzieri e qualche amica. Lo stesso che vergò il piano "Rosa tricolore", bollato dai vertici del Pdl come la «fantasia di un pazzo», ma discusso con Berlusconi il 21 giugno 2012. E, soprattutto, che conteneva un'indicazione: il ritorno a Forza Italia. Pazzo, peone, mitomane quanto si vuole, quel progetto si è manifestato a distanza di un anno sotto la residenza romana del Cavaliere.

Quando è ricomparso il simbolo della discesa in campo del 1994. «Oggi sono tutti favorevoli al ritorno di Forza Italia, ma quando io organizzai a Milano la prima manifestazione con le vecchie bandiere fui lasciato solo», si sfoga Volpe Pasini. Che da quei giorni di lite con il segretario Angelino Alfano ha congelato, suo malgrado, i rapporti con Silvio. E così, nel mondo parallelo dei fan di Berlusconi, ecco comparire anche il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, così come l'avvocato Gianpiero Samorì, classe ? 57, modenese, milionario, fondatore dei "Moderati rivoluzionari" con ambizioni di ministro.

A portarlo da Berlusconi fu Volpe Pasini, ancora lui, e, oggi che l'Esercito cresce, è sempre Volpe Pasini a tessere la rete. E a mettere insieme mondi diversi. Oltre ad Alfano, a sbarrare la porta ai ribelli ci sono pure Maurizio Gasparri e Daniela Santanché, titolari della corrente dei falchi e tacciati, dai ribelli, di essere berlusconiani dell'ultima ora. E ancora l'ex ministro Maria Stella Gelmini. Fra i big, però, c'è pure chi, senza farsi troppo notare, tiene aperto un ponte con i filo-Cav.

Anche perché se ufficialmente Berlusconi sta con i vertici del suo partito e censura, censura e censura, tiene sempre aperta una porta all'ipotesi bis. E cioè che domani possa tornargli utile proprio quella mobilitazione, che non è costata fatica. E che, all'occorrenza, può essere sconfessata con un tweet.

Fra i coordinatori, il più aperto è Denis Verdini, così come l'ex pupillo di Silvio, Raffaele Fitto, e lo stesso Sandro Bondi, quello che invocò la "guerra civile" e, poche ore dopo, vide scendere in piazza proprio l'Esercito di Silvio. Buoni i rapporti anche con Marcello Dell'Utri, che nel piano del 2012 figurava fra i leader storici da non rottamare. Ma che ne sarà dei soldati berlusconiani? Conoscendo Volpe Pasini, slogan a parte, quel che conterà saranno le "caserme della libertà" che, grazie alla raccolta di firme per l'aministia, riusciranno ad aprire. Con l'obiettivo di rientrare dalla porta di Forza Italia, dopo essere stati lanciati dalla finestra del Pdl.

giovedì 8 agosto 2013

Processano il Giudice, assolvono il condannato

Il pregiudicato innocente (Marco Travaglio).
Da Il Fatto Quotidiano del 08/08/2013.

Poniamo che in un qualunque processo, uno degli 80mila che celebra ogni anno la Cassazione, un giornalista chiedesse a un giudice perché ha confermato la condanna di Tizio e il giudice rispondesse: “Perché era colpevole”. Che farebbero i giornali? Non riprenderebbero nemmeno la notizia, essendo assolutamente ovvio che un giudice condanni un imputato che ritiene colpevole. Sarebbe strano il contrario, e lì sì che si scatenerebbe il putiferio, se cioè un giudice che ha appena condannato Tizio dichiarasse: “Secondo me era innocente, ma l’ho condannato lo stesso”. Il guaio del presidente Esposito è che il suo non è un processo normale, perché l’imputato si chiama B., che ha nelle sue mani, o ai suoi piedi, il 90% dei giornali e delle tv. Dunque diventa tutto uno scandalo anche la normalità: un giudice che conferma la sentenza d’appello che condanna B. perché non solo sapeva, ma era il “regista” e il “beneficiario” di un gigantesco sistema di frode fiscale durato anni messo in piedi da lui; e poi spiega off record a un giornale scorretto (che concorda con lui un testo e poi ne pubblica un altro e continua a non divulgare l’audio integrale da cui risulta che il giudice non rispondeva a una domanda su B.) che la conferma non si basa sulla sciocchezza del “non poteva non sapere”, ma sulla prova provata che B. sapeva (anzi, ordinava). Non solo, ma il fatto di ribadire che B. era colpevole perché sapeva, anzi ordinava, diventa la prova che B. era innocente perché non sapeva e non ordinava. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da sbudellarsi dal ridere. I giuristi di corte, quelli che non distinguono un codice da un paracarro, sono scatenati. Per Sallusti, un giudice che dà del colpevole a un pregiudicato è, nell’ordine: “scorretto, illegale, vile, inadatto, pericoloso, imbroglione, indegno, scellerato, bugiardo”, da “radiare dalla magistratura”, mentre la sentenza decisa da lui e da altri 4 giudici (da lui contagiati per infezione) “non dovrebbe avere nessun valore” e va “annullata” come sostengono “alcuni giuristi” di sua conoscenza (Gambadilegno, Macchianera e la Banda Bassotti al completo). Belpietro, altro giureconsulto di scuola arcoriana e libero docente di diritto comparato, ha saputo che “in altri Paesi ciò costituisce immediata causa di ricusazione del magistrato o di revisione della sentenza”: poi però non precisa quali siano, questi “altri paesi” della cuccagna dove un giudice che parla dopo invalida la sentenza emessa prima.

Intanto B., sempre in guerra contro la legge ma soprattutto contro logica, sostiene che questa è la prova che “la sentenza era già scritta”: ma se fosse già scritta, perché accusa Esposito di aver parlato prima di scriverla? Strepitoso il duo Brunetta & Schifani: invocano punizioni esemplari contro Esposito perché ha parlato e contemporaneamente una fantomatica “riforma della giustizia” per proibirgli di parlare: e così ammettono che nessuna norma gli vietava di parlare. Secondo Franco Coppi, il fatto è “inaudito” perché “non s’è mai visto un presidente di collegio che anticipa la motivazione della sentenza”: invece s’è visto un sacco di volte. L’ultima, quando il presidente della Corte d’appello di Perugia, Claudio Pratillo Hellmann, all’indomani della lettura del dispositivo della sentenza che assolveva Amanda Knox e Raffaele Sollecito per il delitto di Meredith Kercher, incontrò pubblicamente i giornalisti per spiegare perché i due erano innocenti e i giudici di primo grado avevano preso una cantonata. Nessuno disse nulla, nessuno aprì procedimenti disciplinari, tutti fermi e zitti. Poteva mancare sul Corriere l’illuminato parere di Antonio Polito? No che non poteva. Eccolo infatti avventurarsi pericolosamente su un terreno a lui ignoto – il diritto – con corbellerie sesquipedali. Invoca le solite “riforme della giustizia”, ignorando che se ne son fatte 110 in 20 anni.

Blatera di “sanzione disciplinare”, ignorando che questi illeciti sono tipizzati con precisione dal nuovo ordinamento giudiziario n. 269 del 2006 (a proposito di riforme della giustizia), che punisce “le pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione”, non in quelli già chiusi con sentenza definitiva. Del resto se Polito, per punire Esposito, invoca una nuova legge, vuol dire che lo sa anche lui che con quella attuale non lo si può punire, visto che l’ha rispettata. Alla fine El Drito si supera: Esposito non doveva parlare perché, essendo “un giudice e non un accusatore”, è “obbligato alla terzietà”: sì, ma prima del processo, non dopo. Un giudice che condanna, o assolve, non è più terzo: avete mai visto accusare l’arbitro di non essere più terzo rispetto a un fallo da rigore per aver fischiato un rigore e aver detto che era rigore?

Ma la farsa non finisce qui, perché la premiata ditta B&Coppi&Ghedini vuole ricorrere alla Corte europea dei Diritti del-l’Uomo. Grande idea. Oltre ad aver respinto tre ricorsi di Previti contro le sue condanne per Imi-Sir e Mondadori, la Corte di Strasburgo il 29 maggio 2012 ha dato ragione a un pm del-l’Estonia accusato di aver rilasciato interviste e dichiarazioni alla stampa e alla tv su una sua indagine contro un giudice corrotto, condizionando i giudici e violando la presunzione di innocenza. E, secondo la Corte, fece benissimo perché l’opinione pubblica “dev’essere informata su questioni di interesse collettivo”, come le inchieste su personaggi pubblici; e, se il magistrato indica “le accuse all’imputato”, non pregiudica i suoi diritti. Figurarsi se un giudice parla di un pregiudicato. Si spera dunque vivamente che B. ci vada davvero, a Strasburgo. Troverà pane per i suoi denti: fortuna vuole che Strasburgo non sia in Italia.
... e c'ho il pane
e c'ho il salame
ma la coca ma la coca no...

(Zucchero)

Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli.

[Proverbio Masai]


...vedo nel sole dei tuoi occhi
un altro sole...

(Ali d'oro - Zucchero)
"Un'altro sole
quando viene sera
stà colorando
l'anima mia"

(Zucchero - Così celeste)
"...soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo."

Che Guevara

giovedì 25 luglio 2013

I discendenti dei pellerossa fanno causa al governo Usa per il massacro di Sand Creek. Il 29 novembre 1864 la cavalleria circondò l’accampamento e uccise 165 indiani Cheyenne e Arapaho

mercoledì 10 luglio 2013

Salite sulla cima di una montagna e piangendo cercate una visione.

martedì 9 luglio 2013

lunedì 8 luglio 2013



Fiat, dalla Boldrini sgarbo a Marchionne: "Non vengo in visita. No a ribasso sui diritti"


Il presidente della Camera, invitata dall'ad Fiat a visitare l'impianto in Val di Sangro, declina l'offerta e in una lettera attacca la politica del Lingotto: "Non sarà certo una gara a ribasso su diritti e costo del lavoro ad avviare la ripresa". Venerdì la polemica di Marchionne sulla Fiom, ricevuta a Montecitorio: "Ha scarsa rappresentatività"
ROMA - Laura Boldrini declina l'invito di Sergio Marchionne di visitare lo stabilimento in Val di Sangro. In una lettera all'ad Fiat, la presidente della Camera dice no alla "gara al ribasso sui diritti" e spiega che per "impegni istituzionali già in agenda" non può accogliere l'invito alla cerimonia del 9 Luglio in Val di Sangro.

"Lei concorderà - scrive la Boldrini - che le vecchie ricette hanno fallito e che ne servono di nuove. Affinché il nostro paese possa tornare competitivo è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell'innovazione, tanto dei prodotti quanto dei processi. Una via che non è affatto in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa".

L'invito al presidente della Camera è stato inviato venerdì scorso, dopo che la terza carica dello Stato ha ricevuto i rappresentanti della Fiom che avevano sfilato a Roma. Nella lettera Marchionne diceva di apprezzare il suo interessamento "ai problemi del lavoro in fabbrica", ma ricordava che la Fiom "ha una rappresentatività molto limitata e non è sottoscrittore di alcun contratto nazionale".

La risposta è arrivata oggi, con un lungo e duro testo: "Per ogni fabbrica che chiude - scrive la Boldrini - e per
ogni impresa che trasferisce la produzione all'estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale".

Tra invito e risposta, un altro tassello ha complicato la polemica Fiat-Fiom: ieri la Consulta ha dichiarato illegittimo l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, nella parte che consente la rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) ai soli sindacati firmatari del contratto applicato nell'unità produttiva. La decisione e stata adottata nell'ambito del ricorso della Fiom, esclusa dalla Rsa, contro la Fiat.

Il testo integrale della lettera. "Gentile dott. Marchionne, La ringrazio per la sua cortese lettera del 28 Giugno e per l'invito che mi ha rivolto. Lei ha giustamente notato il mio interessamento ai temi del lavoro, in questa particolare fase di crisi economica.
Non si tratta soltanto di sensibilità personale. Ritengo un dovere per chi rappresenta le istituzioni dedicare il massimo impegno al tema del lavoro in tutte le sue declinazioni: la disoccupazione giovanile, la precarietà, la perdita del posto per persone non più giovani e con famiglia".

"Così come il lavoro da reinventare e ripensare sotto nuove forme e in chiave di innovazione e di produttività. Cerco, per questa ragione, di sollecitare, per quanto è nelle mie facoltà, l'esame di proposte di legge di iniziativa governativa o parlamentare che si propongono di stimolare e incoraggiare nuova occupazione. E cerco quanto più possibile di incontrare sia le delegazioni di lavoratori che vengono a Roma per far sentire la loro voce al Governo e al Parlamento, sia i piccoli e medi imprenditori che tentano una via di uscita dalla crisi. Sarebbe grave se in un momento così difficile per le famiglie italiane i Palazzi della politica si chiudessero in se stessi e non si mostrassero aperti a tali istanze"

"Questi incontri, e i tanti che svolgo nelle città italiane, insieme alle decine di migliaia di lettere e messaggi che ho ricevuto finora, mi danno il senso dello stato di salute della nostra economia e dei suoi numerosi punti di criticità. In particolare emerge la portata del processo di deindustrializzazione che colpisce aree sempre più vaste del nostro Paese. Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all'estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale".
"Siamo consapevoli che bisogna invertire quanto prima questa tendenza e ognuno di noi può fare qualcosa di utile. La politica, certamente, ma anche il mondo sindacale e quello imprenditoriale. Tutti siamo chiamati a sfide nuove".

"La mia esperienza di vita e di lavoro mi ha spinto a guardare tutto questo in un'ottica globale e a rendermi conto che non servono soluzioni di corto respiro. Il livello e l'impatto della crisi sono tali da imporre un progetto del tutto nuovo, una politica industriale che consenta una crescita reale, basata su modelli di sviluppo sostenibile tanto a livello economico, quanto sociale e ambientale. Lei concorderà che le vecchie ricette hanno fallito e che ne servono di nuove".

"Affinché il nostro Paese possa tornare competitivo è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell'innovazione, tanto dei prodotti quanto dei processi. Una via che non è affatto in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa".

"Tutto questo mi porta a guardare con particolare interesse alla condizione e al ruolo della Fiat, sia in Italia sia all'estero, e ascoltare le ragioni di quanti partecipano attivamente a una realtà così importante".

"Impegni istituzionali già in agenda purtroppo non mi consentono di accogliere l'invito alla cerimonia del 9 Luglio in Val di Sangro. Certa che non mancheranno ulteriori occasioni di confronto, Le invio i più cordiali saluti".
Con la pronuncia della Consulta rispetto all'incostituzionalità dell'art.19 la Costituzione italiana rientra nei luoghi di lavoro, grazie alla Fiom e ai tanti delegati sindacali che in questi anni si sono spesi e battuti per i diritti di tutti i lavoratori.
Ora chi lavora potrà scegliersi liberamente il proprio sindacato.
La Fiat e tutta la politica che l'ha sostenuta escono sconfitti; subito una legge sulla democrazia e sulla rappresentanza.


La Corte costituzionale dà ragione alla Fiom
Maurizio Landini:
“La Costituzione rientra in fabbrica.”
“E' una vittoria di tutti i lavoratori.”
“Non ci sono più alibi: il Governo convochi immediatamente un tavolo con la Fiat e tutte le organizzazioni sindacali per garantire l'occupazione e un futuro industriale.”
“E' ora che il Parlamento approvi una legge sulla rappresentanza.”
Landini: "La Costituzione rientra in fabbrica. E' una vittoria di tutti i lavoratori. Non ci sono più alibi: il governo convochi immediatamente un tavolo con la Fiat e tutte le organizzazioni sindacali per garantire l'occupazione e un futuro industriale". alla sentenza della Consulta. "E' ora che il Parlamento approvi una legge sulla rappresentanza"





29/06/2013 Dazebao.org
Landini, Fiat se ne va, i veri investimenti fuori dall’Italia. Tute blu in corteo

ROMA - “Senza diritti siamo solo schiavi'' E' partita dietro questo striscione la manifestazione dei metalmeccanici Fiom-Cgil del Gruppo Fiat per rivendicare lavoro e democrazia che ha sfilato nel centro di Roma. Una delegazione guidata dal segretario, Maurizio Landini, ha poi incontrato verso le 12 la presidente della Camera, Laura Boldrini e più tardi, il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato.

Con tutti gli stabilimenti dell'auto Fiat in cassa integrazione, ad eccezione di Modena, "é inaccettabile: che la direzione aziendale aumenti le ore di cassa integrazione per chi non è al lavoro e contemporaneamente i ritmi produttivi e cadenze per chi è in fabbrica del 20-30%”, si legge in un volantino. "A tre anni di distanza dal piano Fabbrica Italia - che avrebbe dovuto portare le produzioni da 700 mila a 1,4 milioni di veicoli prodotti nel nostro paese - si producono meno di 400 mila veicoli l'anno", spiega la Fiom chiedendo l'apertura di un tavolo nazionale sull'automotive a cui partecipi la Fiat.

Al governo: convochi un” tavolo” Fiat -sindacati
"C'è uno studio fatto dal Sole 24 Ore - ha detto Landini durante il corteo degli operai del gruppo Fiat partito da Piazza Esedra a Roma - che dimostra che in 10 anni la Fiat, con il ricorso alla Casa integrazione, ha risparmiato un miliardo e 700 milioni di euro"."La Fiat dice di aver fatto due miliardi d'investimenti in questi anni, quindi quegli investimenti sono stati fatti con i soldi dei lavoratori e, guarda caso, siamo di fronte al fatto che la maggioranza degli stabilimenti non sta lavorando, sta chiudendo e la Fiat sta facendo i veri investimenti fuori dall'Italia. Su questo - ha concluso - serve un Governo che faccia quello che ha fatto Obama, che convochi le imprese e che impegni la Fiat a investire in Italia e a mantenere le produzioni nel nostro Paese".
Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, giudica "ancora insufficienti gli interventi del governo Letta perché" se "può essere utile incentivare le assunzioni", il problema "è difendere il lavoro che c'è come condizione per costruirne del nuovo. Per questo credo che bisognerebbe fare provvedimenti che blocchino i licenziamenti e che incentivino i contratti di solidarietà e soprattutto bisogna ripartire con degli investimenti".

Boldrini: le istituzioni vicine al mondo del lavoro
“E' importante che le istituzioni siano vicine al mondo del lavoro, tanto piu' in un momento di grave crisi come l'attuale. Condivido le vostre preoccupazioni e le vostre ansie. Il mio non e' un ruolo esecutivo, ma vi assicuro che faro' tutto il possibile, nell'ambito delle mie competenze, per portare avanti le istanze dei lavoratori''. Ha detto Laura Boldrini all'incontro con la delegazione della Fiom. Il Segretario generale della Fiom ha consegnato alla Presidente Boldrini una copia della Costituzione firmata dai lavoratori. ''La nostra Carta fondamentale va rispettata sempre - ha commentato la Presidente Boldrini - non e' concepibile che la sua attuazione si arresti ai cancelli delle fabbriche. E' ovvio che il lavoratore debba poter scegliere liberamente il suo sindacato. E insieme al rispetto delle regole c'e' bisogno, soprattutto in una fase come l'attuale, di una politica industriale, perche' e' evidente che da solo il mercato non da risposte adeguate e compatibili coi diritti dei lavoratori. Il governo sta facendo un lavoro importante per creare nuovo lavoro. E intanto bisogna anche saper difendere il lavoro che gia'c'e'''. Numerose le testimonianze portate da lavoratrici e lavoratori delle aziende in crisi. La delegazione Fiom ha anche ribadito l'urgenza di una legge sulla rappresentanza sindacale. ''Alla Camera ci sono 3 proposte di legge - ha ricordato Laura Boldrini - e il loro iter verra' seguito con la massima attenzione''. Maurizio Landini ha inoltre chiesto alla Presidente della Camera l'istituzione di una commissione di inchiesta sulle condizioni di vita e di lavoro nelle aziende. La Presidente Boldrini ha risposto che, se ci saranno proposte al riguardo da parte dei Gruppi della Camera, sara' sua cura promuoverne la sollecita attuazione.
Anche Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha dichiarato “utile la richiesta di un tavolo con la Fiat e i sindacati”, si rende conto delle difficolta'perche' l'azienda si e' sempre opposta, ma considera la richiesta legittima e utile vista la gravita' della situazione.

Vigili del Fuoco contro gli F35: “Soldi per i caccia. E le nostre divise si bruciano”



lunedì 1 luglio 2013

venerdì 28 giugno 2013

mercoledì 26 giugno 2013

Non essere più ascoltati: questa è la cosa terribile quando si diventa vecchi.
Senti senti senti cosa stanno combinando in Brasile...Protestano per l'aumento dei biglietti dei tram...e noi ? Quando scenderemo in piazza ? Solamente dopo che ci avranno tolto le mutande (di pezza)

Chi ti fa pesare il costo dell'abito che porta ... non lo sa portare
È duro non riuscire a fare una cosa. Ma non tentare nemmeno è sicuramente peggio

martedì 25 giugno 2013

Il superfluo dei ricchi dovrebbe servire al necessario dei poveri e invece il necessario dei poveri serve al superfluo dei ricchi.

lunedì 24 giugno 2013

Per farsi dei nemici, non è necessario essere in guerra. Basta dire quello che si pensa.

M.L.King
Un uomo non dovrebbe mai camminare con tale impeto da lasciare tracce così profonde che il vento non possa cancellare.
La terra è sacra. Queste parole sono al centro del vostro essere. La terra è nostra madre, i fiumi sono il nostro sangue. Quando ci portano via la nostra terra noi moriamo,cioè l'indiano che è in noi muore.

venerdì 14 giugno 2013



Gruppo Marcegaglia: è necessario aprire un tavolo al Ministero dello Sviluppo Economico

Sesto San Giovanni, 11 giugno 2013
Gruppo Marcegaglia: è necessario aprire un tavolo al
 Ministero dello Sviluppo  Economico

Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia e 
responsabile sindacale per la Fiom Cgil
dei rapporti con il gruppo Marcegaglia, interviene in seguito 
alle dichiarazioni dell'assessore
regionale all'Istruzione, Formazione e Lavoro Valentina 
Aprea che, in risposta all'interrogazione presentata dal 
consigliere Pietro Foroni e da altri quattro consiglieri, 
ha assicurato che la situazione dello stabilimento di 
Graffignana (Lodi) del Gruppo Marcegaglia verrà portata 
all'attenzione del Ministero dello Sviluppo Economico.
“Apprendiamo che anche la Regione Lombardia, così 
come aveva già fatto la Regione Piemonte con l'assessore 
al Lavoro Claudia Porchietto, ha intenzione di portare
la questione Marcegaglia all'attenzione del Ministero. 
Ricordiamo che in Lombardia non c'è solo lo stabilimento 
di Graffignana ad essere in difficoltà. Anche lo stabilimento 
Marcegaglia del Contino, in provincia di Mantova, ha infatti 
dovuto, per la prima volta da quando ha aperto, fare ricorso 
alla cassa integrazione ordinaria.
Da diverse settimane la Fiom chiede di aprire un tavolo al 
Ministero per capire quali siano le intenzioni del Gruppo 
Marcegaglia. Il tavolo serve perché la crisi non può essere 
gestita azienda per azienda ma a livello di gruppo. A questo 
proposito si ricorda che a Fontanafredda, in provincia di 
Pordenone, sono appena stati annunciati 100 esuberi su 
un totale di 240 lavoratori. Non capiamo perché da parte 
di Fim e Uilm non ci sia la volontà di un'azione unitaria”.
Rota spiega poi che in questi giorni il gruppo Marcegaglia 
ha inaugurato, secondo quanto riportato dai giornali, un 
hotel con un investimento di 20 milioni di euro. 
“Il Gruppo Marcegaglia trova le risorse per un investimento 
nel campo nel settore turistico ma non per gli stabilimenti 
industriali, nonostante l'aumento degli esuberi e della 
cassa integrazione. E' evidente che sia quanto mai 
necessaria e urgente una discussione al Ministero dello 
Sviluppo Economico”.
COMUNICATO FIOM
  
Indesit. Fim, Fiom, Uilm:
 “Non condivisibile l'ipotesi
 di ridimensionamento e 
delocalizzazione avanzata 
dall'Azienda. Continua lo 
stato di agitazione: altre 
16 ore di sciopero entro giugno”

Le Segreterie nazionali dei sindacati 
dei metalmeccanici Fim-Cisl, 
Fiom-Cgil, Uilm-Uil hanno diffuso 
oggi il seguente comunicato.

Il 4 giugno 2013 la Direzione della Indesit SpA 

ha comunicato a Fim, Fiom, Uilm nazionali e ai
 rappresentanti dei lavoratori di volere adottare
 un piano industriale che riorganizzerebbe 
profondamente le attività produttive del Gruppo, 
potenziando ed estendendo quelle realizzate 
in paesi “low cost” – Polonia e Turchia –
 e riducendo in modo consistente quelle italiane 
con la chiusura di due impianti produttivi, uno 
in provincia di Caserta e un altro nell’area fabrianese, 
in provincia di Ancona.”
Fim, Fiom e Uilm ritengono tale piano insostenibile 
sia dal punto di vista industriale, sia dal punto di 
vista sociale in quanto:
  • ridimensiona l’industria manifatturiera
     nazionale;
  • produce rilevanti ed immediati effetti 
    negativi anche sui distretti industriali cresciuti 
    intorno a Indesit;
  • penalizza un indotto che rappresenta 
    una vera eccellenza del tessuto industriale italiano;
  • comprime ulteriormente gli occupati in 
    un momento già tanto difficile per il nostro Paese.”
Nel corso degli ultimi anni, l'Indesit ha chiuso 
gli impianti produttivi di Refrontolo (Treviso), 
Brembate (Bergamo) e None (Torino), dove 
lavoravano complessivamente oltre mille persone.
 Il fatto che questo sia avvenuto con accordi 
sindacali, che hanno puntato all’adozione di politiche 
attive del lavoro per tutelare lavoratori e territori 
interessati, non rende meno evidente e grave né il 
progressivo disimpegno industriale in Italia, né il 
fatto che oltre trecento lavoratori siano a tutt’oggi privi 
di occupazione.”
Fim, Fiom e Uilm nazionali ritengono che la fase 
economica, le caratteristiche dei territori sui 
quali la presenza di Indesit è rimasta, il 
rischio di desertificazione industriale progressiva,
non consentano né di condividere, né di accettare
l’ipotesi di delocalizzazione produttiva e di
ridimensionamento industriale e occupazionale 
avanzata da Indesit.”
Per queste ragioni hanno sostenuto ogni iniziativa 
di lotta fino ad oggi promossa dalle Organizzazioni 
sindacali locali e dalle Rsu degli stabilimenti italiani 
del Gruppo per contrastare il piano, e 
sosterranno il proseguimento della mobilitazione 
locale e nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, 
con l'obiettivo di convincere il Gruppo Indesit e 
la famiglia Merloni a rivedere i propri progetti, 
a ritrovare nel proprio essere una grande 
azienda italiana, che all’Italia deve le sue origini 
e il suo successo, le ragioni per modificare le proprie 
scelte industriali, continuando ad investire nel 
nostro Paese, per il futuro dell'industria italiana 
e per un lavoro stabile, qualificato e radicato nel 
territorio.”
La realizzazione dell'obiettivo di un nuovo piano 
industriale della Indesit, a partire dal Piano 
Italia condiviso in sede ministeriale in data 
7 dicembre 2010, in grado di garantire un adeguato 
livello di investimenti in nuovi prodotti e nei 
processi produttivi e il mantenimento delle produzioni 
e dei livelli occupazionali rappresentano oggi la 
priorità per le lavoratrici e i lavoratori, per i 
territori interessati e per la salvaguardia del 
settore elettrodomestico in Italia. Cosi come 
è prioritaria la salvaguardia del reddito di quei 
lavoratori - di Refrontolo, Brembate e None - 
per i quali, ad oggi, con lo strumento delle 
politiche attive, non è stato realizzato un risultato in 
termini di rioccupazione.”
Fim, Fiom, Uilm nazionali, le strutture di Fim, 
Fiom, Uilm territoriali interessate e il 
Coordinamento Rsu degli stabilimenti Indesit 
decidono di continuare lo stato di agitazione 
in tutti gli stabilimenti e proclamano ulteriori 
16 ore di sciopero da svolgersi nel mese di 
giugno con modalità articolate in tutte le 
 realtà e con manifestazioni territoriali nelle 
Marche ed in Campania, a sostegno del 
confronto con la Direzione aziendale di 
Indesit che Fim, Fiom e Uilm chiederanno 
di avviare tempestivamente.”
Le iniziative territoriali dei prossimi 
giorni avranno l’obiettivo di modificare 
i programmi aziendali, coinvolgendo attivamente 
i Sindaci, le Istituzioni provinciali e i Presidenti 
delle Regioni Marche e Campania affinché 
sostengano la vertenza sindacale finalizzata a
mantenere le attività produttive e difendere il lavoro.”
Fim, Fiom, Uilm nazionali si attiveranno inoltre, 
da subito, nei confronti del Ministro dello 
Sviluppo economico per chiedere l'interessamento 
del Governo sulla vertenza Indesit e 
azioni concrete con scelte di politica 
industriale riguardo al settore per 
salvaguardia delle produzioni e dell’occupazione.”
Inoltre, le segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm, 
in tempi brevi, definiranno le iniziative 
necessarie e utili a tutto il settore elettrodomestico 
per preparare una iniziativa nazionale a tutela 
del settore nei confronti del Governo.”

Uffici Stampa Fim, Fiom, Uilm

Roma, 11 giugno 2013