sabato 9 febbraio 2013

Chissà se Sergio Marchionne, Mario Monti
e Giorgio Squinzi seguono le vicende
cinesi? Da attenti uomini d’impresa e di
governo dovrebbero appassionarsi per ciò che
accade “nell’officina del mondo”. Ma forse sono
troppo occupati a fare mobbing e discriminare
19 operai di Pomigliano, predicare più flessibilità,
fare accordi separati, negare la democrazia
in fabbriche e uffici, per accorgersi che persino
la direzione di una delle fabbriche più produttive
(e grandi) del mondo ha dovuto accettare di
dare il diritto di voto ai propri dipendenti. Non
è una fabbrica qualsiasi. Si tratta della Foxconn,
colosso taiwanese che assembla in stabilimenti
cinesi telefonini, tablet e altre diavolerie informatiche
che invadono il mondo. Lì un milione
di operai lavorano e vivono in condizioni per
noi impensabili, come potete leggere nell’inchiesta
pubblicata alle pagine 4 e 5 di questo
giornale. Eppure persino lì, dopo decine di suicidi
disperati e rivolte operaie, nell’autoritaria
Cina, i lavoratori hanno conquistato il diritto di
voto e potranno eleggere direttamente i loro
rappresentanti. Chissà se Marchionne, Monti e
Squinzi pensano che democrazia e diritti in fabbrica
siano solo delle cineserie?

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