Mentre in Italia sembra che esistano solo Ruby e il bunga bunga di Berlusconi, in realtà il mondo si muove e anche il nostro Paese cambia o cerca di cambiare, nella distrazione generale. Cambiare non vuol dire necessariamente in meglio così come il meglio per una parte dei cittadini sia meglio anche per altre parti, che quello che va bene per le aziende sia un bene assoluto e comunque qualche approfondimento preventivo può evitare amare sorprese dopo.
I sindacati dovrebbero avere imparato a loro spese la lezione di quanto possa costare ai lavoratori il fatto che i loro vertici si occupino d’altro in momenti cruciali, come è avvenuto nel caso della Fiat e dell’espansionismo internazionale di Sergio Marchionne. Invece ora anche la nuova segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, pontifica su Ruby e le puttane, partecipando al milionesimo comnvegno sulla condizione femminile. Ma nel frattempo il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che sarebbe la controparte istituzionale delle Organizzazioni sindacali, fa dichiarazioni molto più importanti per i lavoratori e anche le lavoratrici italiani di quanto non siano le sprezzanti parole della Camusso sui rapporti sessuali tra un arzillo vecchietto come Berlusconi e una ardita minorenne come Ruby.
Sacconi, negli ultimi giorni ha fatto due uscite con giornali milanesi, il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore. Nelle due interviste ha toccato due temi di una certa portata, anzi da prima pagina, la partecipazione agli utili da parte dei dipendenti di un’impresa e la riforma dello Statuto dei lavoratori. Non sono novità assolute ma non sono cose da prendere sotto gamba.
Sulla partecipazione agli utili c’è una importante evoluzione rispetto alle enunciazioni di oltre un anno fa di Giulio Tremonti, tanto demagogiche quanto irrealizzabili. Ora Sacconi dice a Sergio Rizzo che per la partecipazione agli utili “non servono leggi”.
Dice Sacconi: “Il vecchio compromesso, fondato sull’ideologico controllo sociale della produzione, prevedeva bassa produttività in cambio di bassi salari. Con la conseguenza, per le operaie e gli operai, di poter organizzare il tempo di non lavoro per le esigenze di famiglia o per una fonte di reddito complementare. I moduli di lavoro sono quindi stati rigidi e non adatti alla piena utilizzazione degli impianti quando lo richiedeva il mercato. Oggi è invece fondamentale la capacità di adeguare rapidamente il modello di produzione per utilizzare sempre al meglio gli impianti. Anche se questo cambia radicalmente l’organizzazione della vita” .
Quindi, “il compromesso bassa produttività, basso salario [...] si deve ribaltare in alta produttività, alto salario. E quindi maggiore partecipazione: si condividono le fatiche, si condividono anche i risultati. Come già accade nella piccola impresa, anche nella grande dimensione sono possibili accordi tali da formalizzare la partecipazione dei lavoratori financo agli utili”.
Qui il punto importante: “Non occorrono leggi, basta la buona volontà di manager illuminati e sindacati cooperativi. Se vogliamo mantenere in Italia le grandi imprese, magari far tornare pure la grande chimica o consolidare siderurgia e cantieristica, dobbiamo agire su queste leve. Cercando di superare le rigidità del conflitto”
Intervistato dal Sole 24 ore, va oltre.
Il contratto aziendale: “non solo è equiordinato a quello nazionale, ma ne è per certi versi sovraordinato perché è più prossimo ai lavoratori. [...] Non è tanto deroga al contratto nazionale ma legittima uscita da esso che sarà sempre più cornice essenziale. Nella dimensione aziendale, proprio in ragione della prossimità, si producono accordi che definiscono un migliore equilibrio di dare e avere tra le parti”. il governo in questa fase nuova?
Il governo: “ha messo a disposizione delle parti una serie di strumenti molto ampia in chiave di giusta sussidiarietà. Meno legge e più contratto: detassazione del salario di produttività, dotazione straordinaria di ammortizzatori sociali come i contratti di solidarietà o la cassa integrazione”.
Statuto dei lavoratori: “la bozza di statuto dei lavori è stata rimessa all’intesa tra le parti sociali perché la sua principale innovazione dovrebbe consistere nella identificazione di un’area normativa dell’attuale statuto che le parti potrebbero liberamente adattare nelle diverse aziende o nei territori”.
Ora appare più vicino l’avviso comune sullo Statuto dei lavori: ”si può andare avanti e fare di più anche rispetto allo stesso pur coraggioso accordo del 2009. Rappresentanza, partecipazione, statuto dei lavori, la stessa definizione dei modi di promozione dello sciopero per isolare l’abuso di minoranze estreme, possono dare luogo ad accordi e, solo ove le parti lo richiedano, a mirati interventi legislativi. Ma meno legge più contratto, anche per non sollecitare la via giudiziaria in luogo di quella negoziale”.
Il compagno Sacconi: ”Ora possiamo procedere a una manutenzione straordinaria del patto su base tripartita, cioè istituzioni e parti sociali. E il governo accetterà di coinvolgere le parti nello stretto monitoraggio degli investimenti pubblici o di pubblico interesse, diretti o indiretti, nell’energia, nelle infrastrutture, realizzati anche dai concessionari o dai licenziatari: dalle autostrade alle telecomunicazioni. Per non parlare della riforma fiscale a valle del federalismo”.
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