LE DONNE nella cultura
dei Nativi d’America
In quasi tutte le tribù native americane, le
donne erano il motore economico della tribù e
garantivano il buon andamento
della vita quotidiana.
In alcune tribù come gli Apache la famiglia era matriarcale.
I loro compiti erano innumerevoli: scuoiavano
animali, affumicavano la carne,
confezionavano tutti gli indumenti, anche i mo
cassini, erano espertissime conciatrici di
pelli: riuscivano a renderla morbida come un
tessuto (una donna riusciva a conciare 4 pelli
di montone all’anno), e poi
raccoglievano la frutta, pestavano il mais e il miglio,
cucinavano, montavano e smontavano le tende,
e, naturalmente, accudivano i figli.
Le donne Native avevano molta cura dei loro piccoli
e non si limitavano ad assicurare loro
la sopravvivenza: facevano di tutto per
rendere la vita bella e piacevole.
Per quanto riguarda i piccoli del il popolo delle
Pianure, probabilmente nessuna infanzia è
stata più felice : non c’erano bambini più coccolati,
viziati, protetti e liberi.
Senza scuola, senza orari, senza disciplina
convenzionale.. i bambini attraverso il gioco
apprendevano le arti, la tecnica, le
tradizioni, la cultura collettiva.
Ed erano tutte le donne della tribù a pr
endersi cura del bambino, fino alla sua
adolescenza.
Le donne erano anche quelle che massaggiavano
i bambini più volte
al giorno soprattutto
nei gelidi inverni delle pianure,
erano quelle che per riparare i piccoli dal gelo, usavano il
grasso di bisonte, e che pensavano a raccogl
iere il muschio fresco e assorbente che
fungeva da pannolino per
i più piccoli.
Erano ancora le donne a realizzare (di solito
durante la gravidanza) e a servirsi poi,
caricandoli poi sulle spalle, bellis
simi porta-enfant di morbida pelle
di cerbiatto arricchita di
piccolissime perline multicolori.
Tra le puerpere c’era molta solidarietà: se
una non aveva abbastanza latte per nutrire il
proprio bambino, ce n’era sempre un’ altr
a che ne aveva in eccesso e che fungeva da
balia.
La sera, per far addormentare i piccoli
cantavano lunghe nenie.
Per i problemi meno
importanti, come coliche o dolori
per la dentizione, erano sempre
le donne a fungere da
pediatre e curare il bambino con
erbe medicinali, (gli
analgesici più usati erano la salvia e
le foglie di salice).
Il cibo era sempre pronto e abboddante, conservato cotto in modo da poter essere servito
in qualsiasi momento. Infatti non era destinato
soltanto al consumo della famiglia, ma di
chiunque arrivasse, forestieri o parenti.
Nella vita sociale dei Nativi il saper preparare
e servire il cibo era molto importante.
Attraverso l’offerta e la condivisione del cibo,
si rinsaldavano i vincoli tra l’uomo di famiglia
sia con i capi del gruppo, che con i parenti della moglie.
Tutti i compiti delle donne erano
considerati onorevoli e dignitosi
. Nessun lavoro era
ritenuto servile .
In effetti le donne erano oggetto di premure
e di attenzioni: a cominciare dal mattino
quando il marito spazzolava
i capelli alla moglie
(con una coda di porcospino attaccata
ad un impugnatura decorata),
le faceva le trecce e le dipingeva il viso
(se dopo divenne
una questione di moda, all’inizio questo comincio'
per il fatto che molte donne Lakota
avevano una carnagione bellissima e molto delicata
che mal sopportava il vento caldo e il
sole bruciante delle pianure).
Il matrimonio
era tenuto in grande considerazione
presso i Lakota
La celebrazione (se così si può chiamare)
consisteva nel fatto che il fidanzato andava a
prendere la ragazza nel tepee dove
alloggiava con la sua famiglia
e la portava nella loro
tenda (preparata precedentemente
dalle donne imparentate
con la sposa).
Lei dava subito dimostrazione di essere a casa
sua: accendeva il fuoco al centro della
tenda, sedendosi al posto della moglie
a destra del focolare, di
fronte si sedeva il marito,
nel posto proprio del capofamiglia.
Senza altre formalità erano marito e moglie.
Il matrimonio doveva essere consenziente, poteva
esserci un accordo tra la famiglia di lei
e quella dello sposo oppure si
poteva fuggire mettendo entrambe le famiglie di fronte al
fatto compiuto o ancora, in casi estremi,
la donna veniva rapita direttamente, senza
perdere tempo.
Anche se spesso si creavano chiacchiere
e “inciuci”, non appena la sposa rimaneva
incinta, tutto si
metteva a tacere.
Una madre conquistava automaticamente
il massimo del rispetto collettivo.
La professione di madre
era tenuta in grande considerazione e rispetto al punto che nel
momento in cui la donna si rendeva conto di
essere incinta, troncava i rapporti sessuali
con il marito (cosa che non creava tensioni
né contrasti: le premure dello sposo
rimanevano immutate).
Una volta avuto il bambino, i genitori
si preoccupavano di non
metterne in cantiere un altro
almeno fino a quando il precedente non avesse
raggiunto l’età di 5-6 anni in modo che
potesse avere tutte le attenzioni possibili
e che la donna non si stancasse troppo.
La moglie non prendeva il nome del marito né del suo clan.
I bambini appartenevano al clan della madre.
Se la cerimonia del matrimonio
era piuttosto semplice e diretta,
il corteggiamento
era
invece un rito lungo e complicato: un metodo molto
diffuso era quello di mettersi sulla via
dell’acqua e aspettare che le donne passassero
per attingere l’acqua o per lavare i panni,
afferrare il lembo della sottana o colpirla
a distanza con dei sassolini.
Se lei rallentava il passo significava che il
corteggiatore aveva il permesso di affiancarsi e
parlarle, se non era interessata lo avrebbe ignorato .
Altro tipo di corteggiamento era
quello della coperta: i corteggiatori
si presentavano dopo il
tramonto davanti al tepee
della famiglia di lei e chiedevano
di sedersi
accanto alla
ragazza, avvolgendola nella coperta.
Se lei gradiva, la conversazione si prolungava,
e non era raro che ci fosse qualche
“approfondimento” reciproco
della conoscenza del corpo dell’altro.
Ma sempre da seduti. Era vietato
sdraiarsi sotto la coperta.
Se lei non gradiva, il corteggiatore
veniva congedato in fretta.
La violenza sulle donne esisteva, ma era molto
rara, forse anche perché la vendetta da
parte della vittima era piuttosto dura e definitiva:
Le donne Lakota, addestrate fin da piccole
all’arte della macellazione, maneggiavano
il coltello con molta facilità.
Si può immaginare come potessero usare ques
t’abilità...ma questa pratica non conveniva
a nessuno: la donna che riusciva a compiere
questa vendetta era tenuta a mantenere
l’uomo castrato fino alla sua morte.
Per il divorzio nessun ricatto,
nessuna spesa e nessuno avvocato: così come l’entrata
della donna sanciva il suo ruolo
di sposa, l’uscita dal tepee con le proprie masserizie
significava la rottura
del legame matrimoniale.
Al marito non restava altro che “suonare il tam
buro”: si portava al centro
dei cerchi di
tende e gridava “questa donna non è più mia. Chi la vuole se la prenda” .
Se era la moglie a essere stanca del marito
lo buttava semplicemente fuori dal tepee e,
se voleva, accoglierci un altro uomo
non doveva dare nessuna spiegazione.
Nessun “
avvocato
” neanche per la spartizione dei beni
: giacché la terra non apparteneva a
nessuno, non c’erano né terre né proprietà
da dividere. Semplicemente alla donna
spettavano oltre la tenda (che già era sua), un
cavallo da carico, tutte le suppellettili
domestiche, tutti i coltelli tranne
quelli da caccia e tutte
le pelli che aveva conciato durante
la vita matrimoniale (tranne quelle conciate
esclusivamente per il marito).
A lui spettavano il piumaggio, le armi, i cavalli da caccia e da guerra.
Neanche troppe storie per l’affidamento dei figli:
I piccoli, quelli
che ancora dovevano
arrivare alla pubertà, restavano con la
madre, i più grandicelli andavano col padre.
In genere i divorzi erano dovuti ai tradimenti, ma
se un marito infedele non poteva essere
punito dalla propria donna (che aveva
solo il diritto di andare in
collera e di divorziare), per
una donna infedele la punizione era
peggiore: al primo tradimento il marito aveva il diritto
di tagliarle una treccia (due se era particolarmente geloso). Invece quando una donna era considerata Frivola o ..... Li veniva mozzato il naso ma' no in tutte le Nazioni Native perlopiu' nelle Nazioni delle Praterie e in alcune bande Apache
L’uomo in teoria poteva avere più
mogli ma erano casi rarissimi.
E se succedeva era soltanto se la prima moglie
era anziana e lui un guerriero ricco con
molti cavalli.
Era costretto infatti a mantenere tutti i parenti
delle varie mogli. Avere
molte mogli era
anche un investimento economico: se una donna
da sola conciava 4 pelli l’anno, più
donne, naturalmente, avrebbero
conciato più pelli.
Le donne lakota erano di solito
silenziose e riservate e in
genere non partecipavano alla
vita pubblica, ma
una donna anziana e saggia o che aveva mostrato un particolare coraggio, poteva diventare parte del consiglio tribale. ♥ Pontiac ♥
dei Nativi d’America
In quasi tutte le tribù native americane, le
donne erano il motore economico della tribù e
garantivano il buon andamento
della vita quotidiana.
In alcune tribù come gli Apache la famiglia era matriarcale.
I loro compiti erano innumerevoli: scuoiavano
animali, affumicavano la carne,
confezionavano tutti gli indumenti, anche i mo
cassini, erano espertissime conciatrici di
pelli: riuscivano a renderla morbida come un
tessuto (una donna riusciva a conciare 4 pelli
di montone all’anno), e poi
raccoglievano la frutta, pestavano il mais e il miglio,
cucinavano, montavano e smontavano le tende,
e, naturalmente, accudivano i figli.
Le donne Native avevano molta cura dei loro piccoli
e non si limitavano ad assicurare loro
la sopravvivenza: facevano di tutto per
rendere la vita bella e piacevole.
Per quanto riguarda i piccoli del il popolo delle
Pianure, probabilmente nessuna infanzia è
stata più felice : non c’erano bambini più coccolati,
viziati, protetti e liberi.
Senza scuola, senza orari, senza disciplina
convenzionale.. i bambini attraverso il gioco
apprendevano le arti, la tecnica, le
tradizioni, la cultura collettiva.
Ed erano tutte le donne della tribù a pr
endersi cura del bambino, fino alla sua
adolescenza.
Le donne erano anche quelle che massaggiavano
i bambini più volte
al giorno soprattutto
nei gelidi inverni delle pianure,
erano quelle che per riparare i piccoli dal gelo, usavano il
grasso di bisonte, e che pensavano a raccogl
iere il muschio fresco e assorbente che
fungeva da pannolino per
i più piccoli.
Erano ancora le donne a realizzare (di solito
durante la gravidanza) e a servirsi poi,
caricandoli poi sulle spalle, bellis
simi porta-enfant di morbida pelle
di cerbiatto arricchita di
piccolissime perline multicolori.
Tra le puerpere c’era molta solidarietà: se
una non aveva abbastanza latte per nutrire il
proprio bambino, ce n’era sempre un’ altr
a che ne aveva in eccesso e che fungeva da
balia.
La sera, per far addormentare i piccoli
cantavano lunghe nenie.
Per i problemi meno
importanti, come coliche o dolori
per la dentizione, erano sempre
le donne a fungere da
pediatre e curare il bambino con
erbe medicinali, (gli
analgesici più usati erano la salvia e
le foglie di salice).
Il cibo era sempre pronto e abboddante, conservato cotto in modo da poter essere servito
in qualsiasi momento. Infatti non era destinato
soltanto al consumo della famiglia, ma di
chiunque arrivasse, forestieri o parenti.
Nella vita sociale dei Nativi il saper preparare
e servire il cibo era molto importante.
Attraverso l’offerta e la condivisione del cibo,
si rinsaldavano i vincoli tra l’uomo di famiglia
sia con i capi del gruppo, che con i parenti della moglie.
Tutti i compiti delle donne erano
considerati onorevoli e dignitosi
. Nessun lavoro era
ritenuto servile .
In effetti le donne erano oggetto di premure
e di attenzioni: a cominciare dal mattino
quando il marito spazzolava
i capelli alla moglie
(con una coda di porcospino attaccata
ad un impugnatura decorata),
le faceva le trecce e le dipingeva il viso
(se dopo divenne
una questione di moda, all’inizio questo comincio'
per il fatto che molte donne Lakota
avevano una carnagione bellissima e molto delicata
che mal sopportava il vento caldo e il
sole bruciante delle pianure).
Il matrimonio
era tenuto in grande considerazione
presso i Lakota
La celebrazione (se così si può chiamare)
consisteva nel fatto che il fidanzato andava a
prendere la ragazza nel tepee dove
alloggiava con la sua famiglia
e la portava nella loro
tenda (preparata precedentemente
dalle donne imparentate
con la sposa).
Lei dava subito dimostrazione di essere a casa
sua: accendeva il fuoco al centro della
tenda, sedendosi al posto della moglie
a destra del focolare, di
fronte si sedeva il marito,
nel posto proprio del capofamiglia.
Senza altre formalità erano marito e moglie.
Il matrimonio doveva essere consenziente, poteva
esserci un accordo tra la famiglia di lei
e quella dello sposo oppure si
poteva fuggire mettendo entrambe le famiglie di fronte al
fatto compiuto o ancora, in casi estremi,
la donna veniva rapita direttamente, senza
perdere tempo.
Anche se spesso si creavano chiacchiere
e “inciuci”, non appena la sposa rimaneva
incinta, tutto si
metteva a tacere.
Una madre conquistava automaticamente
il massimo del rispetto collettivo.
La professione di madre
era tenuta in grande considerazione e rispetto al punto che nel
momento in cui la donna si rendeva conto di
essere incinta, troncava i rapporti sessuali
con il marito (cosa che non creava tensioni
né contrasti: le premure dello sposo
rimanevano immutate).
Una volta avuto il bambino, i genitori
si preoccupavano di non
metterne in cantiere un altro
almeno fino a quando il precedente non avesse
raggiunto l’età di 5-6 anni in modo che
potesse avere tutte le attenzioni possibili
e che la donna non si stancasse troppo.
La moglie non prendeva il nome del marito né del suo clan.
I bambini appartenevano al clan della madre.
Se la cerimonia del matrimonio
era piuttosto semplice e diretta,
il corteggiamento
era
invece un rito lungo e complicato: un metodo molto
diffuso era quello di mettersi sulla via
dell’acqua e aspettare che le donne passassero
per attingere l’acqua o per lavare i panni,
afferrare il lembo della sottana o colpirla
a distanza con dei sassolini.
Se lei rallentava il passo significava che il
corteggiatore aveva il permesso di affiancarsi e
parlarle, se non era interessata lo avrebbe ignorato .
Altro tipo di corteggiamento era
quello della coperta: i corteggiatori
si presentavano dopo il
tramonto davanti al tepee
della famiglia di lei e chiedevano
di sedersi
accanto alla
ragazza, avvolgendola nella coperta.
Se lei gradiva, la conversazione si prolungava,
e non era raro che ci fosse qualche
“approfondimento” reciproco
della conoscenza del corpo dell’altro.
Ma sempre da seduti. Era vietato
sdraiarsi sotto la coperta.
Se lei non gradiva, il corteggiatore
veniva congedato in fretta.
La violenza sulle donne esisteva, ma era molto
rara, forse anche perché la vendetta da
parte della vittima era piuttosto dura e definitiva:
Le donne Lakota, addestrate fin da piccole
all’arte della macellazione, maneggiavano
il coltello con molta facilità.
Si può immaginare come potessero usare ques
t’abilità...ma questa pratica non conveniva
a nessuno: la donna che riusciva a compiere
questa vendetta era tenuta a mantenere
l’uomo castrato fino alla sua morte.
Per il divorzio nessun ricatto,
nessuna spesa e nessuno avvocato: così come l’entrata
della donna sanciva il suo ruolo
di sposa, l’uscita dal tepee con le proprie masserizie
significava la rottura
del legame matrimoniale.
Al marito non restava altro che “suonare il tam
buro”: si portava al centro
dei cerchi di
tende e gridava “questa donna non è più mia. Chi la vuole se la prenda” .
Se era la moglie a essere stanca del marito
lo buttava semplicemente fuori dal tepee e,
se voleva, accoglierci un altro uomo
non doveva dare nessuna spiegazione.
Nessun “
avvocato
” neanche per la spartizione dei beni
: giacché la terra non apparteneva a
nessuno, non c’erano né terre né proprietà
da dividere. Semplicemente alla donna
spettavano oltre la tenda (che già era sua), un
cavallo da carico, tutte le suppellettili
domestiche, tutti i coltelli tranne
quelli da caccia e tutte
le pelli che aveva conciato durante
la vita matrimoniale (tranne quelle conciate
esclusivamente per il marito).
A lui spettavano il piumaggio, le armi, i cavalli da caccia e da guerra.
Neanche troppe storie per l’affidamento dei figli:
I piccoli, quelli
che ancora dovevano
arrivare alla pubertà, restavano con la
madre, i più grandicelli andavano col padre.
In genere i divorzi erano dovuti ai tradimenti, ma
se un marito infedele non poteva essere
punito dalla propria donna (che aveva
solo il diritto di andare in
collera e di divorziare), per
una donna infedele la punizione era
peggiore: al primo tradimento il marito aveva il diritto
di tagliarle una treccia (due se era particolarmente geloso). Invece quando una donna era considerata Frivola o ..... Li veniva mozzato il naso ma' no in tutte le Nazioni Native perlopiu' nelle Nazioni delle Praterie e in alcune bande Apache
L’uomo in teoria poteva avere più
mogli ma erano casi rarissimi.
E se succedeva era soltanto se la prima moglie
era anziana e lui un guerriero ricco con
molti cavalli.
Era costretto infatti a mantenere tutti i parenti
delle varie mogli. Avere
molte mogli era
anche un investimento economico: se una donna
da sola conciava 4 pelli l’anno, più
donne, naturalmente, avrebbero
conciato più pelli.
Le donne lakota erano di solito
silenziose e riservate e in
genere non partecipavano alla
vita pubblica, ma
una donna anziana e saggia o che aveva mostrato un particolare coraggio, poteva diventare parte del consiglio tribale. ♥ Pontiac ♥
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