Napolitano non firma ddl lavoro, testo torna al Parlamento |
La CGIL ha criticato il testo di legge duramente - anche attraverso lo sciopero generale del 12 marzo - per l’aggiramento dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. » Leggi il comunicato di Guglielmo Epifani » Le tappe del ‘collegato lavoro’ dal via libera al Senato alla bocciatura di oggi di Napolitano » Il testo integrale del messaggio del Presidente Napolitano alle Camere |
31/03/2010 Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rinviato al Parlamento il ddl lavoro, il testo di legge duramente criticato dalla CGIL - anche attraverso lo sciopero generale del 12 marzo - per le norme, in esso contenute, e che porterebbero tra l’altro all’aggiramento dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori. In una nota il Quirinale chiede alle Camere, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, una nuova deliberazione sul provvedimento. “Il Capo dello Stato - motiva la nota - è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni - con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 - che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale”. Napolitano ha perciò ritenuto “opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale”. Il presidente della Repubblica, quindi, pur in un apprezzabile quadro riformatore benché estremamente eterogeneo, chiede che le Camere individuino “precise garanzie” e un equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale “più chiaro e definito”. Il Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, esprime a nome dell’intera organizzazione sindacale “soddisfazione e apprezzamento per la decisione del Quirinale” e critica l’avviso comune su arbitrato e conciliazione firmato dalle parti, esclusa la CGIL . Per Epifani le motivazioni che hanno spinto il Colle a non firmare la legge sono le stesse espresse dalla CGIL. “E’ una decisione - prosegue il Segretario Generale - che conferma le considerazioni della CGIL sugli aspetti critici del provvedimento. E’ di tutta evidenza l’intempestività di una dichiarazione comune su una legge - conclude Epifani - nemmeno ancora promulgata né pubblicata sulla Gazzetta ufficiale”. La CGIL non solo oppone da tempo una forte critica al 'ddl lavoro', ma vuole proporsi come luogo di discussione con studiosi magistrati avvocati e forze politiche. A questo proposito è stato organizzato per il 23 aprile il convegno su 'Crisi e riforma della giustizia del lavoro'. |
mercoledì 31 marzo 2010
giovedì 25 marzo 2010
Dinanzi a tutto ciò, dinanzi a quella piazza, lei crede veramente che Paolo Borsellino si sarebbe trovato a suo agio? Lei crede veramente che un giudice come lui avrebbe rinunciato a uno strumento fondamentale per la lotta alla mafia come lo è quello delle intercettazioni? Con tutta onestà, pensa sul serio che un grande uomo delle istituzioni come fu Borsellino avrebbe assistito in silenzio alle continue delegittimazioni della magistratura da parte della politica? Noi siamo sicuri che le risposte a queste domande siano tutte negative, così come siamo sicuri che Borsellino non si sarebbe trovato a suo agio in nessuna piazza colorata da ideologie politiche. Lui era un giudice, un servitore dello Stato. Oggi, per tutto il Paese, è un eroe, non certo un simbolo da sventolare, da usare strumentalmente. Chi lo fa, sbaglia di grosso, sia esso di sinistra o di destra. E proprio perché la figura di Borsellino, i suoi insegnamenti, appartengono a tutti, crediamo necessario che noi giovani, di qualsiasi fronte politico, cominciamo a ragionare su quei valori comuni da difendere insieme. Noi giovani rappresentiamo il futuro dell’Italia.
E se vogliamo che questo futuro sia realmente democratico, dobbiamo difendere insieme l’autonomia di un potere fondamentale per gli equilibri democratici come lo è la magistratura. Non dimentichiamoci che è merito dei giudici se oggi il Governo in cui lei siede può vantarsi di essere in prima linea nella lotta alla mafia. Non dimentichiamo che sono state proprio le intercettazioni a permettere ai giudici di infliggere quei successi contro la criminalità organizzata che, ci consenta, appartengono a tutti gli italiani onesti e non solo al Governo. Per tutte queste ragioni, avremmo preferito non vedere Paolo Borsellino raffigurato “strumentalmente” in un tarocco. Anche perché, ci consenta ancora, lo stesso Borsellino, cui in vita non mancarono gli attacchi da parte di alcuni politici, avrebbe rifiutato l’idea di essere l’unico eroe in mezzo a migliaia di “giudici malati di mente”. Oggi, ci sono tanti magistrati che fanno onestamente, con coraggio e professionalità, il loro lavoro. Lo fanno lontani da qualsiasi piazza e senza alcuna distinzione di sorta, perseguendo fedelmente quel principio per cui “la legge è uguale per tutti”. Un principio che noi giovani dovremmo difendere con forza se vogliamo realmente sperare in un futuro migliore
lunedì 22 marzo 2010
Ora ti verrà sottoposto un breve test, composto da un solo quesito, di un importanza fondamentale.
Non rispondere subito, rifletti bene sulla tua risposta, perchè questa ti permetterà di valutare la tua caratura morale.
Si tratta di una situazione tragica in cui devi decidere cosa fare.
E ricordati di dare una risposta istintiva, ma assolutamente vera.
Sei in Nord Italia, precisamente in Valtellina.
Sei nel mezzo del caos più totale dovuto a inondazioni per pioggie incredibili.
Sei un fotoreporter della CNN e ti trovi nel mezzo del disastro.
La situazione è al limite.
Sei disperato, ma nonostante ciò cerchi di scattare più foto possibili.
Intorno a te il fango porta via persone e case.
La furia della natura si abbatte con violenza inaudita.
Improvvisamente vedi un uomo che cerca di salvarsi.
E' a bordo di un fuoristrada.
Stà cercando di controllare il mezzo per non essere risucchiato dal fango e dai detriti.
Ti avvicini e ti sembra di riconoscere una persona nota, tutta imbrattata.
Lo riconosci. E' Silvio Berlusconi.
Ti rendi conto che la furia della tempesta lo stà spezzando.
Tu hai davanti due opportunità che possono cambiare la storia: salvarlo o scattare una foto ?
Salvare una vita o essere autore di una foto storica da Premio Pulitzer che mostrerà al mondo la fine di uno degli uomini più importanti del pianeta.
E allora ti domandi:
(ricordati di rispondere con sincerità)
La foto: la fai a colori o in bianco e nero ?????????
Lavoriamo più degli schiavi ai tempi dei Faraoni.
Per trent'anni. Quarant'anni, cinquant'anni.
L'età della pensione si allontana fino a coincidere con quella della morte.
Il lavoro ha, sempre più spesso, come unico obiettivo uno stipendio.
Non è importante che il lavoro sia utile, necessario per la società o per l'individuo che lo svolge.
Lo scopo di un'attività è, di solito, il denaro che se ne può ricavare.
Denaro che serve per comprare beni inutili, prodotti da altre persone che fanno altrettanti lavori inutili. Per rendere utili beni inutili, aumentare la
salivazione dei consumatori, abbiamo inventato l'industria della pubblicità.
Un inganno colossale, un'autoipnosi a fini di lucro.
C'è una perdita di senso, di scopo complessivo.
Siamo panni lavati e rilavati in una lavatrice con il programma impazzito.
L'informazione e la pubblicità, una volta separate, si sono unite, compenetrate in una forma oscena che è ovunque, che giustifica tutto. La distruzione del pianeta, la
cancellazione del tempo (nessuno ha più tempo...), la perdita di significato, la mancanza di valori al di fuori di quelli economici.
Abbiamo allungato la vita per non poterla vivere, siamo troppo occupati a produrre.
Avere, siamo drogati dall'avere, lavoriamo per avere.
Abbiamo trasformato il mondo e noi stessi in un PIL, in prodotti a scadenza.
Abbiamo tutto, ma non abbiamo più nulla.
In una società basata sulla produzione in quanto tale, a qualunque prezzo, chi perde il lavoro è una zavorra. E' fuori dai giochi. P
er sopravvivere è necessario lavorare, fare qualunque lavoro.
Il progresso è lavoro, il futuro è lavoro.
Il progresso, invece, dovrebbe essere la diminuzione del lavoro.
L'eliminazione del lavoro inutile. Lavoro per tutti, solo se utile e in modica quantità.
La dannazione del lavoro ha il suo "altro", il suo specchio, nei parassiti sociali.
Quelli che, grazie al lavoro inutile degli altri, non lavorano.
Sono dei divoratori di risorse umane e ambientali. Non hanno un lavoro vero e proprio, ma manipolano e posseggono il denaro, quantità spesso enormi di
denaro. Sono gli addetti alla leva della ruota in cui girano, inconsapevoli, i lavoratori.
La diseguaglianza sociale rende obbligatorio il lavoro inutile.
La solidarietà sociale e una equa distribuzione dei beni cancellerebbe ogni produzione fine a sé stessa e i parassiti economici..
Che senso ha avere, nello stesso Paese, l'Italia ad esempio, milioni di persone sotto la soglia di povertà, milioni di disoccupati e centinaia di migliaia
di persone ricche a dismisura?
Cosa vuol dire "vivere" nello stesso Paese per gli evasori e per i precari?
La povertà è la materia prima del consenso dei regimi.
Vanno stabilite una soglia di ricchezza e una soglia di povertà, entrambe da non superare.
Avere e non avere.
sabato 20 marzo 2010
DDL 'Lavoro': articolo 18 sotto attacco. Legge incostituzionale |
Epifani, con questa legge si cerca di introdurre un arbitrato forzoso che costringe i lavoratori a rinunciare a quello che la Costituzione consente loro - Leggi il testo del ddl » DDL 'Lavoro': attacco all'articolo 18, peggiore di quello del 2002 » DDL Lavoro: nessun avviso comune su arbitrato, norma incostituzionale » Commento dell'Ufficio Giuridico della CGIL sul ddl Lavoro |
18/03/2010 | Giuridica Il DDL 'Lavoro' è una norma incostituzionale. Il leader della CGIL non ha dubbi, e lo ha ricordato anche da Padova, venerdì scorso, durante lo Sciopero Generale indetto dalla CGIL. “Con questa legge - spiega Epifani - si cerca di introdurre un arbitrato forzoso che costringe i lavoratori a rinunciare a quello che la Costituzione consente loro: cioè di ricorrere al giudice quando vengono violati i diritti di un contratto e i diritti di una legge. Quindi è una norma che noi combatteremo e faremo rimuovere”. Con l'arbitrato, spiega Epifani, un lavoratore “rinuncerà per tutta la sua vita lavorativa a rivolgersi ad un giudice del lavoro”, e aggiunge, “è una norma incostituzionale”. Al centro delle critiche sono, in particolare, gli articoli 30 e 31 della nuova legge, approvata definitivamente la scorsa settimana con il voto favorevole del Senato. Secondo il testo di legge il lavoratore ed il datore di lavoro potranno concordare, al momento della stipula del contratto, di ricorrere ad un arbitro in caso di controversia. Sottoscrivendo questo accordo il lavoratore, non solo non potrà più rivolgersi al giudice in futuro, ma, oltretutto, otterrà un giudizio 'secondo equità', ovvero senza il rispetto delle norme di legge, compreso l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, e dei contratti collettivi. “I datori di lavoro potranno utilizzare, su vasta scala, lo strumento offerto dalla nuova legge” ci spiega Lorenzo Fassina, dirigente dell'Ufficio Giuridico della CGIL Nazionale, in un'intervista rilasciata pochi giorni fa. Il sindacalista sottolinea come “approfittando della condizione di debolezza delle persone in cerca di lavoro”, in particolare in un periodo come questo, in cui la crisi economica ha fatto salire la disoccupazione a livelli storici per l'Italia, sarà possibile “portare gli aspiranti lavoratori davanti ad una commissione di certificazione” per fargli sottoscrivere contratti in cui sarà sancita sia “la rinuncia alla normale azione giudiziaria” che “l’affidamento ad arbitri della risoluzione delle future liti”. Sembra però che l'atteggiamento degli altri sindacati confederali, sulla questione arbitrato, vada in altra direzione. Infatti, giovedì scorso, durante un incontro al Ministero del Lavoro, convocato per discutere di 'modulazione dell’orario di lavoro', è stato proposto a sorpresa il testo di un avviso comune. Una iniziativa che, secondo Claudio Treves, coordinatore del dipartimento nazionale CGIL 'Politiche del Lavoro', presente al tavolo, si può definire una “vera e propria imboscata”. Il giudizio della CGIL sul 'DDL Lavoro', ha spiegato Treves nel corso di quella giornata, “è pessimo e si ravvisano elementi di incostituzionalità sulla norma”. Secondo il dirigente di Corso d'Italia, durante l'incontro, di Giovedì, al Ministero “ci siamo trovati di fronte a un'azione, presumo, preordinata da parte dei sindacati confederali e delle associazioni datoriali, su una norma di una recente legge peraltro non ancora comparsa sulla Gazzetta Ufficiale". La CGIL, ascoltate le proposte, ha deciso di non apporre la propria firma all'intento di avviso comune. Bisogna inoltre ricordare che, per il Sindacato di Corso Italia, la questione viene da lontano. Infatti che vi fossero delle forti critiche sul tema dell'arbitrato e circa la volontà del Governo di riformare il processo e il diritto del lavoro è cosa nota già dall'autunno 2008. All'epoca la CGIL aveva organizzato un convegno dal titolo 'La controriforma del processo e del diritto del lavoro', per poi andare avanti con molte altre iniziative fino all'appello contro il DDL 1441 quater-B 'Fermiamo la controriforma del diritto del lavoro'. Appello che ha raccolto le firme di importati giuslavoristi come Luciano Gallino, Umberto Romagnoli, Massimo Paci, Tiziano Treu e giuristi come Massimo Luciani e Andrea Proto Pisani, e sulla quale si sta ancora lavorando. |
giovedì 18 marzo 2010
IL RETROSCENA sull’esclusione delle liste PDL nel Lazio. Ecco come è andata veramente.
Niente panini acquistati un momento prima della chiusura degli uffici . Nessun giudice rosso e sovversivo che tenta di boicottare la scalata della sindacalista di ferro, e soprattutto nessuna responsabilità imputabile ad esponenti del partito dei Radicali.
A quanto sembra la colpa di tutta questa grottesca bagarre, è imputabile solo ed esclusivamente al PDL. E più precisamente ad alcune lotte interne al partito.
Vado a spiegarvi il perché.
Quello che succede prima di ogni elezione, all’interno di ogni grande partito, è una sorta di guerra nascosta a gli occhi degli elettori. Nel periodo pre-elettorale si ricalibrano gli aghi delle bilance, si consolidano le alleanze e si sciolgono le vecchie unioni.
Soprattutto nei partiti nati dalla fusione di quelli più piccoli, capita spesso che gli esponenti confluiti nella coalizione tendano a rimanere fedeli alla vecchia bandiera. Questo comporta una specie di cameratismo interno, che spesso sfocia in vere e proprie lotte intestine.
Lotte che in alcuni casi portano allo scioglimento del partito stesso, ma che la maggior parte delle volte si risolvono, accontentando ogni singola parte a suon di poltrone d’oro ed incarichi importanti, quali assessorati, sottosegretariati, posti all’europarlamento.
Il momento migliore per far valere le proprie ragioni all’interno di un partito, ed accaparrarsi quindi una candidatura, un incarico o una poltrona, è quello delle elezioni. Non importa se comunali, regionali o nazionali.
Alla vigilia di una votazione quindi, ogni personaggio che conta, tenta di piazzare tra le candidature, un suo fedelissimo, che in cambio di uno stipendio a molti zeri, avrà il compito di mantenere stabile la posizione del suo diretto superiore, ed ingrassare le fila della corrente alla quale fa riferimento.
Oltre ad appagare i vertici ed i quadri di ogni partito, spesso capita, specie nelle elezioni comunali e regionali, di dover accontentare anche la manovalanza. Ossia quei personaggi, spesso scomodi, che non compaiono a livello nazionale di fronte all’elettorato di massa, che mai vedrete in televisione in qualche talk show, ma che “dietro le quinte”, lontano dagli occhi, lavorano per spostare centinaia, a volte anche migliaia, di voti.
La maggior parte delle volte, questi individui, che gestiscono migliaia di voti, sono elementi fondamentali per il partito. Loro fanno il lavoro sporco. Girano nei quartieri, vivono in mezzo alla gente, raccolgono lamentele e fanno promesse in prima persona. Insomma fanno politica come si faceva un tempo.
Capita inoltre, specie in un partito che affonda le sue radici nella militanza cameratista, come il PDL. Che questi personaggi, non abbiano proprio un passato che si possa sbandierare ai quattro venti.
E capita, che personaggi del genere possano prenderla poco bene, se all’ultimo momento si cerca di farli fuori dalle liste elettorali.
Ed è proprio questo quello che sembra possa essere accaduto durante la presentazione delle liste per le elezioni alla regione Lazio.
Il motivo per il quale il PDL non ha consegnato nei termini di legge la documentazione sulle proprie liste, è imputabile ad una lotta interna, nella quale alcuni esponenti di spicco della corrente di Forza Italia, hanno tentato di far fuori dei candidati appartenenti alla corrente di Alleanza Nazionale.
Ma ricostruiamo i fatti.
Il presidente del XIX municipio di Roma, tale Alfredo Milioni (incaricato di presentare le liste) la mattina della consegna, riceve una telefonata nella quale gli viene ordinato di cancellare ben quattro nomi, appartenenti alla corrente di AN e sostituirli con altrettanti candidati fedeli a Forza Italia.
Un vero e proprio colpo di mano, compiuto all’ultimo momento, dai vertici Berlusconiani ai danni dei fedelissimi di Alleanza Nazionale.
Su chi abbia fatto la telefonata, non ci sono certezze, ma si vocifera si tratti di Gianni Sammarco, Deputato e vice coordinatore del PDL, nonché cognato di Cesare Previti. Ovviamente Sammarco smentisce.
Ma cosa è successo dopo che Milioni, chiusa la telefonata, si è apprestato a cancellare i quattro nomi ed a sostituirli con i nuovi più consoni candidati?
Proprio in quel momento è scoppiata una rissa. Quella famosa, che ha tenuto banco sui TG di tutto il paese. La bagarre c’è stata, e si è svolta tra Milioni, alcuni esponenti dei radicali e due personaggi misteriosi. I quali sembrano essere molto più che semplici comparse in tutta questa vicenda.
I due personaggi in questione, sembra fossero due fedeli collaboratori di Samuele Piccolo un ex di An, giovane consigliere comunale, nonché uno dei candidati PDL per il Lazio.
Probabilmente, siccome Piccolo non è uno sprovveduto, aveva mandato i due collaboratori a sincerarsi che le presentazione dei documenti procedesse senza intoppi. Ma sembrerebbe proprio che l’intoppo ci sia stato. Infatti uno dei nomi da depennare dalle liste, a favore di qualche raccomandato di Forza Italia, era proprio quello di Samuele Piccolo.
Non appena scoperto il sotterfugio, i due fedelissimi del giovane consigliere si sono prontamente attivati per bloccare la presentazione delle liste. Nella concitazione sarebbero intervenuti alcuni esponenti del partito dei radicali, presenti in tribunale, e nel frattempo i termini di legge per la consegna venivano ampiamente superati per motivi di tempo.
Sembra che il nome che doveva sostituire quello di Samuele Piccolo, fosse quello di Pietro di Paolo, consigliere comunale e marito dell On. Saltamartini.
Piccolo dal canto suo non conferma ma neppure smentisce l’episodio. E tramite le pagine del giornale “La Repubblica” afferma: “Quando ho letto che la lista del PDL sarebbe stata presentata in ritardo perché qualcuno voleva cassare il mio nome in extremis per sostituirlo con quello di chi non si sa bene di chi, sono rimasto senza parole”.
E prosegue: “mi auguro che il presidente Berlusconi, che proprio pochi giorni fa ha parlato di trasparenza e di serietà dei candidati, intervenga subito per fare piena luce su questo spiacevolissimo episodio che mina la credibilità della politica”.
Ovviamente il presidente Berlusconi, sembra non aver preso in considerazione neanche lontanamente l’ipotesi di intervenire sull’episodio. La sua strategia politica, per giustificare la mancata presentazione delle liste, resta quella del collaboratore distratto che, in preda ai morsi della fame, corre al bar per comprarsi un panino nel momento meno opportuno. E ci si può scommettere: per la maggior parte degli elettori questa è l’inconfutabile verità.
L'articolo sopra è tratto da http://informacritica.blogspot.com/2010/03/il-retroscena-sullesclusione-delle.html
lunedì 15 marzo 2010
La televisione conta poco o nulla nel consenso a Berlusconi? A parlare dei processi e degli scandali che riguardano il premier gli si fa soltanto un favore? Invece di rompere le tasche da anni a noi "antiberlusconiani", i professorini di liberalismo dovrebbero spiegare questi concetti al diretto interessato. Dalle intercettazioni pubblicate da Il Fatto e riprese da tutti, pare infatti che il Cavaliere non si occupi d'altro che di controllare la televisione e i suoi controllori.
Mentre il Pil crolla e i premi Nobel per l'economia pronosticano la bancarotta dello Stato italiano, il presidente del Consiglio trascorre le serate a "concertare" con il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi e con altri sottoposti il modo di chiudere Annozero, si sbatte per impedire in futuro l'accesso agli studi Rai a Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro, ordina l'oscuramento perpetuo di Antonio Di Pietro, perde perfino tempo a spiegare a Minzolini che cosa deve dire nell'editoriale del giorno dopo. Tutto purché non passi nel servizio pubblico una mezza informazione sui processi e gli scandali che lo riguardano. Al resto, ci pensano i fidi direttori dei tiggì.
È un concentrato nauseabondo di regime quello che emerge dai dialoghi al telefono. Un padrone ossessivo e dittatoriale che impartisce ordini pazzeschi a un branco di servi contenti. Nel novembre scorso, alla vigilia di una puntata di Santoro dove figura fra gli invitati, Maurizio Belpietro, classico giornalista da riporto, telefona al padrone per informarlo che si parlerà del caso Mills. Berlusconi diventa una furia, chiama il suo uomo all'Autorità delle Comunicazioni, Innocenzi, e gli affida la missione di impedire la messa in onda del programma.
Innocenzi chiama il direttore generale della Rai che un po' si lamenta ("nemmeno in Zimbabwe") ma poi illustra allo sprovveduto censore il sistema per bloccare Santoro. In futuro però, perché per impedire la messa in onda la sera stessa bisognerebbe fare un golpe. Ipotesi ancora prematura. Nel frattempo il premier del fare ha già sparso minacce e pressioni per mezza Italia e inviato in missione Letta da Calabrò, presidente dell'Autorità. Un copione simile si rivede ogni volta che Annozero affronta le questioni giudiziarie del premier, per esempio nei giorni della deposizione del pentito Spatuzza. In questo caso scatta anche la rappresaglia sotto forma di editoriale di Minzolini. Quello che teme chi vuole dimezzarne la professionalità. Ponendo un affascinante quesito matematico: si può dimezzare lo zero assoluto?
Ma qui nello Zimba, nemmeno Zimbabwe, si può tutto. Nessuno si scandalizza. Il direttore del Tg1 sostiene che sia normale per un giornalista prendere ordini dal presidente del Consiglio. "Altrimenti che giornalista sarei?". Quando si dice una domanda retorica. I professori di liberalismo invitano, come sempre quando si tratta di persone di rispetto, a non criticare (ovvero: "linciare") nessuno prima che siano provati i reati in maniera definitiva. Quindi, mai. In Italia infatti i processi a potenti da decenni non giungono a sentenza definitiva. In compenso la libera informazione italiana può sempre sfogarsi mettendo alla gogna mediatica qualsiasi anonimo poveraccio incappato in un'indagine su un delitto di periferia, senza suscitare le ire dei garantisti nostrani. Così com'è un costume diffuso in Europa, nel Nord America e finanche in molte democrazie africane e asiatiche, esprimere giudizi etici e politici sui comportamenti delle figure pubbliche addirittura - sebbene alcuni opinionisti indigeni non lo crederanno mai - in assenza di veri e propri reati.
Se dalle intercettazioni e dai comportamenti concreti del commissario Innocenzi e del direttore Minzolini, funzionario e dipendente pubblico, emerge una totale sottomissione a un capo politico, non c'è alcun bisogno di aspettare l'esito dell'inchiesta di Trani per dare un giudizio del loro operato. Almeno se si vuole continuare a fingere di essere un paese normale. Peraltro, a volte queste cose accadono anche in paesi meno normali. Tanto per rimanere in tema, tre anni fa a Bulawayo l'arcivescovo Pius Ncube, anche in seguito alla protesta dei fedeli, rassegnò le dimissioni per potersi difendere "più liberamente e senza coinvolgere la Chiesa" in un processo per reati sessuali. Bulawayo è nello Zimbabwe.
domenica 14 marzo 2010
sabato 13 marzo 2010
giovedì 11 marzo 2010
Domani sciopero generale promosso dalla sola Cgil. Al centro art. 18, fisco e scuola 11/03/2010
L'affamatore dei licenziati
C'è del metodo in questa follia. Tutti vedono che la crisi si sta mangiando posti di lavoro a decine di migliaia, ogni mese. In un paese serio si correrebbe ai ripari rimettendo in piedi almeno uno straccio di politica industriale; qui niente. Poi, in un momento di lucidità - o, più prosaicamente, di preoccupazione elettorale - la Commissione lavoro della Camera approva all'unanimità o quasi un emendamento bipartisan che prolunga da 12 a 18 mesi il periodo coperto dalla cassa integrazione ordinaria (Cigo). A molti - ad alcuni sindacati, perlomeno - sembra persino poco: il periodo «giusto» dovrebbe essere di due anni, come minimo. Inoltre non è certissima la copertura finanziaria.
Mentre ci si interroga sui molti pro e i pochi contro, arriva il parere - «autorevole» per eccesso di autoritarismo, non certo per serietà di argomentazione - del ministro del lavoro (e del welfare, e di una serie di altre cose che dovrebbero avere a che fare con il «benessere» della popolazione): «è una norma inutile, perché proteggiamo già i lavoratori ben pià di 18 mesi, abbiamo infatti semplificato la Cigs e abbiamo introdotto la cassa in deroga. Copriamo duttilmente e flessibilmente per tempi anche indefiniti tutti i lavoratori che ne hanno i requisiti». Un no secco, confermato da una decisione: «il governo sarà parere negativo all'emendamento».
Che Sacconi menta sapendo di metire, lì per lì, lo pensano in tanti. A dirlo sono però soprattutto Rifondazione comunista e Italia dei valori. Il perché è presto spiegato: la «cig straordinaria» viene concessa in caso di processi di ristrutturazione molto pesanti, che riducono in modo considerevole l'occupazione. Quella «in deroga», invece, riguarda le imprese (i lavoratori sono solo l'oggetto del contendere, ma la cig viene autorizzata dall'Inps alle imprese) che non rientrano nei parametri della cig «ordinaria» (e quindi nemmeno della «straordinaria»). Il ministro, insomma, cui nessuno nega una competenza tecnica accoppiata a «odio contro i lavoratori italiani» (Maurizio Zipponi, Idv), fa evidentemente confusione, in piena coscienza. Il prolungamento dell'«ordinaria», infatti, consente di considerare ancora formalmente «occupati» i dipendenti, legati a un'azienda da un normale rapporto di lavoro. Straordinaria e «in deroga», così come la «mobilità», sono sinonimo di disoccupazione (assistita per qualche tempo, ma non «indefinito, come invece racconta il ministro).
La mossa sconvolge persino il presentatore dell'emendamento (Giuliano Cazzola, primo firmatario e deputato berlusconiano) e il presidente della Commissione lavoro (Silvano Moffa, ex presidente finiano della provincia di Roma). Ma differiscono di molto le reazioni. Il primo - ex sindacalista socialista craxiano, addirittura nella Cgil - si spiana completamente sotto il gran rifiuto del suo capo (ex socialista craxiano anch'egli), fino a dargli ragione, perché «non avevamo la forza di fare la riforma degli amortizzatori sociali che vuole fare il governo, però abbiamo inserito alcune norme molto modeste a favore dei cocopro». Viva la sincerità: «molto modeste», nel quadro di questa crisi, significa «niente». Moffa, invece, si è limitato a chiedere «rispetto per il parlamento», anche se «il governo sta facendo bene». Due leoni, insomma. A guardia di un parlamento che non conta più niente.
Dall'opposizione democratica non arrivano segnali decisivi (solo l'ex ministro del welfare, Cesare Damiano, si espone fino ad affermare che la scelta di Sacconi «è molto grave»). La Cgil, con il segretario confederale Fulvio Fammoni, ricorda giustamente che semmai si chiedeva «il raddoppio» del periodo di copertura della cassa; magari cone un'implementazione dell'assegno (che non per tutti è pari all'80% dell'ultima retribuzione).
Ma è evidente che, per quanto si voglia estendere un ammortizzatore sociale importante come la cig, non è questa la via per risolvere il problema della drammatica riduzione dell'occupazione. Se ne mostra consapevole - tra i pochi - Paolo Ferrero (segretario di Rifondazione), che mette esplicitamente in campo la «necessità di una politica industriale». Se «il privato non sa o non vuole farsene carico, è il pubblico che deve promuovere una riconversione ambientale dell'economia, a partire dalle energie rinnovabili». Sembra ieri, quando c'era l'Iri. O Obama.
DDL 'Lavoro': attacco all'articolo 18, peggiore di quello del 2002 |
CGIL, svilite norme di legge e contratto collettivo nazionale attraverso la certificazione e l’arbitrato - Leggi il testo del ddl » Commento dell'Ufficio Giuridico della CGIL sul ddl Lavoro » 12 marzo: Sciopero Generale CGIL |
08/03/2010 | Giuridica L'attacco che sta subendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è peggiore di quello del 2002. Allarmante il giudizio dei giuristi della CGIL che non usano mezzi termini contro il DDL 'Lavoro', passato all'esame del voto del Senato pochi giorni fa. A spiegare nel merito alcuni importati aspetti della Legge approvata è Lorenzo Fassina, dirigente dell'Ufficio Giuridico della CGIL Nazionale, al quale abbiamo chiesto quali sono le differenze rispetto al precedente tentativo di modifica dello Statuto dei Lavoratori. Quale è il giudizio sul provvedimento di riforma? Mentre nel 2002 veniva attaccato solo l’articolo 18, con la nuova legge si fa di peggio, nel senso che si fa in modo di svilire tutte le norme di legge e di contratto collettivo attraverso la certificazione e l’arbitrato. Sarà infatti possibile, per il datore di lavoro, imporre un contratto certificato nel quale il lavoratore rinuncia a priori alla tutela giudiziaria per affidare la futura controversia ad una “giustizia privata”, ossia l'arbitrato. Gli arbitri, quando saranno chiamati a decidere sulla controversia tra dipendente e datore di lavoro, potranno addirittura giudicare “secondo equità”, ovvero senza il rispetto delle norme di legge (come l’articolo 18) e di contratto collettivo. In questo modo, oltre a svuotare di significato le norme di legge a tutela del lavoratore, il nuovo provvedimento del Governo rende, di fatto, inutile la contrattazione collettiva. Occorre anche sottolineare la palese falsità delle affermazioni di Sacconi quando dice che l’arbitrato non pregiudicherà la via alla giustizia ordinaria: così non è, incontestabilmente. Ma quel che è peggio è che l’articolo 18 potrà essere disapplicato anche attraverso un altro percorso. L’articolo 30 della nuova legge dice infatti che il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento contenute nel singolo contratto individuale certificato. In questo modo il giudice potrà ritenere giustificato un licenziamento anche se in contrasto con le norme di legge, non reintegrando quindi il lavoratore nel posto di lavoro. Quali possono essere le immediate conseguenze? I datori di lavoro potranno utilizzare, su vasta scala, lo strumento offerto dalla nuova legge. Approfittando della condizione di debolezza delle persone in cerca di lavoro, potranno portare gli aspiranti lavoratori, dal momento della stipula di un contratto, davanti ad una commissione di certificazione per fargli sottoscrivere contratti di assunzione in cui sarà sancita sia la rinuncia alla normale azione giudiziaria che l’affidamento ad arbitri della risoluzione delle future liti. Chi saranno i più colpiti da questo nuovo dispositivo di legge? Premesso che la condizione di debolezza accomuna la stragrande maggioranza dei lavoratori, soprattutto quelli con le qualifiche medio-basse, la nuova legge colpirà in modo molto duro i lavoratori precari, i contrattisti a progetto, i lavoratori a termine, gli associati in partecipazione, quelli trasferiti e quelli somministrati (staff leasing). Inoltre va aggiunto che l’articolo 32 della nuova legge introduce una vera e propria “corsa contro il tempo” per far valere i propri diritti davanti ad un giudice. Se il provvedimento del datore di lavoro non sarà contestato entro il termine strettissimo di 60 giorni, e non più cinque anni, il diritto del lavoratore sarà carta straccia. L’esempio emblematico può riguardare un lavoratore che ha appena concluso un contratto a termine e che è in attesa di un rinnovo da parte del datore di lavoro. Nella speranza di riprendere l’attività lavorativa con un nuovo contratto a termine il lavoratore aspetterà di essere chiamato e lascerà trascorrere i 60 giorni stabiliti dalla nuova legge per contestare il precedente contratto. In questa attesa, quindi, si consumerà quel breve lasso di tempo e il lavoratore avrà perso ogni possibilità di contestare il precedente contratto. Da tutto quello che abbiamo detto appare più che giustificata l’affermazione di Epifani quando dice che “da ora in poi, i lavoratori, saranno più soli e più ricattabili”. |
martedì 9 marzo 2010
Il voto mancato degli astenuti ha permesso che accadesse quello che stà succedendo in questi giorni.
Non votare significa delegare ad altri le decisioni sul destino comune. Se una persona (o una idea) si ritrae, il suo "spazio" viene immediatamente occupato da altri. E non è detto che lo occupino persone o idee analoghe: è uno SPAZIO POLITICO VUOTO E DISPONIBILE.
Dobbiamo riappropriarci di questo spazio.
Sappiamo che anche persone dell'altro schieramento non meritano il nostro voto e non ci rappresentano, ma è la classe politica che abbiamo e solo in un contesto democratico rafforzato potremo lavorare per cacciarla. Intanto andiamo a votare. Votiamo chiunque, purché dell'opposizione.
Sappiamo che queste sono elezioni locali, che non cambieranno la maggioranza al Governo, ma sarà un segnale forte e chiaro che il Paese si è svegliato e non accetta che le cose accadano sopra la sua testa. Che vuole essere protagonista, che non vuole più delegare. Che vuole esercitare il suo diritto di scelta e di controllo.
In futuro, quando ci saranno le elezioni politiche, decideremo quale forza politica governerà il Paese e allora staremo col fiato sul collo ai politici che avremo eletto. Ma non votare, in questo momento, significherebbe comunicare a maggioranza e opposizione che a noi non importa niente di quello che succede nel Paese.
Sappiamo che non è così, sappiamo che anche a voi sta a cuore la vita democratica, che la vostra astensione è un atto di ribellione, non di qualunquismo. Ma, in questo momento, è necessario che la vostra ribellione si manifesti. E non solo con le proteste di piazza e le firme ad un appello.
Chi non se ne rende conto non ha capito l'insegnamento della Resistenza, quando forze politiche di cultura e progetti diversi collaborarono per una unica finalità, quella di restituire spazi politici e libertà ad una paese che li aveva persi. La situazione attuale è pressochè identica.
Perciò vi preghiamo, per l'amicizia e la solidarietà che ci lega, ANDATE A VOTARE !
L'ASTENSIONE DAL VOTO NON E' UNA PROTESTA MA UNA RESA!
Tutti i lavoratori pubblici e privati saranno chiamati a scioperare per 4 ore, organizzate manifestazioni in tutte le piazze
Il Governo nega la crisi e promette che nessuno “verrà lasciato indietro”. Intanto cresce la disoccupazione, si licenziano i precari della scuola e della pubblica amministrazione, si moltiplicano le vertenze sull'occupazione e le risposte continuano a non essere date.
La prima richiesta della CGIL al Governo, a Confindustria e a tutte le imprese è fermare i licenziamenti. E' necessario garantire la prosecuzione della CIG in deroga, raddoppiare la durata dell'indennità di disoccupazione e aumentare i massimali CIG, sostenere il reddito e prevedere gli ammortizzatori sociali per i precari.
E' necessario affrontare le vertenze impedire la chiusura delle aziende, definire strumenti di politica industriale, avviare subito un piano per la ricerca e un piano per il Mezzogiorno. Una risposta immediata della CGIL è una prima restituzione di 500 euro per il 2010 di quanto già lavoratori e pensionati hanno pagato in più.
E' necessario ridurre le tasse per lavoratori e pensionati, attraverso la lotta all'evasione e all'elusione fiscale, la tassazione come in Europa delle rendite finanziare, dei grandi patrimoni e delle stock option, attraverso l'abbassamento della prima aliquota al 20 %.
E' necessario costruire un futuro per il Paese attraverso politiche di accoglienza e lotta alle nuove schiavitù. Fondamentale è la regolarizzazione dei migranti che lavorano, la sospensione della Bossi-Fini per i migranti in cerca di rioccupazione, abolire il reato di clandestinità, riconoscendo la cittadinanza alla nascita nel nostro Paese, estendere l'art. 18 del Testo Unico sull'immigrazione equiparando il reato di caporalato a quello di tratta sugli esseri umani
lunedì 8 marzo 2010
ROMA - Il Tar del Lazio con un'ordinanza ha respinto la richiesta con la quale il Pdl contestava la decisione della Corte d'Appello di escludere la lista di Roma dalle elezioni regionali.
MARONI: SE IL TAR DICE NO, LISTA OUT ANCHE CON DL - "Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto": lo aveva detto da Milano il ministro dell'interno Roberto Maroni. Maroni poco prima dell'ordinanza del Tar spiegando che nel decreto cosiddetto 'salva-liste', il Governo avrebbe potuto riaprire i termini per la presentazione delle liste: ''Abbiamo invece conservato i termini e abbiamo detto ai giudici di decidere loro sulla base di come la legge e' stata interpretata dal governo. Mi auguro che entro pochissimi giorni il quadro sia completo, in modo da poter svolgere quel che resta della campagna elettorale e, serenamente, farla svolgere a chi ha diritto di farla''. Maroni, quindi, ha ribadito che il decreto e' stato solo di carattere interpretativo. ''E' nel potere del governo di farlo - ha precisato -. Io mi sono sempre opposto alla modifica delle regole e infatti abbiamo fatto un provvedimento che non le modifica''. Il ministro dell'Interno ha anche precisato: ''Di fronte ad una disparita' di valutazione, che rischiava di ledere interessi forti dei cittadini, prima ancora che dei presentatori delle liste, siamo intervenuti per dire cosa dice esattamente la legge''. Maroni ha quindi ricordato che ''la legge dice che non sono ammessi ricorsi contro l'accettazione di una lista ma solo contro l'esclusione della propria. Il Tar della Lombardia, per esempio, proprio su questo punto ha deciso nello stesso modo e ha spiegato di non avere applicato il decreto, dando quindi la nostra stessa interpretazione''. DECIDERE PRESTO, EVITARE RINVIO ELEZIONI - ''L'Italia - ha detto ancora Maroni - e' il Paese dei ricorsi e controricorsi, che non si negano a nessuno. Il mio auspicio e' che si decida in fretta e si chiuda nel minor tempo possibile questa vicenda, per evitare di dover rinviare le elezioni''. ''Mi aspetto - ha aggiunto - che chi deve giudicare lo faccia rapidamente. Ricordo che il cosiddetto decreto 'salva-liste' non salva alcuna lista, perche' la decisione spetta sempre ai giudici''
DEPOSITATA LISTA PDL LAZIO, DECISIONE IN 24 ORE
- Stamani, intanto, il Pdl ha presentato la lista provinciale di Roma presso l'Ufficio elettorale. A renderlo noto e' stato il coordinatore del Lazio del Pdl Vincenzo Piso il quale ha anche spiegato che "a partire da allora, secondo quanto prevede la legge, l'Ufficio elettorale ha 24 ore per ammettere la lista".
TRA PD E IDV TORNA SERENO, SABATO IN PIAZZA INSIEME - Dopo la tensione dei giorni scorsi, sembra tornare il sereno tra il Pd e l'Idv che sabato manifesteranno a piazza del Popolo insieme a tutti i partiti dell'opposizione, tranne l'Udc. Un appello comune e gli aspetti organizzativi dell'iniziativa sono stati messi a punto in una riunione, in corso oggi pomeriggio nella sede del Pd. La riunione era affollata come non si vedeva dai tempi dell'Unione: i dirigenti del Pd Maurizio Migliavacca e Nico Stumpo, il segretario laziale dell'Idv Stefano Pedica, esponenti di Sel, del Partito Socialista e della Federazione della Sinistra, Gianfranco Mascia, uno dei leader del popolo viola, e anche rappresentanti dei Radicali che domani, nell'assemblea nazionale, decideranno ufficialmente se partecipare alla manifestazione. Le parole d'ordine della manifestazione, che comincera' alle 14 a piazza del Popolo, saranno democrazia, legalita' e lavoro e la protesta contro il dl salva-liste si coniughera' con la denuncia dell'inadeguatezza del governo di fronte alla crisi economica. Chi ha partecipato alla riunione parla di concordia dei partecipanti sullo scopo dell'iniziativa ''senza nessun distinguo da parte dell'Italia dei Valori, che ha preso coscienza che il governo e' l'unico responsabile del dl-truffa''.
BRESSO: ANCHE PIEMONTE FARA' RICORSO CONTRO DECRETO - "La Regione Piemonte farà ricorso contro il decreto salva liste": lo ha annunciato la presidente della Regione, Mercedes Bresso, precisando che la decisione è stata presa nella riunione di giunta di questa mattina. "Non possiamo accettare - ha detto Bresso - ingerenze del Governo in una materia che in Piemonte è già regolamentata dalla legge regionale. Noi abbiamo attivato la procedura della legge elettorale regionale, tanto è vero che sono stata io a convocare i comizi elettorali e quindi ad indire le elezioni". "E' vero che il decreto del Governo è riferito ad altre regioni - ha aggiunto Bresso rispondendo alle domande dei giornalisti - ma in futuro quello che il decreto sancisce sarà valido per tutte le regioni italiane. E anche ora lo sarebbe se ci fossero ricorsi di cui al momento non siamo a conoscenza".
PD DEPOSITA DIFFIDA CONTRO AMMISSIONE PDL - L'avvocato Gianluigi Pellegrino ha depositato questa mattina per il Pd un atto di significazione che diffida la Commissione elettorale del Tribunale di Roma ad ammettere alla competizione elettorale ciò che il PdL ha in animo di consegnare oggi. "Abbiamo evidenziato - ha spiegato il legale - che nessun deposito può essere effettuato oggi, in particolare quello del PdL. E questo per tre motivi: il primo è che nel Lazio si applica le legge regionale elettorale 2/2005 che non è interessata dal dl. Quindi non c'é nessuna novità legislativa che regoli il procedimento che la Commissione è tenuta ad applicare, perché la competenza è regionale". Il secondo motivo - ha proseguito l'avvocato Pellegrino- è che anche se si applicasse il PdL non ha i presupposti di cui alla norma. Dovevano essere presenti in Tribunale entro le 12 con la prescritta documentazione. Ma nel famoso pacco non sappiamo cosa sia contenuto ma per loro stessa ammissione non conteneva tutto il necessario. Per altro il pacco alle ore 17 del 27 febbraio è stato da loro stessi portato via e dopo due ore mezza, cioé alle 19,30, hanno portato della documentazione presso presso il Comando provinciale dei carabinieri. Tutto ciò è a verbale. Di conseguenza - ha spiegato - non è in nessun modo dimostrabile che ciò che era stato abbandonato nel Tribunale corrisponda a quanto portato in seguito ai carabinieri. Il terzo motivo - ha proseguito l'avvocato Pellegrino - è che la Commissione elettorale ha già consumato il suo potere in tema di ammissione delle liste, tanto é vero che ha già effettuato il sorteggio per la posizione sulla scheda. Il dl che non incide sulla legge regionale che regola il procedimento non attribuisce alcun potere alla Commissione a tornare sulle fasi concluse. Inoltre il divieto della Commissione di tornare indietro sui propri atti è pacifico - ha concluso l'avvocato del PD - ed è stato infatti confermato dalla decisione del Tar della Lombardia sul caso Formigoni".
TAR LAZIO, INIZIATA UDIENZA SU RICORSO PDL - Ha avuto inizio l'udienza davanti alla seconda sezione bis del Tar del Lazio per discutere il ricorso elettorale del Pdl contro l'esclusione della lista di Roma dalle prossime regionali. L'udienza si svolge in camera di consiglio ed è certo che in serata ci sarà la decisione dei giudici amministrativi. Si sono costituiti in giudizio il presentatore della lista del Pd Francesco Pieroni, il partito Sinistra Ecologia e Libertà, il Movimento difesa del cittadino e la lista Emma Bonino-Marco Panella. Il rappresentante dell'avvocatura regionale del Lazio si è costituito formalmente depositato anche la delibera della Regione che dispone il ricorso alla corte costituzionale contro il dl approvato dal consiglio dei ministri.
BONINO,OGGI COMPIO 62 ANNI MA CON DL 26 - "Oggi compio 62 anni ma con un decreto interpretativo potrei farne 26, tanto è un cavillo". Questa è la battuta che la candidata alla presidenza della Regione Lazio per il centrosinistra, Emma Bonino, ha fatto nel corso di un incontro con la fondazione Bruno Zevi. Bonino ha parlato del giorno del suo compleanno dicendo: "In questo Paese si vota sempre verso aprile-maggio. E' come se i miei compleanni fossero sempre condizionati o legati dalle campagne elettorali".