martedì 25 gennaio 2011

La loro ignoranza non ha limiti: lo votano poi mi mandano via email battute/iniziative di Beppe Grillo contro di Lui/sistema......Ma lo sanno cosa fanno quando sono in cabina elettorale o ci vanno così per farsi vedere ? Come quelli che vanno in chiesa poi si disinteressano dei propri figli. Boh ?

Mentre in Italia sembra che esistano solo Ruby e il bunga bunga di Berlusconi, in realtà il mondo si muove e anche il nostro Paese cambia o cerca di cambiare, nella distrazione generale. Cambiare non vuol dire necessariamente in meglio così come il meglio per una parte dei cittadini sia meglio anche per altre parti, che quello che va bene per le aziende sia un bene assoluto e comunque qualche approfondimento preventivo può evitare amare sorprese dopo.

I sindacati dovrebbero avere imparato a loro spese la lezione di quanto possa costare ai lavoratori il fatto che i loro vertici si occupino d’altro in momenti cruciali, come è avvenuto nel caso della Fiat e dell’espansionismo internazionale di Sergio Marchionne. Invece ora anche la nuova segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, pontifica su Ruby e le puttane, partecipando al milionesimo comnvegno sulla condizione femminile. Ma nel frattempo il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che sarebbe la controparte istituzionale delle Organizzazioni sindacali, fa dichiarazioni molto più importanti per i lavoratori e anche le lavoratrici italiani di quanto non siano le sprezzanti parole della Camusso sui rapporti sessuali tra un arzillo vecchietto come Berlusconi e una ardita minorenne come Ruby.

Sacconi, negli ultimi giorni ha fatto due uscite con giornali milanesi, il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore. Nelle due interviste ha toccato due temi di una certa portata, anzi da prima pagina, la partecipazione agli utili da parte dei dipendenti di un’impresa e la riforma dello Statuto dei lavoratori. Non sono novità assolute ma non sono cose da prendere sotto gamba.

Sulla partecipazione agli utili c’è una importante evoluzione rispetto alle enunciazioni di oltre un anno fa di Giulio Tremonti, tanto demagogiche quanto irrealizzabili. Ora Sacconi dice a Sergio Rizzo che per la partecipazione agli utili “non servono leggi”.

Dice Sacconi: “Il vecchio compromesso, fondato sull’ideologico controllo sociale della produzione, prevedeva bassa produttività in cambio di bassi salari. Con la conseguenza, per le operaie e gli operai, di poter organizzare il tempo di non lavoro per le esigenze di famiglia o per una fonte di reddito complementare. I moduli di lavoro sono quindi stati rigidi e non adatti alla piena utilizzazione degli impianti quando lo richiedeva il mercato. Oggi è invece fondamentale la capacità di adeguare rapidamente il modello di produzione per utilizzare sempre al meglio gli impianti. Anche se questo cambia radicalmente l’organizzazione della vita” .

Quindi, “il compromesso bassa produttività, basso salario [...] si deve ribaltare in alta produttività, alto salario. E quindi maggiore partecipazione: si condividono le fatiche, si condividono anche i risultati. Come già accade nella piccola impresa, anche nella grande dimensione sono possibili accordi tali da formalizzare la partecipazione dei lavoratori financo agli utili”.

Qui il punto importante: “Non occorrono leggi, basta la buona volontà di manager illuminati e sindacati cooperativi. Se vogliamo mantenere in Italia le grandi imprese, magari far tornare pure la grande chimica o consolidare siderurgia e cantieristica, dobbiamo agire su queste leve. Cercando di superare le rigidità del conflitto”

Intervistato dal Sole 24 ore, va oltre.

Il contratto aziendale: “non solo è equiordinato a quello nazionale, ma ne è per certi versi sovraordinato perché è più prossimo ai lavoratori. [...] Non è tanto deroga al contratto nazionale ma legittima uscita da esso che sarà sempre più cornice essenziale. Nella dimensione aziendale, proprio in ragione della prossimità, si producono accordi che definiscono un migliore equilibrio di dare e avere tra le parti”. il governo in questa fase nuova?

Il governo: “ha messo a disposizione delle parti una serie di strumenti molto ampia in chiave di giusta sussidiarietà. Meno legge e più contratto: detassazione del salario di produttività, dotazione straordinaria di ammortizzatori sociali come i contratti di solidarietà o la cassa integrazione”.

Statuto dei lavoratori: “la bozza di statuto dei lavori è stata rimessa all’intesa tra le parti sociali perché la sua principale innovazione dovrebbe consistere nella identificazione di un’area normativa dell’attuale statuto che le parti potrebbero liberamente adattare nelle diverse aziende o nei territori”.

Ora appare più vicino l’avviso comune sullo Statuto dei lavori: ”si può andare avanti e fare di più anche rispetto allo stesso pur coraggioso accordo del 2009. Rappresentanza, partecipazione, statuto dei lavori, la stessa definizione dei modi di promozione dello sciopero per isolare l’abuso di minoranze estreme, possono dare luogo ad accordi e, solo ove le parti lo richiedano, a mirati interventi legislativi. Ma meno legge più contratto, anche per non sollecitare la via giudiziaria in luogo di quella negoziale”.

Il compagno Sacconi: ”Ora possiamo procedere a una manutenzione straordinaria del patto su base tripartita, cioè istituzioni e parti sociali. E il governo accetterà di coinvolgere le parti nello stretto monitoraggio degli investimenti pubblici o di pubblico interesse, diretti o indiretti, nell’energia, nelle infrastrutture, realizzati anche dai concessionari o dai licenziatari: dalle autostrade alle telecomunicazioni. Per non parlare della riforma fiscale a valle del federalismo”.

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Fiom. Maurizio Landini: Sciopero generale 28 gennaio 2011

Antonio Albanese: il primo comizio di Cetto Laqualunque

VAURO - ANNOZERO "Il fidanzato d'Italia" - 20/01/2011

Notiziario del lavoro - 21 Gennaio 2011

Antonio Albanese : Lu pilu , un nuovo partito - Cetto Laqualunque a Che ...

MARCO TRAVAGLIO - ANNOZERO "Il fidanzato d'Italia" - 20/01/2011

Il Washington Post incorona Vendola: "Può dare un calcio a Berlusconi e mandarlo via. Molti italiani sperano in lui

"Nichi Vendola, l'uomo che qualcuno in Italia chiama l'Obama italiano". E' il titolo del lungo profilo, a tutta pagina, che il Washington dedica al governatore della Puglia. L'articolo, ad opera di uno dei suoi inviati di punta, Jason Horowitz, è richiamato in prima pagina del dorso 'Style' (vai all'articolo).

Accanto alla foto di Michelle Obama in rosso alla cena con Hu Jintao, compare l'immagine di Vendola avvolto in una sciarpona viola. Accanto, il titolo del richiamo è 'Putting the boot to Berlusconi, un gioco di parole che indica letteralmente 'dare un calcio a Berlusconi', ma anche 'prendere lo 'stivalè e quindi l'Italia dalle mani di Berlusconì. Sottotitolo: "Un governatore comunista diventa l'inatteso rivale del leader italiano ancora in trincea".

"Molti italiani frustrati dal governo - scrive Horowitz - sperano in questo poeta comunista cattolico e gay. E incredibilmente, Vendola è nelle condizioni di poter diventare il prossimo presidente del Consiglio. La sua ascesa, da governatore della Puglia a fenomeno nazionale, ha coinciso con quello che sembra il crescente declino di Berlusconi".

Poi cita una frase del leader di Sel: "Siamo nella sala d'aspetto. Vedo nel pancione dell'Italia la creatura dell'alternativa che è pronta per nascere. E io come un ostetrico voglio aiutarla a vedere la luce". Infine racconta di aver vissuto con Vendola il giorno dei gravi incidenti che hanno sconvolto Roma. "Quando ci siamo avvicinati a Palazzo Chigi, Vendola mi ha detto: 'Il peggio dell'Italia è dentro quel Palazzo, la parte migliore è fuori".

Come un fulmine a ciel sereno è piombato oggi un annuncio di Pietro Ciucci, presidente dell'Anas: "Un primo tratto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e il Grande raccordo anulare di Roma dovrebbero essere compresi nella lista delle tratte di strade e autostrade Anas a pedaggio". Inoltre ha annunciato che presto ci sarà un decreto del governo che metterà pedaggi su 1200 dei 1300 chilometri gestiti dall'Anas. Una prima tranche di pedaggi sarà attivata a partire dal primo maggio.

Queste dichiarazioni hanno sollevato l'ira del Presidente della Provincia di Roma, Luca Zingaretti - subito seguito dal Sindaco di Roma Gianni Alemanno - che ha dichiarato la sua opposizione a qualsiasi pedaggio sulla circonvallazione romana e ha minacciato ricorso al Tar, nel caso il progetto diventasse realtà, come già fatto nell'estate del 2010. Anche il Codacons è della stessa opinione e ha minacciato il ricorso ai tribunali. Federconsumatori ed Adusbef mettono l'accento sul fatto che trasformare una arteria di grande traffico come la Salerno-Reggio Calabria in una strada a pagamento avrebbe serie ripercussioni sul costo del trasporto e quindi aumenterebbe l'inflazione.

Dopo alcune ore, sulla vicenda è intervenuto il Ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, che in una nota ha smentito Ciucci: "Sul pedaggiamento di alcune tratte autostradali gestite da Anas è in corso un approfondimento, tenendo conto anche delle istanze degli enti locali e in particolare di coloro che utilizzano le autostrade con frequenza, per motivi di lavoro o per collegamenti nell'ambito urbano. Dopo questa fase si procederà a redigere il testo definitivo del Decreto del presidente del consiglio che in atto è in elaborazione". Se solo si mettessero d'accordo...

Il silenzio vale più di mille parole
Il mondo stà andando a puttane....solo a Lui piace questo momento particolare

Rocco

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Il CORAGGIO è resistenza alla PAURA

Per decenni le trasmissioni del Cavaliere sono state invase da donne seminude e culi in evidenza. Già allora, Berlusconi utilizzava quei programma come bacino per allietare le proprie serate

Un momento della trasmissione "Drive In" in onda dal 1983 al 1988 su Italia 1

Solo quando gli dei stanno cadendo si viene a sapere dei loro vizi e delle loro ignobili debolezze. Così grazie al Rubygate finalmente si iniziano a capire alcuni meccanismi che hanno fatto del berlusconismo un’egemonia. Per decenni le sue televisioni sono state invase da donne seminude e culi in evidenza. Non c’era trasmissione – politica, sportiva, comica, d’intrattenimento, – che non ne avesse almeno una da mostrare al pubblico. Tanto che alla fine ci siamo abituati, sembrava persino naturale. “Gli italiani lo vogliono, altrimenti cambierebbero canale”, dicevano i tromboni.

Be’, non era proprio così. Lo voleva Silvio, e ora si capisce per quale fine. Forse tutto comincia con Drive In, la trasmissione comica della domenica sera (inizia nel 1983). È la risposta a Non stop, programma di mamma Rai, se non per una cosa: ci sono donne sexy che inutilmente animano gli stacchi tra una pubblicità e l’altra. Non fanno altro, passeggiano. Ebbene, è del 1986 un’intercettazione in cui Silvio si lamenta con Dell’Utri. È l’ultimo giorno dell’anno, ma lui pare furente. “Iniziamo male l’anno”, dice. E l’altro, che forse pensa a una bomba: “Perché?” “Perché dovevano venire due di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!” Dell’Utri capisce che non si sta parlando di comici. Risponde: “Ma che te frega?” E Silvio, come se fosse ovvio: “Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l’anno, non si scopa più!”

È a quei tempi che il meccanismo comincia a oliarsi. Fornire donne al tycoon, riempirgli le serate. Meglio se tante, così da poter scegliere come in un harem. È il modello che Veronica Lario qualche anno più tardi descriverà con la metafora “figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo”. È il modello che Boncompagni s’appresta a portare in televisione. Nel 1991. La trasmissione si chiama Non è la Rai. Va in onda dopo pranzo, ed è vista soprattutto da un pubblico di adolescenti. Ciò nonostante si vedono ragazzine che si buttano in piscina e ballano e cantano. Solo femmine, niente maschi. Tutte magre, tutte Lolite. Fanno a gara a mettersi in mostra, è chiaro, perché loro sono tante mentre l’obiettivo della telecamera soltanto uno. Fanno le civettuole, anche se molte non solo altro che bambine. A guidarle Ambra Angiolini, una ragazzina che viene imbeccata da Boncompagni frase per frase. Una ragazzina che pensa con la testa di un sessantenne. Infatti è ammiccante. Per gli adolescenti alla visione (che ora hanno trenta, quarant’anni) quelle immagini di ragazzine che sgomitano per farsi vedere trasmettono un messaggio devastante: apparire invece di valere; essere comprati invece di emanciparsi. Ma nessuno si preoccupa. Siamo ancora all’edonismo spensierato e qualunquista degli anni Ottanta. La crisi è lontana. E i bamboccioni devono crescere senza pensare.

Ma torniamo al “meccanismo Drive In”. Una volta avviato, comincia a ingrossarsi. Allora, sempre stando alla procura di Milano, la ricerca spasmodica di nuovo materiale viene affidata a personaggi come Lele Mora, Emilio Fede (e chissà chi altri). Uomini dello spettacolo, dunque capaci di orientare i format delle trasmissioni di successo. Non a caso quelle con culi e gambe in mostra si moltiplicano. E a tutte le ore. È il cosiddetto velinismo, ossia la quintessenza del maschilismo e della mercificazione del corpo femminile. La donna non è più nemmeno oggetto, ma gradevole soprammobile; fa la passacarte e soprattutto non parla mai. In un certo senso, rappresenta la donna perfetta secondo i gusti dell’uomo sessantenne: possiede la rassegnazione di quella di una volta e il corpo di una ragazzina di oggi. È in quel momento che il modello “vergini che si offrono al drago” assurge a sistema. E da sistema si fa costume. In cambio delle prestazioni si offrono soldi e comparsate nelle trasmissioni. E siccome il talento va speso nell’ars amatoria, le qualità per accedere al mondo dello spettacolo vengono annullate. Basta mostrare le proprie bellezze. Alla Fattoria, al Grande Fratello, all’Isola dei Famosi, ma anche a Camera Café e a Colorado Café. Infine la politica. Anch’essa da offrire come ricompensa insieme all’alloggio nel residence Dimora Olgettina (come capita a Nicole Minetti). Se Frank Zappa diceva che la politica è il ramo dell’industria dedicato all’intrattenimento, in Italia è per l’intrattenimento del drago.

Ricordiamoci come finisce la telefonata tra Berlusconi e Dell’Utri, quella del 1986. Perché lì è già contenuto quel modo di pensare che, gramscianamente, sarebbe poi diventato egemone nel paese, trasmissione dopo trasmissione, bunga bunga dopo bunga bunga. Infatti, dopo che Silvio si è raccomandato – “le tette siano tette!” – i due si salutano con rispetto. Come? Dicendo: “Un abbraccio, anche a Veronica. Ciao!” “Anche a te e tua moglie, ciao!”. Certo, perché le madri dei loro figli non sono mica donne da Drive In. Ebbene, è questa la mentalità che un’accolita di anziani maschilisti, allupati e di cattivo gusto ha trasmesso al paese, stravolgendone per sempre i costumi. E tutto per il diletto personale del drago. Quanti anni ci metteremo a superare questo modo di vedere il sesso, le donne e i giovani; e che impatto avrà avuto sulle generazioni che sono vissute esclusivamente nella bolla berlusconiana? E quanto ci metteranno le donne a recuperare il tempo perduto? Si ha l’impressione che, quando il Berlusconi politico sarà venuto meno, ci sarà molto da lavorare.

L'affondo di Sabina Guzzanti sulla Carfagna

Maurizio Crozza a Ballarò del 18 Gennaio 2011

FIAT: LANDINI, DOPO MARCHIONNE CI PROVERÀ FINCANTIERI SIAMO PRONTI A FAR CAUSA SIA A MIRAFIORI CHE A POMIGLIANO

Altri «casi Mirafiori» all'orizzonte non ce ne sono, però «Fincantieri è uscita da Confindustria a Genova e Gorizia. Il significato di questa operazione non è ancora chiaro, ma fatta in questo momento è una cosa sospetta». A lanciare l'allarme è il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, che, intervistato dal Secolo XIX, si dice pronto a «fare causa sia a Mirafiori che a Pomigliano». «Il sindacato, spiega Landini, » punterà sul diritto di sciopero, la non applicazione del contratto nazionale, il fatto che i lavoratori non hanno diritto di eleggere la propria rappresentanza e il fatto che siamo di fronte, sia a Pomigliano che a Mirafiori, al trasferimento di impresa con la nascita della nuova società. Su questo versante ci sono una serie di problemi sia per la legislazione italiana che per quella europea«. Sulla rappresentanza, »non è Marchionne che decide se la Fiom esiste o meno«, sottolinea Landini. »I lavoratori Fiat iscritti al nostro sindacato entrano, lavorano e fanno tutto quello che c'è da fare contro un accordo illegittimo«. Il leader sindacale definisce »una frase non saggia« quella del ministro Sacconi, secondo cui la vertenza Fiat non sarà riaperta. »Vedremo cosa fare: del resto pare che il consenso dentro le fabbriche la Fiat non ce l'abbia. Se poi si vuol mantenere questo regime autoritario e militaresco... ma non mi pare utile per lo sviluppo

Campagna TV Forum Nucleare Italiano

Il contro-spot antinucleare (7 gennaio 2011)

Energia nucleare?No Grazie.Contro la Campagna TV del Forum Nucleare Ital...

LUCIANA LITTIZZETTO a Che tempo che fa - RUBY E BERLUSCONI

Chi LOTTA può PERDERE..Chi non LOTTA ha già PERSO
Ieri a Mirafiori è andata in scena l'ennesima farsa organizzata dai padroni, si è chiesto ad alcuni lavoratori di scegliere tra un peggioramento delle condizioni lavorative e perdere il lavoro mentre ad altri lavoratori di scrgliere tra mantenere lo stesso tipo di lavoro e perderlo dopodichè le scelte sono state combinate tra di loro e il risultato è stato propinato ai media in modo indifferenziato. Ma io voglio ringraziare tutti coloro che hanno detto : "la mia dignità non è in vendita, mi può essere estorta ma non la vendo". Grazie compagni voi avete fatto il vostro da oggi continuamo noi la lotta. W LA FIOM

Fiat - La busta paga di Marchionne - Gianni Dragoni - Mirafiori - Cadoin...

Fiat. A Mirafiori ha vinto il si, operai a 90°....forse in segno di prot...

video aperto a 2325 operai fiat: Grazie ! Referendum Mirafiori

Sabato 15 Gennaio 2011 Mirafiori. Vincono i "sì" ma è testa a te

TORINO - Ha vinto il sì. Ma la notte più lunga di Mirafiori, quella del referendum sul piano-Marchionne, è stata un vero e proprio testa a testa. Come in una lunga, estenuante partita di poker, i seggi sono stati 'spillati' uno ad uno. A decidere, a mettere a segno l'allungo decisivo per il sì, è stato il seggio 5, quello dei 449 impiegati.

Prima, nel count down iniziato con il seggio 9, il no era riuscito non solo a resiste, ma addirittura a segnare un certo vantaggio: i reparti del montaggio, roccaforti della Fiom, avevano risposto. Al voto, iniziato col turno delle 22.00 di giovedì, hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,2% degli aventi diritto. E il sì ha vinto con 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare no sono stati invece in 2.325 (45,95%), mentre le schede nulle e bianche sono state complessivamente 59. Questi i numeri ufficiali della commissione elettorale, dopo una nottata in cui le cifre diffuse hanno continuato a cambiare. Un'affluenza record che la dice lunga su quanto il referendum fosse sentito dal 'popolò di Mirafiori. Il cancello 'duè, simbolo di questa 2 giorni di passione per lo stabilimento storico della Fiat, è stato affollato tutta la notte da operai, militanti sindacali degli opposti schieramenti, ex dipendenti, giornalisti, fotografi e troupe televisive. «Il clima in fabbrica è tranquillo e disteso - ha detto uno degli operai più anziani uscendo dal turno cominciato al pomeriggio - e il voto si è svolto con lunghe code, ma in tranquillità». Ma nessuno, uscendo dalla fabbrica, aveva molta voglia di parlare. Il fronte del no ha retto per i primi 4 seggi: il 9, primo del montaggio; l'8, quello della 'ricontà; e il 7 e il 6, sempre del montaggio. Poi il sorpasso del sì, con un plebiscito dei colletti bianchi a favore del piano: 421 voti a favore e solo 20 contrari. In altalena, con lieve predominanza dei sì, lo spoglio dei seggi restanti. Fino all'ultimo, che ha segnato la vittoria ai punti: impossibile per il fronte del no recuperare lo svantaggio. Ma lo scarto, nel voto operaio, è stato solo di 9 punti. Nella lunga nottata di Mirafiori (dove alcuni militanti del no a volto coperto hanno bruciato bandiere dello schieramento avverso) non è mancato nemmeno un piccolo 'giallò, che ha coinvolto il seggio 8, dove la scomparsa di 58 schede ha costretto la commissione elettorale e congelare prima e ricalcolare poi il voto. Anche la fase finale dello spoglio, a vittoria del sì già acquisita, ha avuto attimi di confusione: l'esultanza rumorosa di un membro Fismic della commissione, ha causato infatti una lite con tanto di spintoni. Un rappresentante Fiom ha avuto un malore si è dovuto chiamare una ambulanza per soccorrerlo. Poi, alle 6.00 di questa mattina, proprio mentre gli operai del turno di notte lasciavano lo stabilimento, che oggi non vedrà nessuno al lavoro, l'esito finale: vittoria del sì.

Volantino FIOM

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Ho votato "si" piangendo

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Maurizio Crozza Ballarò 11 01 2011 1/11

BERLUSCONI, SE PASSA'NO'MOTIVI PER LASCIARE ITALIA - Nel caso in cui il referendum bocciasse l'intesa raggiunta "le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, commentando l'accordo raggiunto tra Fiat e sindacati. (Ansa)

Mai che la lasci TU

Il Nuovo che avanza: Italia, classe Operaia 2015

Mirafiori & C. Ecco come saremo prossimamente in Italia

Mirafiori, Fiom accusa l'azienda
"Pressioni sugli operai per votare sì"

Confermate le date del referendum, ma si riaccende la polemica. La Fiat ferma la produzione e convoca i lavoratori a gruppi per spiegare l'accordo e sollecitare il voto favorevole. Il sindacato delle tute blu Cgil protesta. "Mistero" sul testo finale dell'intesa. Le assemblee informative di Fim, Uilm, Fismic e Ugl si terranno fuori dalla fabbrica e dell'orario di lavoro. Marchionne: "I lavoratori abbiano fiducia"

TORINO - La Commissione elettorale, composta di soli lavoratori indicati dalle sei diverse sigle sindacali presenti in fabbrica, ha confermato ufficialmente che il referendum sull'accordo a Mirafiori si terrà domani e venerdì. La decisione supera le divisioni nate ieri davanti alla proposta di Fim e Ugl di far slittare il voto perché troppo vicino alle assemblee della Fiom, confermate per domani. Oggi Fim precisa che l'ipotesi di rinvio era stata avanzata solo per gli stretti tempi di predisposizione del voto. Intanto l'amministratore delegato Sergio Marchionne oggi non entra nelle polemiche e da Detroit si limita a dire: "Ai lavoratori di Mirafiori dico di avere fiducia nel futuro e in loro stessi. Niente altro". "Mi piacerebbe tanto - ha poi aggiunto - avere con
Landini lo stesso rapporto che ho con Bob King (capo del sindacato Usa ndr) - Mi piacerebbe davvero - ha aggiunto - perché bisognerebbe condividere il futuro con le parti sociali. Noi ci abbiamo provato".
Figuriamoci se Lui, non si schierava dalla parte di Faraonne

La schiavitù non è mai stata abolita. E' solo stata modificata.

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Lacrime

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FinCantieri

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martedì 11 gennaio 2011

Cgil e Fiom non rompono su Fiat
Camusso: "Sostegno allo sciopero"

Una riunione fiume sull'accordo separato per Mirafiori. Landini: "Continueremo a discutere". La Camusso garantisce l'impegno Cgil per la riuscita dello sciopero generale indetto dai metalmeccanici. Landini faccia a faccia con Bombassei in tv. "Firma tecnica non esiste". Bonanni: "Se vince il no, ritiro la firma"

ROMA - Tra Cgil e Fiom "non c'è nessuna spaccatura. C'è stata una discussione, rimangono delle valutazioni su quello che sarà necessario fare in futuro, ma su questo continueremo a discutere". Lo assicura il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, al termine del vertice. Da parte sua, il segretario generale Susanna Camusso dichiara che il 28 gennaio la Cgil parteciperà allo sciopero generale indetto dalla Fiom dopo la sigla separata dell'accordo sullo stabilimento Fiat di Mirafiori. "La Cgil è impegnata con la Fiom per la massima riuscita dello sciopero" aggiunge la Camusso, che sarà presente alla manifestazione che si terrà a Bologna il 27 gennaio, data anticipata per la festività del 28 in Emilia Romagna. "Il tema - aggiunge il segretario generale Cgil - non è mai stato una soluzione tecnica, ma come garantire la libertà dei lavoratori di avere un sindacato e di eleggere i propri rappresentanti".

"La valutazione con la segreteria della Fiom - prosegue Camusso - parte dalla considerazione che si continua a sostenere un piano industriale che non conosciamo, sia per quanto riguarda gli investimenti che la certezza della permanenza in Italia". Il segretario della Cgil evidenzia quindi le responsabilità del governo, che ha rivestito "il ruolo di tifoso e non di soggetto che si domanda che ruolo avere a sostegno dello sviluppo economico e industriale del Paese". Per Camusso, l'accordo di Mirafiori "non toglie alcun dubbio sulle prospettive industriali. E' un accordo che continuiamo a giudicare negativo, a cui i lavoratori dovrebbero votare no". Perché, secondo Camusso, viola due principi: la libertà dei lavoratori di scioperare e di organizzarsi sindacalmente. "La discussione continuerà dopo il referendum per trovare le iniziative più giuste".

Sulle possibili conseguenze di una vittoria del "no" al referendum sull'accordo separato allo stabilimento di Mirafiori parla anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. "Non sono un grullo come qualcuno che si è messo a fare cifre (sulle possibili percentuali di vittoria del sì) - dice Bonanni intervenendo a 'In Onda' su La7 -. Spero vinca il sì, mi affido al buon senso di chi andrà a votare. Se ce la fa il sì io sarò contento, se ce la fa il no strapperò l'accordo, toglierò la mia firma da quell'accordo. Io consiglio di sostenere il sì, perché ci interessa l'investimento". Un referendum a cui, secondo Bonanni, senza la Fiom non si sarebbe mai arrivati. "Da Pomigliano ha iniziato una escalation continua di scioperi malriusciti, uno ogni venti giorni - spiega il segetario Cisl -. Questo ha irrigidito il rapporto con l'azienda. La Fiom ha surriscaldato così tanto l'ambiente che siamo arrivati al referendum di Mirafiori. Alcuni della Fiom perseguono obiettivi politici, non sindacali".

Cgil e Fiom si ritrovano così, al termine di una riunione fiume focalizzata sulla strategia da adottare nel caso vincano i sì al referendum sull'accordo per il rilancio di Mirafiori, che le tute blu della confederazione non hanno sottoscritto. Sebbene la Camusso neghi che il tema del confronto con Fiom ruotasse intorno alla possibilità della "firma tecnica" all'accordo separato, era questa una possibilità profilata dalla Cgil alla Fiom, per assicurare alla categoria una rappresentanza sindacale, altrimenti esclusa dal contratto aziendale. Ipotesi che Landini aveva respinto prima ci cominciare, a poche ore dall'incontro tra le segreterie di Cgil e Fiom 1, intervenendo in tv alla trasmissione In mezz'ora con al fianco il vicepresidente di Confindustria, e membro del Cda di Fiat Industrial, Alberto Bombassei.

"La firma tecnica non esiste: gli accordi si firmano o non si firmano", così Maurizio Landini mette in chiaro la posizione dei metalmeccanici che dirige. "'C'è uno statuto che impedisce di firmare accordi del genere. L'incontro con la Cgil lo abbiamo chiesto noi visto che anche la Cgil considera grave l'atteggiamento della Fiat. Si deve dunque valutare l'accordo e decidere le azioni da mettere in campo in risposta. La nostra posizione è molto precisa ed è anche appoggiata da una lettera arrivata oggi dei 27 delegati della rsu della Fiom", taglia corto Landini. Che sferra un attacco all'ad della Fiat: "In Italia si vota solo quando lo decide Marchionne, sotto ricatto. La democrazia funziona solo quando lo dice Marchionne e la gente non può dire di no". Parole che provocano la reazione di Bombassei: "'Il referendum non è un ricatto e non lo decide Marchionne, ma i sindacati che hanno sottoscritto l'accordo e che per questo vanno rispettati anche dalla Fiom".

Controreplica di Landini: "Ci deve essere pari dignità tra lavoro e imprese votare sì all'accordo di Mirafiori è come se si dicesse ai cittadini di Torino di uscire dall'Italia in tempi in cui si celebrano invece i 150 dell'Unità. E' il contratto nazionale che fa l'unità del Paese". L'unica apertura del leader dei metalmeccanici della Fiom quando si dice disponibile "a riaprire le trattative per riconquistare un contratto nazionale degno di questo nome. Ci deve essere pari dignità tra lavoro e impresa perchè in un sistema democratico o c'è una mediazione tra due interessi o non c'è. E' il contratto nazionale che fa l'unità del paese: quello aziendale invece la rompe. Non solo. I contratti nazionali servono anche alle imprese per far sì che la competitività non si giochi sui diritti e sui salari".

Bombassei, invece, difende le mosse di Marchionne. "La parola deroga non significa che il contratto è peggiorativo, può anche essere migliorativo. In questo caso non c'è nessuna violazione dei diritti dei lavoratori". All'accusa di Landini che Fiat sugli accordi di fabbrica è uscita da Confindustria, Bombassei replica che "non è corretto dire che Fiat è uscita da Confindustria, in realtà, vista la riorganizzazione, non è entrata, perché sono nate due NewCo. E' una scelta tecnica, ci auguriamo sia temporanea e strumentale".
I sottoscritti lavoratori e lavoratrici del settore privato e del pubblico impiego chiedono ai sindacati la proclamazione dello sciopero generale nazionale il 28 gennaio 2011 in contemporanea con lo sciopero dei metalmeccanici indetto dalla Fiom, come prima risposta e protesta contro l’accordo di Mirafiori, se possibile peggiore anche di quello di Pomigliano, imposto da Marchionne.

Noi pensiamo che contro un accordo negativo e contro questa demolizione del diritto di sciopero si debbano portare in piazza le ragioni di chi viene colpito in prima persona e la solidarietà di chi vede, sente il pericolo che dopo toccherà ad altri. Lo sciopero per i metalmeccanici è un primo momento importante. Possono protestare e scioperare senza limiti e vincoli pensionati, disoccupati, i cassaintegrati, studenti, ecc..

Per i lavoratori del pubblico impiego e per quelli delle altre categorie del privato la possibilità di scioperare e di andare in piazza dipende dalla scelta che uno o tutti i sindacati di base e la Cgil possano decidere la proclamazione dello sciopero generale per il giorno 28 gennaio 2011.

Va da sé che uno sciopero generale proclamato anche dai sindacati di base, nella giornata del 28 gennaio, aggiunge forza nei metalmeccanici e apre la possibilità che si allarghi la protesta contro un accordo dannoso per tutti/e con la partecipazione di lavoratori e lavoratrici delle altre categorie alle proteste al di là delle divisioni di sigla o di scelte politiche.

Per respingere l’attacco in corso ai diritti e alle condizioni di lavoro non basterà la piena riuscita dello sciopero e delle manifestazioni del 28 gennaio (che potranno avere una conclusione che vada oltre la Fiom anche sulla base della estensione e partecipazione di altri settori nelle piazze), ma sicuramente il livello di generalizzazione dello sciopero, potrà essere il volano per successive iniziative. Rafforzando le ragioni di chi a Mirafiori e Pomigliano si oppone ai diktat di Marchionne e aprendo una fase nuova in cui i lavoratori e le lavoratrici tornino ad essere realmente protagonisti delle loro lotte.

Per uno sciopero generale costruito dal basso chiediamo che ognuno si faccia promotore nei propri luoghi di lavoro e di vita di tutte le iniziative utili a farlo riuscire riappropriandosi così dello sciopero generale che potrà incidere nei rapporti di forza non perché dichiarato da piccoli o grossi sindacati ma solo sulla base della partecipazione diretta di lavoratori e lavoratrici.

Primi firmatari dei sindacati di base (usb, cobas, cub, slaicobas).



Gianni Boetto (del. Privato, Pd), Fiorenzo Campagnolo (Rsu Agustawestland, Va), Giordano Spoltore (Op. Sevel, Ch), Fabio Cocco (Rsu Sevel Ch), Mario Carleschi (Rsu Castenedolo, Bs), Massimo Lettieri (Rsu Maflow, Mi), Stefano Cecchi (Rsu Comune Fi), Lidia Scuderi (Rsu Comune Sesto S.G., Mi), Celestino Giacon (Rsu Ag. Entrate, Pd), Lorenza Favaro (rsu Poste, Pd), Stefano Micheletti (Scuola Ve), Marco Schincaglia (Rsa Intesasanpaolo, To), Stefano Pieretti (Rsu Comune Pd), Elasri Mbarak (Rsa Michelin Tribano, Pd), Franco Lovascio (Rsu Inps Li), Tonino Vetrano (Rs Linkra Mi), Mario Fusco (Rsa Polo Chimico Rodano Mi), Nedo Pieri (Comune Li), Diego Torcoli (Rsu Comune Bs), Maurizio Peggion (del. Scuola, Pd), Stefano Raccuglia (del. Ag. Entrate, Vr), Michele Salvi (Rsu Reg, Lombardia Mi), Angelo Pedrini (sindac. Mi)



Per adesioni e contatti: infosindacale@gmail.com (Angelo Pedrini 347 5400864 Celestino Giacon 335 7232506).


Compagno
ma Sacconi l'avete sentito ??? ditemi chi pensa che un ministro dell'industria di qualsiasi nazione ... auspica che un manager venga "accontentato" se no "è ragionevole" che chiuda gli stabilimenti in quella stessa nazione di cui lui è ministro. Provate a pensare al ministro dell'industria Tedesca che trova "ragionevole" che wolkswagen chiuda il più grosso stabilimento esistente in Germania perchè il sindacato non gli da "certe garanzie". Questo è un ministro di questo ottimo governo

Il fatto, già metabolizzato, è l’azzeramento della giunta di Roma da parte del sindaco Gianni Alemanno. L’ipotesi, invece, è di quelle suggestive e un po’ inquietanti: inserire nel rimpasto il nome dell’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso con la carica di vicesindaco. Che uscito dalla porta del Governo è rientrato dalla finestra del Comune della Capitale.

Chi pensava di essersi liberato dell’uomo delle emergenze si rassegni. Il pensionamento più annunciato della storia della Repubblica e poi finalmente arrivato, rischia di durare un battito di ciglia. Silvio Berlusconi chiama e dice: “Emergenza”. Bertolaso mette il giacchetto “scudettato” da superman per tutte le stagioni e risponde “presente”. In questo caso per fare da “badante” al periclitante Gianni Alemanno, in difficoltà con la gestione del Comune, con gli alleati forzisti, con le sue affamate truppe, con i cittadini che gli hanno ritirato il consenso. E con gli inossidabili “poteri forti”, più inclini a fidarsi di un Bertolaso che di un figlio della Fiamma.

Quello da vicesindaco, spiega il quotidiano la Repubblica, per Bertolaso sarebbe un trampolino, un punto di partenza più che di arrivo. Si tratterebbe di una sorta di biennio di “affiancamento” al termine del quale Bertolaso lancerebbe la sua personalissima corsa al Campidoglio mentre Alemanno si dedicherà alla politica nazionale. C’è stato un momento in cui il suo nome era circolato addirittura tra i papabili delfini di Berlusconi. Poi è venuta la gestione di Roma, le liti con i forzisti, parentopoli e le bordate degli “ex camerati” e Alemanno è sceso giù di gradimento. Togliendosi d’impaccio al punto giusto, però, può ancora salvare il salvabile.

Il perché della “manovra” lo spiegano, sempre secondo Repubblica, i numeri, quelli di un “sondaggio segreto” che, messi sulla scrivania del sindaco lo hanno fatto sussultare. Se si votasse oggi, in un ipotetico ma plausibile scontro tra Alemanno e il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, l’attuale sindaco uscirebbe con le ossa rotte. Il candidato del Pd prenderebbe il 58% dei voti, Alemanno il 42%. Numeri con cui ai romani verrebbe anche risparmiata la fatica del ballottaggio. Numeri che per Alemanno significherebbero, di fatto, un pensionamento molto anticipato (almeno secondo le sue aspettative) dalla vita politica.

Senza tirare in ballo i sondaggi segreti ci sono quelli ufficiali. BlitzQuotidiano ne ha scritto ieri: nella classifica dei sindaci più amati dagli italiani Alemanno è in piena “zona retrocessione” e il suo gradimento scende in modo repentino. Berlusconi, che coi sondaggi ha costruito un partito, corre ai ripari.

Riecco Bertolaso, quindi. L’anagrafe dice che ha 60 anni (pochi per uno che aveva detto di voler fare il solo il pensionato) e che è romano, fatto che potrebbe essergli utile in una campagna elettorale che non disdegnerà la retorica.

Alla promessa della pensione, del resto, non aveva creduto nessuno. Lasciando la Protezione civile Bertolaso si è messo sul mercato in attesa della prima chiamata utile. E quella di Roma, per quanto difficile, sembra proprio la sfida tagliata su misura per lui. Innanzitutto c’è la visibilità, ossessione della carriera dell’ex capo della Protezione civile, uno che senza telecamere al seguito l’elicottero lo lascia in garage. La carica di sindaco gli imporrà forse un cambio di “mise”, almeno per quello che riguarda il giacchetto: via lo scudetto tricolore e spazio alla lupa capitolina. E dovrà rinunciare a qualche rudezza.

E poi Roma, simbolo come pochi dell’emergenza permanente. Emergenza perché il Pdl precipita nei sondaggi, emergenza perché il bilancio del 2010 è un pozzo senza fondo. Alemanno ha dato la colpa alle precedenti gestioni. Almeno in parte avrà certamente ragione. Certo, le nomine dei manager amici al Comune non hanno dato una mano a risanare le casse.

“Dove c’è emergenza c’è Guido” deve aver pensato Berlusconi. Anche perché Bertolaso è uno che potrebbe attirare il voto moderato (si pensi all’Udc) e il placet della Chiesa (almeno quello di Propaganda Fide) che a Roma non è certo poco. Che poi Roma si presti poco alle soluzioni spicce ed emergenziali è un problema che si affronterà, forse, dopo. Intanto Bertolaso si mette in seconda fila e guarda con bramosia alla fascia tricolore di Alemanno.

IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE CONDANNATO DAL TRIBUNALE CIVILE PER AVER TAGLIATO ANCHE DEL 50% LE ORE DI SOSTEGNO AI RAGAZZI DISABILI…DIVERSE FAMIGLIE AVEVANO PRESENTATO RICORSO IN PROCURA CONTRO IL MINISTERO E L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE…LE BUGIE DELLA GELMINI

A inizio anno, il ministro Gelmini aveva promesso l’aumento degli insegnanti da affiancare agli studenti con disabilità.

In realtà, le famiglie hanno assistito al drastico taglio delle ore di sostegno. Da qui la decisione del ricorso.

Supportata dalla convinzione che la scarsità delle risorse non potesse giustificare la lesione di un diritto fondamentale come quello all’istruzione.

E così ieri i giudici milanesi hanno dichiarata “accertata la natura discriminatoria della decisione delle amministrazioni scolastiche di ridurre le ore di sostegno scolastico per l’anno in corso rispetto a quelle fornite nell’anno scolastico precedente (2009-2010)”.

“E’ una sentenza importante”, spiega l’avvocato Livio Neri di Avvocati per Niente onlus, legale dei 17 genitori.

“Per la prima volta un giudice parla di discriminazione in materia di sostegno scolastico”.

Altra novità è la scelta di tante famiglie di agire collettivamente.

“Questa decisione – precisa Neri – impedirà agli uffici scolastici di tirare la coperta, togliendo le ore a chi non protesta”.

Ma il direttore scolastico per la Lombardia Giuseppe Colosio frena: “Potremo fare ben poco – afferma – non ci sono soldi”.

Ma Neri riosponde: “Il modo andrà trovato”.

Dopodiché annuncia un esposto in procura nel caso in cui le amministrazioni non dovessero provvedere entro i trenta giorni stabiliti dal giudice.

“La vittoria più grande”, chiarisce Maria Spallino, uno dei genitori che hanno presentato il ricorso, “è l’aver dimostrato che fare rete tra le famiglie può davvero cambiare le cose”.

E rilancia: “Questo è un primo passo all’interno di un percorso che ci vede impegnati perché i nostri figli camminino a testa alta, a scuola come in ogni momento della loro vita nella società”.

I genitori degli studenti sono stati assistiti nella causa dall’associazione Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità).

“Da oggi le famiglie possono contare su uno strumento legale più rapido ed efficace per far valere i diritti dei loro figli”, spiega Marco Rasconi, presidente di Ledha Milano.

“Grazie a questa sentenza – continua Rasconi – ci auguriamo che altre famiglie escano dall’ombra per difendere il diritto dei propri figli alla formazione scolastica e non solo”.

Una sentenza che diventa un monito a certa politica degradata che pensa si possa tagliare tutto indiscriminatamente, spesso a danno dei più poveri e dei meno tutelati, operando delle odiose discriminazioni contro chi dalla vita ha già avuto sofferenza e pena.

Quella stessa politica che non dimezza le auto blu, i privilegi della casta, gli enti inutili, per poi tagliare i servizi sociali ai bisognosi.

No, la nostra destra tutelerebbe prima loro e manderebbe i politici sui mezzi pubblici, a contatto con i problemi quotidiani di quei cittadini che dovrebbero rappresentare e tutelare.

Una politica al servizio del popolo, non dei potenti.

Il Pci nella storia d’Italia. Qualcuno vorrebbe espellere il primo dalla seconda. Ein primis la destra più dura che è andata al governo tre volte in questi venti anni. Poi la storiografia revisionista e neodefeliciana più intransigente, come nel caso del «terzista » Galli della Loggia che in materia di Pci non fa mostra di «terzietà»: una zavorra per l’Italia che bloccò la sua modernità. Punto.

E invece, proprio nell’anniversario del Congresso di Livorno (tra il 15 e il 21 gennaio 1921) arriva adesso una grande mostra a Roma, costellata di altre iniziative in corso d’anno, che intende rimettere a posto i fondamentali della memoria. Per registrare il peso e l’incidenza di una vicenda collettiva, esaurita ufficialmente il 4 febbraio 1991(con la nascita del Pds a Rimini) ma inseparabile dall’identità civile stessa del nostro stato-nazione, di cui sempre quest’anno si celebrano i 150 anni. E allora vi raccontiamo in anteprima la mostra, a cura della Fondazione Istituto Gramsci e del Centro Studi di Politica Economica (Cespe) che aprirà i battenti il 14 all’Acquario Romano, Casa dell’Architettura Piazza Manfredo Fanti 47(conferenza stampa alle 11 del 12) e che si intitola appunto: «Avanti Popolo. Il Pci nella storia d’Italia»).

Intanto la mostra è un ipertesto, un percorso multimediale. Allestito in loco lungo sei stazioni cronologiche inclusive di sei periodi chiave dela storia Pci, intrecciata a quella italiana. Ciascuna stazione, unita alle altre da una pista in plexigas a immagini, si vale di un certo numero di bacheche( sei serie di teche). Con dentro materiale documentario originale, fatto di lettere autografe, volumi, giornali, e sempre riferito al periodo in questione. Poi, per ogni stazione, due schermi «touchscreen» consentiranno, valendosi di 36 parole chiave, di accedere al merito e ai dettagli della storia narrata, tra rimandi circolari e cortocircuiti audiovisivi.

A parte, novità assoluta, l’esposizione degli originali manoscritti dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci (31, a parte i due intonsi non in mostra), vero e proprio «Graal» teorico del Pci, anima pulsante di idee che ne fece quel che fu (benché la loro ricchezza sia ancora una miniera inesauribile e funzionante). Al piano superiore dell’«Acquario» ci sarà una sezione sulla satira, con le provocazioni di Altan e Staino, inseparabili dal vissuto del «partitone rosso», che sapeva ridere di sé stesso e scommetteva sulla satira (su di sé oltre che sull’avversario).

Altre cose in mostra. Il manoscritto gramsciano sulla Questione meridinale del 1926. Messaggi radiotrasmessi e autografi di Togliatti, lettere di Badoglio a Togliatti, lettera di Togliatti a Sraffa del 1937, con richiesta di istruzioni per la prima pubblicazione dei Quaderni. Una scelta delle edizioni e pubblicazioni gramsciane all’estero. Tutte le tessere Pc. d’I. e Pci dal1921 al 1991. Fotoromanzi degli anni 50per incitare al voto gli emigranti (precoce intuizione «mid-cult» del valore mediatico dell’immaginario di massa). Un Dvd con testimonianze e interviste a far da filo conduttore. Persino, si va in ordine sparso, un servizio da caffé del Migliore. Un ciclostile paracadutato dagli Alleati, per stampare l’Unità clandestina, matrice eroica di tante copie segrete dell’Unità ricopiate pazientemente a mano. Il tutto ovviamente è disposto non a caso e con rigore, dauncomitato scientifico di storici men giovani e più giovani(Giuseppe Vacca, Silvio Pons, Francesco Giasi, Ermanno Taviani, Luisa Righi, Emanuele Bernardi, Gian Luca Fiocchi). E da un architetto, Alessandro d’Onofrio che ha lavorato al Maxxi con la Zadid.

Vediamo alcuni dei concetti chiave che informano la mostra. Prima di tutto, visualmente per così dire, c’è l’intento di mettere in luce la capillarità di un radicamento dentro la società civile, a costruirla e orientarla. Facendo leva sul simbolico, sui media di allora, sul folklore, sulla cultura alta e bassa, e sulle istituzioni minute del quotidiano. Secondo l’indicazione gramsciana, volta a prefigurare già dentro la società civile la futura società autoregolata: non in chiave classista e chiusa, ma con un «blocco storico» di ceti progressivi attorno agli operai. Fu anche in virtù di ciò, oltre alle fondamentali innovazioni strategiche togliattiane, che il Pci «fece Italia», Costituzione democratica, cittadinanza. E pedagogia aperta all’internazionalizzazione della cultura (altro che zdanovismo in quell’Italia censoria e bacchettona!). Etuttavia la mostra nonè autocelebrativa. Perché l’altro suo aspetto è la «dilemmaticità» del Pci partito «anfibio»: nazionale e transnazionale con riferimento all’Urss, fino e oltre il 1956. «Doppia lealtà», nella quale il Pci scavò, alla ricerca di una sua via, oltre la tenaglia dei blocchi contrapposti, e per schiudere un varconé leninista né socialdemocratico (con il torto di aver sottovalutato le possibilità dinamiche di quest’ultimo approdo). Come che sia, fu così che il Pci, scuola di massa per le classi subalterne, divenne l’erede del Risorgimento democratico. Come per altro verso la Dc. Ed è per questo che gli va reso onore, perchè senza quel Pci, oggi saremmo ancor meno una nazione.


RENZI: IO STO CON MARCHIONNE
Sulla vicenda Fiat interviene anche il sindaco di Firenze Renzi che senza giri di parole chiarisce la sua opinione: "Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America". Lo lo ha detto intrevistato dal TGLA7.

Prova avenire in fabbrica per un paio di settimane. Solo un paio, non di più. Poi mi dirai.
Bersani: referendum drammatico, ma va rispettato
Renzi: basta aria fritta, io sto con Marchionne
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Un referendum drammatico, ma che andrà rispettato. È questa l'opinione di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, intervistato al Tg3, che però critica Marchionne per le sue parole e accusa il governo di aver lasciato soli lavoratori e sindacati.

"Marchionne sa misurare le auto ma non le parole" ma il problema è anche che "il governo è scomparso nella nebbia" lasciando soli i lavoratori e i sindacati dice il segretario Pd. "C'è una discussione nel Pd ma la nostra posizione è molto chiara - assicura il segretario - quel referendum, impegnativo, difficile, anche drammatico, andrà rispettato. Il problema è che lavoratori e sindacati sono stati lasciati totalmente soli, il governo è andato nella nebbia. Servono nuove regole di partecipazione perché i contratti siano esigibili ma anche chi dissente ha diritto alla rappresentanza".

Quanto all'ad della Fiat Bersani aggiunge: "Marchionne saprà prendere le misure alle auto ma alle parole no, quei venti miliardi per cosa li vuole spendere e che fine ha fatto la ricerca? Nessuno glielo chiede". Il rischio da evitare è che "tutta questa competizione e la globalizzazione non ricaschi solo su chi è alla catena di montaggio", conclude.

GOVERNO NON VIVE
Poi Bersani passa alla politica e all'attività dell'esecutivo: "Il governo può solo sopravvivere, non può vivere. Per due anni hanno messo 38 voti fiducia con 70 voti di maggioranza. Al prossimo voto di fiducia cosa succederà? Non si può andare avanti con questa respirazione artificiale", insiste il segretario Pd.

CASINI LA SMETTA CON I VETI
Deluso da Casini? "Non possiamo andare avanti misurando la pressione al governo tutti giorni. Il Pd lavora a un progetto per l'Italia su democrazia, crescita e lavoro, lo vogliamo presentare a tutte le forze di opposizione e poi ciascuno si prenderà le sue responsabilità, alla fine tireremo le somme. Si può anche pensare ad un altro decennio berlusconiano, magari con Berlusconi al Quirinale, noi pensiamo si debba andare oltre, non si può andare avanti con questi traccheggiamenti".

Bersani risponde duramente al leader Udc, Pier Ferdinando Casini che al suo appello ad un patto repubblicano ha risposto aprendo uno spiraglio alla collaborazione 'responsabile' con il governo e ha imposto al Pd di scegliere tra il terzo polo oppure Vendola e Di Pietro.

LE NOSTRE PROPOSTE
"Saranno loro che dovranno scegliere - ribatte Bersani - noi discuteremo di cose concerete, nei prossimi giorni si vedrà chiaramente cosa abbiamo in testa. Sceglieranno loro se continuare con i veti reciproci, con cui ci teniamo Berlusconi o se ci sono altre ipotesi, ma con questi traccheggiamenti non si governano i problemi del paese".

RENZI: IO STO CON MARCHIONNE
Sulla vicenda Fiat interviene anche il sindaco di Firenze Renzi che senza giri di parole chiarisce la sua opinione: "Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America". Lo lo ha detto intrevistato dal TGLA7.

"Andro' alla Direzione di giovedì - ha detto ancora Renzi parlando della situazione interna al Pd - ma spero che Bersani non chiacchieri di aria fritta ma dei problemi degli italiani. Non chiacchieri dell'inciucio con Fini ma del futuro del Pd. Il Pd è credibile se smette di inseguire i falsi problemi. Provi concretamente a dire 'ok, Berlusconi ha fallito' ma dicendo agli italiani quali sono le nostre soluzioni per ripartire".
11 gennaio 2011

Sacconi...di m...

ma Sacconi l'avete sentito ??? ditemi chi pensa che un ministro dell'industria di qualsiasi nazione ... auspica che un manager venga "accontentato" se no "è ragionevole" che chiuda gli stabilimenti in quella stessa nazione di cui lui è ministro. Provate a pensare al ministro dell'industria Tedesca che trova "ragionevole" che wolkswagen chiuda il più grosso stabilimento esistente in Germania perchè il sindacato non gli da "certe garanzie". Questo è un ministro di questo ottimo governo

sabato 1 gennaio 2011

1 GENNAIO 1948, ENTRA IN VIGORE LA COSTITUZIONE ITALIANA

Lo Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la legge del 17 marzo1861 che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «re di Sardegna», e ai suoi successori, il titolo di «re d'Italia». È la nascita giuridica di uno Stato italiano (anche se altri stati avevano già portato tale nome nel passato, dal regno longobardo per finire al regno napoleonico). La continuità tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia è normalmente sostenuta in base all'estensione dell'applicazione della sua legge fondamentale, loStatuto albertino concesso da Carlo Alberto di Savoia nel 1848, a tutti i territori delregno d'Italia progressivamente annessi al regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. La conservazione dell'ordinale dinastico da parte di Vittorio Emanuele, e l'estensione dello Statuto albertino ai territori annessi hanno portato gli storici a parlare di "piemontesizzazione" dello stato italiano ad opera dei Savoia. Lo statuto albertino rimase in vigore, quindi, quasi 100 anni, dal 4 marzo 1848 al 1 gennaio 1948, quando entrò in vigore la costituzione repubblicana.

Va Pensiero - Pavarotti @ Zucchero

wonderful life - Zucchero

Berlusconi: augurio dalla Popolazione italiana che non l'ha votato e vuo...

Vaffansilvio - TONY TROJA