martedì 1 novembre 2011

Sembra un film, invece avviene davvero, mercoledì 19 ottobre. All’ingresso numero 2 dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, un gruppo di famiglie ben vestite si mettono in fila davanti al cancello. Sono cassintegrati Fiat con moglie, figli e genitori invitati dal direttore Sebastiano Garofalo per vedere le nuove linee di montaggio dove sta per partire la produzione della Panda. Oltre il cancello, due pullman caricano la compagnia per la visita guidata. I vigilantes fanno la spunta dei nomi. Ecco l’operaio Pasquale, con la moglie, il padre, e per mano il figlio di sei anni. Quei macchinari scintillanti sarebbero una promessa di futuro, se non fosse per un dettaglio umiliante: viene mostrata la fabbrica a gente che potrebbe restarne fuori. Nessuno ha il coraggio di dire ai bambini di Pomigliano questa verità: “Caro bambino che stringi fiducioso la mano di Pasquale, sappi che in questa fabbrica nuova nuova – che ti lascia a bocca aperta – tuo padre forse non entrerà mai”. In Fabbrica Italia Pomigliano non ci sarà posto per tutti, e questo operaio che tiene il figlio per mano è in realtà un uomo spaventato, costretto a contendersi con i colleghi il posto sulla scialuppa. E questa visita alla fabbrica è solo una stazione della sua via crucis in cerca della protezione giusta.

É GIÀ IN ATTO una tragica devastazione della dignità. Dimenticate lo scontro iniziato nell’estate 2010 proprio qui a Pomigliano, la Fiom-Cgil contro la Fiat e contro gli altri sindacati, l’accordo contestato e approvato dal referendum, e tutto quello che è seguito. Guardiamo i fatti di questi giorni. Ci sono 4.700 persone in attesa di passare dalla vecchia Fiat alla nuova Fabbrica Italiana Pomigliano. Finora (comunica la Fiat) ne hanno presi 200. Altri 150 saranno assunti entro novembre. Si arriverà a mille “nei primi mesi del 2012”. E gli altri? “Dipenderà da quante Panda venderemo”, dicono alla Fiat. Ai lavoratori di Pomigliano prima è stata chiesta efficienza, con nuove regole in grado di far sfornare fino a 280 mila Panda ogni anno, e occupare così 5 mila dipendenti. Ma Sergio Marchionne non aveva spiegato che a loro carico c’era anche il rischio di impresa: se la Panda non vende, parte degli operai restano senza lavoro.

Le previsioni sono fosche. Quest’anno la Fiat conta di produrre poco più di 200 mila Panda. Al 30 settembre scorso però non aveva ancora raggiunto quota 160 mila. Nel 2012 la domanda di Panda dovrebbe avere un’impennata del 40 per cento per arrivare a quota 280 mila, con due difficoltà inedite: lo stabilimento polacco di Tichy continuerà a produrre e vendere la vecchia Panda, che costerà meno della nuova e le mangerà un pezzo del mercato; inoltre la nuova Panda dovrà vedersela con un’inedita concorrente, la Volkswagen Up, creata da due transfughi Fiat come lo stilista Walter De Silva e il mago del marketing Luca de Meo, padre della Fiat 500. I più pessimisti dicono che a fine 2012 sarà tanto se la Fip avrà assunto 2.000-2.500 persone, lasciandone in cassa integrazione almeno altrettante. La fitta nebbia che circonda il piano Fabbrica Italia è la ragione principale dello sciopero di tutto il gruppo Fiat proclamato per oggi dalla Fiom, che questa mattina manifesterà a Roma, in piazza del Popolo, con comizio conclusivo del leader Maurizio Landini. Il quale avrà un nuovo tema bollente da spiegare ai suoi sostenitori, riguardante proprio Pomigliano: la scelta delle persone da inserire gradualmente nella nuova azienda è a totale discrezione dell’azienda. Tu dentro, tu fuori, nome per nome.

QUI L’UMILIAZIONE diventa dramma, o peggio. Denuncia Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom: “Ci raccontano che la Fiat esercita forti pressioni sui lavoratori, lasciando intendere che difficilmente verranno chiamati gli iscritti ai sindacati dissidenti”, cioè la Fiom e i Cobas. Andrea Amendola, capo della Fiom di Napoli, stima che dei 6-700 iscritti della Fiat di Pomigliano almeno un centinaio hanno già mollato. Nessuno parla, perché il clima è di paura. Ma tutti sanno che cosa è capitato al collega. C’è quello che alla fine della visita alle nuove linee ha sentito l’alto dirigente alludere al nesso assunzione-sindacato guardando negli occhi le mogli. C’è quello che il capetto gli ha detto: “Sei bravo, sei stimato, ma lo dico per te: se non molli la Fiom non ti prendono”. Dice Airaudo: “A me un paio di compagni ne hanno parlato, se ci trovassimo di fronte alle prove di tutto questo faremmo partire una denuncia”. Per ora, va detto con chiarezza, non c’è alcun elemento per accusare la Fiat di niente. C’è solo un fatto: di questo si parla, e gli iscritti alla Fiom calano di giorno in giorno. Del resto, sapete come si fa? Si va all’ufficio del personale e si comunica: “Dal prossimo mese non fatemi più la trattenuta per la Fiom”. Così l’azienda lo sa subito, mentre il sindacato avrà l’aggiornamento dei suoi iscritti solo nel prossimo mese di febbraio. Per ora si va a sensazioni. I delegati della Fim-Cisl sono certi che la Fiom stia perdendo iscritti, ma attribuiscono l’emorragia alla bocciatura della “linea dura”. E rivendicano uno speculare boom di iscritti alla Cisl che premierebbe la concreta tutela degli interessi. Qualcuno potrebbe sospettare che la voglia di Cisl nasca dalla ricerca di protezione nella corsa al posto. “Noi rifuggiamo dalle pratiche clientelari”, taglia corto Antonio Borrelli, delegato Fim-Cisl da 19 anni. E quelli della Fiom invece ti spiegano che, se c’è una sigla in grado di tutelare la posizione personale dei suoi iscritti, è quella del Fismic, autentico sindacato aziendalista, da sempre quello con più adesioni a Pomigliano. E che, se qualcuno si è iscritto alla Cisl per salvare il posto, potrebbe rimanere deluso. Anche perché, si scopre a forza di chiacchierare ai cancelli, per la Fiat gli operai non sono tutti uguali, e vorrebbe prendere prima quelli bravi, possibilmente senza tessere. Dice uno di loro, che non vuol dire come si chiama: “Siamo i pionieri di Fabbrica Italia, vero? Dammi retta, entro sei mesi ci scanneremo. Tra noi”.


Nessun commento: