venerdì 27 gennaio 2012


7.000 delegati e dirigenti oggi alla manifestazione della CGIL delle regioni del Nord: "NON PIEGHIAMO I DIRITTI”. Il dibattito e le conclusioni di SUSANNA CAMUSSO

26/01/2012

Si è tenuta stamani, al Mediolanum Forum di Assago, l'Assemblea interregionale della CGIL della Lombardia e di altre sette regioni del Nord Italia, conclusa dal Segretario generale Susanna Camusso.

Oltre 7.000 delegati e dirigenti hanno partecipato alla manifestazione aperta, dopo un breve saluto del Segretario generale della Camera del Lavoro di Milano Onorio Rosati, da una relazione di Nino Baseotto, Segretario generale della Cgil Lombardia che ha sottolineato il carattere che la CGIL ha voluto dare a questa iniziativa. “Non è una manifestazione nordista - ha detto - anzi, abbiamo proprio voluto testimoniare il contrario, perché è a partire dall'esperienza della contrattazione e dalla lettura della crisi che può partire il rilancio della coesione sociale.

Una crisi - rappresentata nei suoi molteplici aspetti negli interventi di delegati e delegati, di dirigenti sindacali, di studenti e di giovani lavoratori - che continuerà a colpire anche nel 2012. Per questa ragione è necessario coniugare la difesa delle condizioni di lavoro e dell'occupazione con una nuova prospettiva che dia diritti e garanzie al futuro soprattutto delle giovani generazioni - ha concluso Baseotto -“.

Nel corso del dibattito sono anche intervenuti il Dottor Nando Pagnoncelli, Presidente dell’IPSOS che ha illustrato alcuni dati sulle ricadute della crisi, il Segretario generale della CGIL Piemonte Alberto Tomasso, che si è soffermato in particolare sul documento unitario al centro del confronto tra il governo e le parti sociali in corso in questi giorni, e il Segretario generale della Cgil veneta Emilio Viafora, che ha dedicato il suo intervento alla questione dell'occupazione giovanile, così come ha fatto molto efficacemente una giovanissima studentessa dell’Unione degli studenti universitari di Padova, Sofia Rossi. Hanno poi preso la parola Serena Morando, insegnante, delegata della FLC Piemonte, Davide Stoppa, Delegato FILCTEM in cassa integrazione alla Montefibre di Venezia, Abdou Faye, senegalese, componente della Segreteria FILCAMS del Friuli Venezia Giulia, Enrico Poggi, Delegato FILT al Porto di Genova, Emanuela Luraschi, Coordinatrice lombarda per la FISAC in Equitalia Nord, Silvia Grinzato, Responsabile della FLAI e di NIDIL per la CGIL Alto Adige - Sud Tirol, Fulvio Matarrese, RSU SLC del Corriere della Sera di Milano, Matteo Marzano, delegato FIOM alla LEAR di Grugliasco (To), Manuela Noli, pensionata della Lega SPI di Genova Levante, Alessandra Ghirotti, Delegata Funzione Pubblica, Assistente sociale nel Comune di Montorfano (Como), Daniele Tonezzer, operaio edile della FILLEA del Trentino



Susanna Camusso, concludendo la manifestazione ha ribadito, come aveva già fatto il Segretario lombardo, che non siamo qui a rappresentare “un Nord del Paese attraversato dalla crisi. Al contrario: noi non deleghiamo a nessuno la rappresentanza generale del lavoro, tantomeno apprezziamo le posizioni di chi ha contribuito a questa lunga fase buia dell’ultimo ventennio. Ci sono responsabilità del governo precedente che il Paese sta ancora pagando duramente. Per questo diciamo che non vanno suscitate al sud tendenze simili a quelle che hanno caratterizzato la Lega al Nord. Siamo molto preoccupati per i linguaggi, per i modi, ma soprattutto per chi c’è dietro certe forme di lotta che non sono spontanee, ma che rivelano una volontà chiara di strumentalizzare l'esasperazione dei cittadini del sud.

Vogliamo dire al governo che si deve fermare lo sciopero dei tir. Non si può chiedere i sacrifici sempre a qualcuno mentre a qualcun altro si riconosce la corporazione, e diritti non si sa bene come acquisiti. Le liberalizzazioni, così come sono state fatte, producono divisioni nel Paese e accentuano le spinte delle corporazioni.

L’Europa ha oggi di fronte due grandi questioni: la prima si chiama democrazia. Nella culla delle più antiche democrazie del mondo, ormai è più facile che a decidere chi debba governare un Paese sia un'agenzia di rating piuttosto che il voto dei cittadini. Accade dunque che governi non legittimati dal voto popolare pensino di poter decidere su questioni di fondo. Questo è un vulnus per la democrazia - ha detto Camusso -. E quando viene meno l'idea del governo politico e del governo sociale, non solo si è in balia delle manovre finanziarie, ma viene meno il welfare state, la seconda grande questione per l’Europa. Di qui - ha incalzato Camusso - la nostra straordinaria insoddisfazione verso le scelte di questo governo. Non si può pensare di trasformare il welfare in assicurazione privata dei singoli e in politiche di assistenza: nella crisi, esso è uno strumento sempre più importante. Un paese in ginocchio come il nostro senza welfare non ce la farà”.

E alla domanda: ma possiamo permetterci di criticare Monti? Susanna Camusso risponde in modo diretto: “La lezione contenuta in tutta la nostra storia è che un sindacato è tale se si mantiene sempre autonomo, se riesce a dire cosa va bene e cosa no nell’azione del governo, anche nelle fasi di emergenza. Certo, non abbiamo verso Monti lo stresso atteggiamento che avevamo verso Berlusconi, e non abbiamo certo nessuna nostalgia, anzi, rivendichiamo il merito di aver mandato a casa il suo governo. Ma è proprio per questo - ha continuato la leader della Cgil - che vorremmo una seria discontinuità.

La novità rappresentata da Monti è quella che ha finalmente detto la verità. Ognuno di noi ha constatato con piacere che siamo tornati a parlare in l'Europa con una dignità riconosciuta. Ma proprio perché ne siamo coscienti, diciamo al governo che non basta tutto questo se non si parla del lavoro. La manovra finanziaria ha ancora troppi tratti comuni con l’iniziativa del governo precedente, ed è troppo recessiva.

La fase due deve cominciare qui e ora, valutando le cose fatte e quelle da fare: la manovra sulle pensioni va cambiata perchè da una parte colpisce i diritti in capo alle persone e dall’altra non fornisce certezze ai giovani. Anzi, siamo ormai alla programmazione della loro povertà futura.

Con questa riforma, nei fatti, si indica la strada dell’assicurazione privata e si dà un colpo al sistema pubblico che garantisce eguali diritti, mettendo in discussione la condizione di quei lavoratori definiti con un termine orribile “esodati”, senza disegnare per i giovani un futuro decente. Noi siamo anche disposti - lo ripete, Susanna Camusso - a ragionare e a fare qualche sacrificio, ma non se il tema è come fare cassa con le pensioni.

Bisogna domandarsi come si rimettono in moto gli investimenti in tutto il Paese, chiamare intorno a un tavolo le grandi aziende per capire quali progetti, quali infrastrutture, in che direzione vogliono indirizzare gli investimenti. E intanto occorre sbloccare le risorse che ci sono e che molti enti locali non possono utilizzare per il “patto di stabilita”. E la Fiat - ha proseguito ancora il Segretario generale della Cgil - invece di presentarci degli spot, ci dica cosa vuole produrre in questo Paese, quali modelli nuovi si vogliono produrre negli stabilimenti italiani. C’è una parola magica che bisogna ricominciare a pronunciare, ed è: politica industriale. Ci vogliono scelte, investimenti e qualità, ci vuole “cura” per questo Paese. E ci vuole cura per il lavoro. Per questo, nella trattativa aperta sul mercato del lavoro, vogliamo dire chiaramente che non basta occuparsi delle regole, ma bisogna parlare anche di un piano di sviluppo. Invece di togliere il contratto ai lavoratori delle ferrovie, chiediamo che si torni a far viaggiare i treni di notte, dando così anche una risposta a quei lavoratori costretti a salire su una torre per vedere riconosciuti i loro diritti. E’ strano - ha sottolineato Camusso - che si tolga l'equo compenso ai tirocini dei giovani che entrano nelle professioni. E questo succede perché c'e' sempre un'idea di riduzione dei diritti, mentre è evidente a tutti che si tratta di una strada che apre contraddizioni e non rimette certo in ordine i conti dello stato.

Un paese che tiene al suo futuro deve avere cura del lavoro - ha detto con convinzione la leader Cgil - che è l’unica cosa che produce ricchezza davvero”.

Poi l’attenzione di Susanna Camusso si è concentrata sui temi della democrazia in fabbrica: “un Paese che si rassegna all'idea che una grande azienda possa decidere chi rappresenta i suoi lavoratori, è un Paese autoritario e antidemocratico. La storia del sindacato italiano è fatta di difesa della democrazia e della libertà, dunque un grande sindacato confederale non può che credere fermamente che “chi rappresenta chi” debbano deciderlo i lavoratori e gli iscritti, non un'impresa o un governo. Ma l’aver cura del Paese e del lavoro, vuol dire anche che abbiamo bisogno di uno straordinario investimento sulla scuola pubblica, nazionale e laica. Occorre sconfiggere l'idea che si può andare a bottega a 15 anni, riprendere la battaglia per l’obbligo a 18 anni, per la qualità dell’istruzione tecnica, perché aumenti il numero delle persone che si laureano.

Curare il Paese vuol dire curare le condizioni del lavoro: un esempio è rappresentato dagli orari dei negozi e dalle conseguenze sui lavoratori e le lavoratrici: un decreto del governo ha deciso che per loro non esistono più orari, motivandola con la necessità della ripresa dei consumi. Ma i consumi riprendono se ci sono soldi da spendere. Il peso di certe scelte, ricadrà sulle retribuzioni e i contratti di chi lavora nel settore. E poi, perché si vogliono trasformare le città in grandi centri commerciali? Noi vogliamo che si ricominci ad avere cura del lavoro pubblico, svillaneggiato per anni (per qualcuno erano i “fannulloni”), ma senza il quale non funzionano i servizi. Se una lavoratrice decide di fare un figlio, deve sapere che tornando troverà il suo posto di lavoro senza essere licenziata o mobbizzata. Ripristinare la legge sulle dimissioni in bianco, che è stata cancellata dal precedente governo, è un atto importante non solo verso le donne, ma anche verso i tanti migranti ricacciati nel lavoro sommerso e nella clandestinità. Questo sarebbe anche un grande segnale di cura della legalità, perché tanti sono i casi in cui alle persone viene mantenutoil lavoro solo fino a quando durano incentivi e sussidi; il lavoro regolare, contrattualizzato, è la più grande forma di lotta contro l'illegalità. Essere paladini della legalità vuol dire un fisco giusto, che chiede di più a chi ha di più, e meno a chi ha di meno. Bisogna spostare il peso della tassazione, che oggi grava troppo sui redditi da lavoro dipendente e sulle pensioni. Si dica che tutto quello che si ricava dalla lotta all'evasione va trasferito lì. E poi, ancora, se una persona lavora 52 anni, forse non ha avuto un rapporto equilibrato tra il suo tempo di lavoro e di vita: l’infermiera dell’ospedale o l’operaio alla catena di montaggio non possono aspettare 70 anni prima di andare in pensione. Noi siamo per la libertà, ma occorre una norma che assicuri equilibrio tra tempo di lavoro e prospettiva di una vecchiaia decente.

Quanto al tema degli ammortizzatori sociali, vorrei dire - ha precisato Camusso - che la nostra difesa della cassa integrazione è la difesa del patrimonio manufatturiero e industriale di questo Paese. Il successo di molte aziende è dovuto all’impegno, alla fatica, alla professionalità di chi ci lavora. La cassa integrazione ordinaria non basta. Vedo un grande rischio nel modo con cui il governo ha approcciato la questione del mercato del lavoro: se si lascia tutto immutato, si condannano i giovani alla precarietà. Ridurre da subito le forme di lavoro che favoriscono la precarietà è un imperativo, senza inventare nuove tipologie di lavoro. Se vogliamo avvicinarci a una riforma che migliori la condizione precedente, è evidente a tutti che non c'e' nulla da sottrarre ma bisogna dare una condizione unica a tutti i soggetti. Avere davvero cura del lavoro è difficile se prevale il dualismo e la diseguaglianza tra le persone. La finanziarizzazione del mondo e la crisi hanno prodotto enormi diseguaglianze, e aver teorizzato che serviva al progresso ci ha portato dritti verso la recessione e la frantumazione. Questo nasconde un’idea autoritaria e antidemocratica della società, mentre la libertà e la democrazia passano attraverso la riduzione delle diseguaglianze”.

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