Intervista a Maurizio Landini
di Enrico Marro, Corriere della sera
6 aprile 2012
Maurizio Landini boccia il governo. Ma anche la Cgil di Susanna Camusso, soddisfatta del ritorno
della possibilità del reintegro sui licenziamenti economici. Il leader della Fiom conferma invece il
giudizio negativo su tutta la riforma del mercato del lavoro e chiede alla Cgil di non far marcia
indietro e di attuare gli scioperi previsti. L’analisi di Landini lascia poco spazio al dialogo. «Vedo la
stessa logica nella riforma delle pensioni e in questa del mercato del lavoro. Ed è una logica
sbagliata».
Secondo il governo tecnico si tratta di riforme necessarie.
«Non siamo di fronte a un governo tecnico, ma a un governo politico che sta facendo scelte che
rispondono alla lettera inviata ad agosto dalla Banca centrale europea, che continua a dire che per
uscire da questa crisi bisogna tagliare lo Stato sociale, rendere più facili i licenziamenti e ridurre la
contrattazione. Siamo quindi in presenza di un disegno preciso, lucido da parte del governo Monti,
di riforme strutturali sbagliate».
Il governo parla di soluzioni equilibrate.
«Monti e Fornero dicono con molta schiettezza quello che pensano. Spesso non condivido, ma
riconosco loro una chiarezza e una coerenza tra quello che dicono e quello che fanno».
Perché è così negativo sulla riforma del mercato del lavoro?
«Innanzitutto perché non riduce la precarietà. Non è vero che darà un lavoro stabile ai giovani.
Restano i 46 tipi di contratti che c’erano prima. Anzi, il governo ha appena recepito una direttiva
europea sul lavoro interinale che peggiora le condizioni perché supera causali e tetti e prevede la
possibilità di sottopagare i lavoratori svantaggiati».
C’è una stretta su partite Iva, contratti a progetto, associazioni in partecipazione. Questo non
riduce la precarietà?
«No. Bisognava cancellare i contratti che generano precari».
Il governo ha messo circa due miliardi all’anno sugli ammortizzatori sociali. Nemmeno questo
va bene?
«Non c’è l’universalità degli ammortizzatori, perché non c’è la cassa integrazione nelle aziende con
meno di 15 dipendenti e perché la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, che tra l’altro
sostituisce l’indennità di mobilità peggiorandola, mantiene una soglia di accesso alta, con 52
settimane di lavoro in due anni. Questo significa che molti precari che perdono il lavoro resteranno
senza tutele».
Per loro c’è la mini Aspi.
«Che appunto è mini. E anche qui, comunque, c’è una soglia di accesso mentre sarebbe stato
necessario estendere a tutti i lavoratori l’indennità e prevedere un reddito di inserimento».
Veniamo all’articolo 18.
«È stato svuotato il senso e il contenuto dell’articolo 18. Oggi il licenziamento senza giusta causa o
giustificato motivo da diritto al reintegro nel posto di lavoro. Con la proposta del governo, che
spacchetta i motivi del licenziamento, il risultato è che in molti casi non c’è più il reintegro ma un
risarcimento economico».
Dopo il pressing dei sindacati e del Pd la possibilità del reintegro è stata introdotta anche sui
licenziamenti economici illegittimi, che nella prima proposta del governo venivano solo
indennizzati.
«Si tratta di un miraggio. Basta leggere il disegno di legge e ascoltare quanto dice lo stesso
presidente del Consiglio che ha appunto spiegato che il reintegro sui licenziamenti per motivi
economici sarà l’eccezione “in casi estremi e improbabili”, afferma mentre la regola sarà
l’indennizzo. Non lo dico io, lo dice Monti e lo ha detto anche il ministro Fornero».
Nessun passo avanti allora?
«In queste settimane i lavoratori si sono mobilitati e hanno scioperato perché l’articolo 18 non
venisse modificato, invece è stato smantellato. Per questo bisogna continuare la lotta, per cambiare
la legge in Parlamento».
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, non ha fatto un buon lavoro?
«Ha fatto la sua parte. Io da sindacalista dico che è stato tolto un diritto ai lavoratori, peggiorando la
loro condizione e rendendo più facili i licenziamenti. Questo è un arretramento inaccettabile».
Il mondo cambia e anche noi dobbiamo cambiare, dice Fornero. Non crede che ci sia bisogno
di un mercato del lavoro più dinamico ed efficiente?
«Questi sono slogan vuoti. Non è vero che in Italia le imprese investono meno perché c’è l’articolo
18. Da questa riforma non verrà fuori un posto di lavoro che sia uno. Prima della crisi, quando
l’occupazione aumentava, l’articolo 18 c’era. in ogni caso i posti di lavoro si creano con un piano di
investimenti pubblici e privati e recuperando soldi sull’evasione fiscale, la corruzione e
distribuendo meglio la ricchezza».
Come si spiega lei la nota della segreteria Cgil che invece dà un giudizio positivo sul ritorno
del reintegro sui licenziamenti economici?
«Non me la spiego. Io sto alle decisioni del direttivo Cgil che ha proclamato 16 ore di sciopero. Non
ho cambiato idea, perché sull’articolo 18 il diritto resta leso. Il licenziamento ingiusto che non
preveda il reintegro ma solo l’indennizzo non è mai stata la linea della Cgil».
È vero che la Fiom ha invitato il ministro Fornero a un incontro? Quando si farà visto che ieri
il ministro ha detto che accetta?
«Sono stati i lavoratori dell’Alenia di Torino a chiedere di poter discutere col ministro, che tra
l’altro è torinese, perché vorrebbero raccontare il loro punto di vista. Dopo la disponibilità di
Fornero immagino che nei prossimi giorni si organizzerà l’incontro».
Ci sarà anche lei?
«No, hanno invitato il ministro. Io all’Alenia ci sono già stato e ci tornerò in un’altra occasione».
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