lunedì 22 marzo 2010

Avere e non avere.
Lavoriamo più degli schiavi ai tempi dei Faraoni.
Per trent'anni. Quarant'anni, cinquant'anni.
L'età della pensione si allontana fino a coincidere con quella della morte.
Il lavoro ha, sempre più spesso, come unico obiettivo uno stipendio.
Non è importante che il lavoro sia utile, necessario per la società o per l'individuo che lo svolge.
Lo scopo di un'attività è, di solito, il denaro che se ne può ricavare.
Denaro che serve per comprare beni inutili, prodotti da altre persone che fanno altrettanti lavori inutili. Per rendere utili beni inutili, aumentare la
salivazione dei consumatori, abbiamo inventato l'industria della pubblicità.
Un inganno colossale, un'autoipnosi a fini di lucro.
C'è una perdita di senso, di scopo complessivo.
Siamo panni lavati e rilavati in una lavatrice con il programma impazzito.
L'informazione e la pubblicità, una volta separate, si sono unite, compenetrate in una forma oscena che è ovunque, che giustifica tutto. La distruzione del pianeta, la
cancellazione del tempo (nessuno ha più tempo...), la perdita di significato, la mancanza di valori al di fuori di quelli economici.
Abbiamo allungato la vita per non poterla vivere, siamo troppo occupati a produrre.
Avere, siamo drogati dall'avere, lavoriamo per avere.
Abbiamo trasformato il mondo e noi stessi in un PIL, in prodotti a scadenza.
Abbiamo tutto, ma non abbiamo più nulla.
In una società basata sulla produzione in quanto tale, a qualunque prezzo, chi perde il lavoro è una zavorra. E' fuori dai giochi. P
er sopravvivere è necessario lavorare, fare qualunque lavoro.
Il progresso è lavoro, il futuro è lavoro.
Il progresso, invece, dovrebbe essere la diminuzione del lavoro.
L'eliminazione del lavoro inutile. Lavoro per tutti, solo se utile e in modica quantità.
La dannazione del lavoro ha il suo "altro", il suo specchio, nei parassiti sociali.
Quelli che, grazie al lavoro inutile degli altri, non lavorano.
Sono dei divoratori di risorse umane e ambientali. Non hanno un lavoro vero e proprio, ma manipolano e posseggono il denaro, quantità spesso enormi di
denaro. Sono gli addetti alla leva della ruota in cui girano, inconsapevoli, i lavoratori.
La diseguaglianza sociale rende obbligatorio il lavoro inutile.
La solidarietà sociale e una equa distribuzione dei beni cancellerebbe ogni produzione fine a sé stessa e i parassiti economici..
Che senso ha avere, nello stesso Paese, l'Italia ad esempio, milioni di persone sotto la soglia di povertà, milioni di disoccupati e centinaia di migliaia
di persone ricche a dismisura?
Cosa vuol dire "vivere" nello stesso Paese per gli evasori e per i precari?
La povertà è la materia prima del consenso dei regimi.
Vanno stabilite una soglia di ricchezza e una soglia di povertà, entrambe da non superare.
Avere e non avere.

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