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ROMA – La manovra economica del governo potrebbe costare ai cittadini italiani, solo per la Sanità, 500 euro all'anno. Questa e' l'ipotesi più probabile se, come appare da una prima lettura del testo, i finanziamenti per il settore diminuiranno di 10 miliardi in tre anni. A fare i calcoli è Federico Spandonaro, coordinatore Ceis Sanità della facoltà di Economia dell'Università Tor Vergata di Roma.
''Secondo la manovra – spiega Spandonaro al quotidianosanità.it – il finanziamento pubblico della Sanità dovrebbe aumentare dello 0,5% per il prossimo anno e del 1,4% in quelli seguenti con una media per il biennio 2013-2014 dello 0,9%''.
Un aumento che di fatto costituisce un ''taglio'': ''basta confrontare questi dati – sottolinea – con le previsioni di crescita del Pil, che il Governo stima fra il 3,1% e il 3,4% annuo, da qui al 2014. Quindi per la sanità pubblica si configura una recessione''.
Già dalle percentuali, rileva Spandonaro, ''è facile convincersi che alla Sanità si chiede un contributo rilevante al risanamento della finanza pubblica: il ''taglio'' è di circa il 1,7% annuo e, cosa ancora più rilevante, inferiore dello 0,6% della crescita reale per il 2013 e 2014'':
Il finanziamento pubblico della Sanità che ''è stato congelato al 6,7% del Pil da alcuni anni, in particolare si ridurrebbe – sottolinea l'economista – giungendo al 6,3% nel 2014. Affinché l'impatto sulle famiglie fosse nullo, la spesa sanitaria si dovrebbe ridurre di una somma di circa 10 miliardi di euro da qui al 2014, ovvero oltre il 6% circa di tutta la spesa sanitaria pubblica e privata attuale''.
A dimostrazione della rilevanza della manovra sul fronte sanitario, secondo l'economista, c'è una considerazione: ''affinché la manovra non comporti un impatto sulle famiglie, si allargherebbe in modo sostanzialmente inspiegabile il divario di spesa sanitaria fra l'Italia e gli altri Paesi Europei. Rispetto ai Paesi ricchi si raddoppierebbe il gap attuale, che vede la spesa sanitaria italiana già significativamente inferiore alla media di quei Paesi.
Ma che la spesa pubblica possa ridursi in modo così significativo rispetto al Pil, in controtendenza con gli andamenti internazionali, osserva Spandonaro, ''appare lecito dubitare: appare piu' probabile che i cittadini debbano mettersi le mani in tasca per pagare maggiori ticket (che infatti vengono aumentati), maggior prestazioni private e, infine, per pagare con tasse regionali i disavanzi''. Per mantenere i livelli di spesa sanitaria (pubblica e privata) attuali che si attestano a circa il 9% del Pil, quindi, le famiglie direttamente e indirettamente dovranno sborsare circa 10 miliardi, ovvero circa 500 euro annui a nucleo familiare.
A pagare il conto, rileva l'economista, saranno ''certamente i cittadini del meridione e del Lazio, Regioni dove si concentrano i disavanzi e quindi dove maggiore dovra' essere il prelievo compensativo. Per la restante parte, quella delle compartecipazioni, il rischio e' che il federalismo comportera' di nuovo che il maggiore onere relativo sia i cittadini piu' poveri, ovvero ancora quelli meridionali
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