sabato 9 febbraio 2013

Immaginate una fabbrica con centinaia di
migliaia di operai. Che ci lavorano, ci mangiano,
ci dormono. Tecnologia avanzatissima e condizioni
di lavoro arretratissime. Così si producono
tablet, palmari e telefonini. In Cina, per l’intero
Occidente.
Il 17 marzo del 2010, non riuscendo a ottenere
lo stipendio, Tian Yu, 17 anni, salta giù dal
tetto del dormitorio della Foxconn di Longhua
(Shenzhen), rimanendo paralizzata. Con
l’aiuto di persone sensibili e generose è riuscita
a tornare al paese d’origine, riscoprendone
la bellezza.
Ci racconta che prima di lavorare, non aveva
idea di cosa fosse la vita in fabbrica, pensava
solo di andarci per fare esperienza. Aperta,
spensierata, sorridente quando è entrata, dopo
un mese alla Foxconn di Shenzhen salta giù.
Non aveva saputo nulla degli altri operai che
prima di lei si erano uccisi. Ma come è potuto
accadere che una ragazza così vivace commettesse
un tale gesto? Non vuole rispondere a
questa domanda. Non conosceva nessuno lì e
non vuole sapere niente dell’attuale situazione
alla Foxconn. Di quel posto non vuole parlare,
nonostante su Weibo abbia scritto «dovessi
costruire una fabbrica, la farei diversa dalle
altre, dove non è consentito parlare, dove il
controllo è severo. Gestirei le cose con umanità
perché chi produce fosse felice, senza pressioni.
Perché venisse al lavoro contento e contento
se ne tornasse a casa».
Ottobre 2010. Alle assunzioni della Foxconn
di Zhengzhou (Henan), un ragazzo di 20 anni
arriva per il colloquio. Viene rifiutato, perché gli
vedono ai polsi delle cicatrici e pensano
a tendenze autolesioniste. In quel
periodo c’erano già stati dieci suicidi
consecutivi di operai saltati dal
tetto (a Shenzhen). Un mese dopo
riprova il colloquio e passa. Forse
stavolta non gli hanno visto i polsi
o forse non ci hanno voluto far
caso. I requisiti per l’assunzione in
realtà non sono molto alti. Nessuna
richiesta riguardo al livello culturale, si
indaga solo sul far di conto e sulla conoscenza
dell’alfabeto inglese. Col vestito nuovo da
lavoro, con altri 60 compagni va alla Foxconn di
Shenzhen per il corso di formazione, che in
realtà è già lavoro, forse perché la Foxconn ha
semplificato ulteriormente il lavoro e dunque
non c’è bisogno di alcuna conoscenza e preparazione
particolare. Bisogna solo ripetere pochi
e semplici gesti. È rimasto 6 mesi a Shenzhen,
dopo l’apertura della Foxconn di Zhengzhou è
tornato lì a lavorare. Era capo di una catena di
montaggio. Anche se ha lasciato il lavoro,
non vuole si faccia il suo nome.
«Dopo che sono andato a Shenzhen,
ho sentito una forte e indescrivibile
pressione. Ogni giorno 8
ore di lavoro, ma poi c’è lo straordinario.
Spesso arrivi a 12 ore giornaliere.
Per raggiungere la produzione
richiesta, la catena è veloce. Non
puoi sederti per 12 ore, i piedi si
gonfiano».
Due palazzi per i dormitori, tre o
quattromila operai. Ogni camera ha 8
operai, con letti a castello. I compagni di came-
ra non sono gli stessi del reparto, a volte non
fanno nemmeno lo stesso tipo di lavoro. Alcuni
fanno il turno di notte, altri di giorno, rari i
contatti.
Con alcuni arrivi a non parlare mai per 4 o 5
mesi. Le porte delle camere si susseguono.
Finito il lavoro nessuno
entra nelle
camere altrui per
paura dei sospetti
sulle cose perse o
rubate. Giochi e
chiacchiere in rete
sembrano essere
le uniche attività
del tempo libero.
«In rete puoi fare
amicizia, sfogarti,
ma con le persone
che hai accanto
c’è poco scambio
».
Le finestre hanno tutte una rete metallica e
al di sotto c’è una rete anti-suicidi. Questi operai
dell’Henan hanno sentito dei suicidi alla
Foxconn, ma non ci fanno troppo caso. Dopotutto
ci sono decine di migliaia di operai, se
accade qualcosa in mezzo a tutta questa massa
di gente, è difficile che possa toccarli da vicino.
Alla catena gli operai si alternano per mangiare,
ma le macchine non mangiano, quanto
devono produrre tanto producono. Finito di
mangiare non c’è nemmeno il tempo di respirare
e di nuovo si torna alla catena, per recuperare
il tempo perso. Oltre alla pausa per mangiare,
se un operaio si allontana dalla catena
deve segnalarlo e non può assentarsi per più di
5 minuti. Alcuni maschi si nascondono nei
bagni a fumare, ma se ti beccano sei espulso.
Le punizioni si suddividono in tre tipi: monito,
infrazione grave, espulsione. Due moniti
sono un’infrazione grave, due infrazioni gravi
portano all’espulsione. Prima di dimettersi a
luglio, il ragazzo aveva subìto una punizione.
Doveva tornare a casa e aveva chiesto a un
compagno di sostituirlo. Il capo reparto si era
opposto. Stavano per essere espulsi tutti e due
ma decisero di andare dal superiore che abbassò
la punizione a un monito. Il loro capo però
non prese bene la faccenda e retrocesse il
nostro operaio da capo della catena alla mansione
di pulitura dei prodotti, cioè alla fine
della catena. Se ne andò dopo un mese, «ero
troppo depresso» dice. Ha poi trovato lavoro in
un’altra piccola fabbica di Zhengzhou ma
come commesso. Tutto il giorno su e giù, a contatto
con le persone. È abbastanza soddisfatto.

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