«Noi facciamo sindacato e difendiamo i diritti dei lavoratori, mai così colpiti. Per questo il 9 giugno incontriamo Pd, Idv, Sel e Federazione della sinistra chiedendo impegni precisi per il futuro sul tema del lavoro». Maurizio Landini festeggiava ieri i due anni alla guida della Fiom («ho resistito bene, sono stati impegnativi per me, ma soprattutto difficili per le persone che rappresento che hanno subito un attacco ai loro diritti senza precedenti») e vuole precisare che «all’orizzonte non c’è alcun partito o lista della Fiom».
Landini, nel pullulare di liste civiche c’è chi dà per certo che la Fiom si candidi alle prossime elezioni. È vero?
«Il problema non è questo. Il problema è che le persone che lavorano hanno visto un peggioramento secco della loro situazione e i loro bisogni non sono sufficientemente rappresentati. Noi chiediamo a chi si candida a governare il Paese di rimettere mano ad una riforma delle pensioni che penalizza anziani e di conseguenza i giovani, una legge sulla rappresentanza che permetta ad ogni lavoratore di scegliersi liberamente il suo sindacato, tornare ad un articolo 18 che realmente salvaguardi dal licenziamento economico, ammortizzatori sociali per i precari fino ad un reddito di cittadinanza. Siamo contenti che Bersani, Di Pietro, Vendola abbiamo accettato il nostro invito e gli chiederemo di prendere impegni concreti su questi temi prima di candidarsi».
E se sabato prossimo i partiti non vi daranno risposte soddisfacenti?
«Una cosa per volta. La nostra richiesta è di riconnettere democrazia e lavoro, sapendo che la crisi di rappresentanza non colpisce solo i partiti. Chi non va a votare o vota nuovi movimenti non va etichettato come “antipolitica”, siamo invece di fronte ad una nuova domanda di politica. Il 9 giugno assieme ai partiti ci saranno anche associazioni, soggetti costituzionali. Dopo il 9 continueremo a chiedere questi impegni a sindaci, presidenti di Regione. Sono due anni, dal contratto di Pomigliano, che combattiamo questa battaglia sui diritti: ora vogliamo portare a casa dei risultati concreti».
Ma in questo modo non rischiate di dare spazio a chi vi accusa di fare politica da sempre, di mirare ad uscire dalla Cgil?
«La Fiom deve dire quello che pensa. Fin dal congresso di Rimini del 1996 Claudio Sabattini ci ha insegnato a perseguire l’indipendenza: abbiamo un progetto di società che confrontiamo con tutti, partiti in primis. Noi in questo modo pratichiamo la confederalità, perché io mi batto prima di tutto per l’autonomia della Cgil. Con l’incontro del 9 noi facciamo il nostro mestiere di sindacalisti confederali».
Intanto però il 13 e il 14 chiamate alla mobilitazione contro la riforma del lavoro.
«La nostra mobilitazione l’abbiamo decisa all’Assemblea nazionale e mette assieme la protesta contro una riforma del lavoro che peggiora le condizioni e i diritti dei lavoratori e quella contro Fiat, che sta lasciando l’Italia senza che il governo apra bocca, e Finmeccanica, che vuole svendere aziende pubbliche in settori strategici come i trasporti. Dalla segreteria della Cgil invece ci aspettiamo che proclami lo sciopero generale come stabilito dal Direttivo del giorno dopo l’approvazione del testo della riforma del lavoro».
La Cgil sta lavorando per ottenere altre modifiche e aspetta l’arrivo del testo alla Camera.
«Lo sciopero generale non è uno strumento di testimonianza. È uno strumento di lotta per ottenere cambiamenti. E quindi bisogna indirlo al più presto, prima che la riforma arrivi alla Camera. Sennò sarà troppo tardi».
sabato 2 giugno 2012
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