sabato 26 gennaio 2013
sabato 19 gennaio 2013
domenica 13 gennaio 2013
venerdì 11 gennaio 2013
domenica 6 gennaio 2013
sabato 5 gennaio 2013
"È tempo per me di fare qualcosa che avrei dovuto fare molto tempo fa:
mettere fine alla vostra permanenza in questo posto, che avete
disonorato disprezzandone tutte le virtù e profanato con ogni vizio;
siete un gruppo fazioso, nemici del buon governo, banda di miserabili
mercenari, scambiereste il vostro Paese con Esaù per un piatto di
lenticchie; come Giuda, tradireste il vostro Dio per pochi spiccioli.
Avete conservato almeno una virtù? C'è almeno un vizio che non avete
preso? Il mio cavallo crede più di voi; l'oro è il vostro Dio; chi fra
voi non baratterebbe la propria coscienza in cambio di soldi? È rimasto
qualcuno a cui almeno interessa il bene del Commonwealth? Voi, sporche
prostitute, non avete forse profanato questo sacro luogo, trasformato il
tempio del Signore in una tana di lupi con immorali principi e atti
malvagi? Siete diventati intollerabilmente odiosi per un'intera nazione;
il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie, siete voi ora
l'ingiustizia! Basta! Portate via la vostra chincaglieria luccicante e
chiudete le porte a chiave.
In nome di Dio, andatevene!"
venerdì 4 gennaio 2013
"Lui è fatto così: quando vede che il Paese si sta riprendendo, deve intervenire. E’ più forte di lui.
Ma lo capite che non ne possiamo più, che ci siamo rotti le balle?! Che ogni volta che vi vediamo in televisione ci si chiude lo stomaco e si allargano le vie di smaltimento! Non è antipolitica, la politica è una cosa bella. Noi ce l’abbiamo con voi, che vi fate i fatti vostri sulla nostra pelle. Noi ci siamo fatti un mazzo così.
Una volta accettavamo le vostre cazzate: mangiavate la mortadella in Parlamento, facevate finta che Ruby era nipote di Mubarak. Ci siamo messi anche a ridere, adesso basta. Monti ci ha messo tutte ’ste supposte una per una come le cartucce della cerbottana. Adesso torna Berlu e sale lo spread.
Non dico un pudore, che è un sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo"
Ma lo capite che non ne possiamo più, che ci siamo rotti le balle?! Che ogni volta che vi vediamo in televisione ci si chiude lo stomaco e si allargano le vie di smaltimento! Non è antipolitica, la politica è una cosa bella. Noi ce l’abbiamo con voi, che vi fate i fatti vostri sulla nostra pelle. Noi ci siamo fatti un mazzo così.
Una volta accettavamo le vostre cazzate: mangiavate la mortadella in Parlamento, facevate finta che Ruby era nipote di Mubarak. Ci siamo messi anche a ridere, adesso basta. Monti ci ha messo tutte ’ste supposte una per una come le cartucce della cerbottana. Adesso torna Berlu e sale lo spread.
Non dico un pudore, che è un sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo"
«Vi dico di amare la politica: non c'è scienza
più alta e nobile. Se non ti interessa la politica, non ti interessa la
vita! Disprezzare la politica è disprezzare se stessi. I politici non
sono tutti uguali: quando diciamo così, facciamo un
favore ai cattivi, ai disonesti e agli stupidi. Poi c'è il diritto di
voto: per esprimere questo desiderio, sono dovute morire migliaia di
persone. La cosa più terribile è tirarsi fuori. E' come scegliere Ponzio
Pilato. La Costituzione è come una mamma che ti protegge, è poesìa»
Roberto Benigni
Roberto Benigni
L'ENNESIMA VITTIMA DI QUESTA MALEDETTA CRISI..!! GEOLOGA DI 34 ANNI NON TROVAVA LAVORO, DISPERATA SI IMPICCA...
Ennesimo dramma a Recanati. La giovane professionista, disoccupata, si è tolta la vita nella sua casa che aveva in affitto. Dramma della disoccupazione a Recanati, dove nella notte tra il 30 e 31 dicembre una giovane donna di 34 anni si è suicidata impiccandosi nella sua casa. Il gesto è stato quasi certamente determinato dalla delusione della donna, laureata in geologia, che non trovava lavoro pur avendo usufruito di una borsa di studio e di uno stage in Canada. Il corpo senza vita della donna è stato scoperto dalla madre. Il padre, colto da malore, è stato ricoverato in ospedale.
Ennesimo dramma a Recanati. La giovane professionista, disoccupata, si è tolta la vita nella sua casa che aveva in affitto. Dramma della disoccupazione a Recanati, dove nella notte tra il 30 e 31 dicembre una giovane donna di 34 anni si è suicidata impiccandosi nella sua casa. Il gesto è stato quasi certamente determinato dalla delusione della donna, laureata in geologia, che non trovava lavoro pur avendo usufruito di una borsa di studio e di uno stage in Canada. Il corpo senza vita della donna è stato scoperto dalla madre. Il padre, colto da malore, è stato ricoverato in ospedale.
La
vita e' una canoa che il Grande Spirito ci' ha consegnato alla nascita.
Facciamola correre sul fiume,evitando le rapide che potrebbero
travolgerla, e le paludi che le impetirebbero di procedere alla scoperta
di nuove bellezze. Un giorno arriveremo ad un grande mare
sconosciuto......... Viviamo senza avere la presunzione di poter deviare
il corso del fiume o di sapere quel che troveremo nel mare..........
Questi sono poteri che solo il Grande Spirito possiede......... (
Meditazione-Cheyenne ) ♥ Pontiac ♥
Un ragazzino e suo padre passeggiavano tra le montagne... All'improvviso il ragazzino inciampò, cadde e, facendosi male, urlò: "AAAhhhhhhhhhhh!!!" Con suo gran stupore il bimbo sentì una voce venire dalle montagne che ripeteva: "AAAhhhhhhhhhhh!!!" Con curiosità, egli chiese: "Chi sei tu?" e ricevette la risposta: "Chi sei tu?" Dopo il ragazzino urlò: "Io ti sento! Chi sei?" e la voce rispose: "Io ti sento! Chi sei?" Infuriato da quella risposta egli urlò: "Codardo". E ricevette la risposta: "Codardo!"
Allora il bimbo guardò suo padre e gli chiese: "Papà, che succede?" Il padre gli sorrise e rispose: "Figlio mio, ora stai attento". Gridò: "Tu sei un campione!" e la voce rispose: "Tu sei un campione!".
Il figlio era sorpreso ma non capiva.
Allora il padre gli spiegò: "La gente chiama questo fenomeno ECO ma in realtà è VITA. La Vita, come un'eco, ti restituisce quello che tu dici o fai. La vita non è altro che il riflesso delle nostre azioni. Se tu desideri più amore nel mondo, devi creare più amore nel tuo cuore; se vuoi che la gente ti rispetti, devi tu rispettare gli altri per primo. Questo principio va applicato in ogni cosa, in ogni aspetto della vita; la Vita ti restituisce ciò che tu hai dato ad essa. La nostra Vita non è un insieme di coincidenze: è lo specchio di noi stessi."
martedì 1 gennaio 2013
L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.
L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.
L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università.
L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro.
L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.
Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.
Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “ La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24 tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010).
Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria.
Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.
Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.
ODORAVA DI DIGNITA'.
Il Presidente Napolitano ha concluso la
legislatura con un altro grave atto contro la democrazia. Già era
successo con la nomina a Senatore a vita di Monti il giorno prima di
dargli l'incarico di capo di Governo. Oggi con la decisione di
sciogliere le Camere e non attendere i primi giorni del 2013, come aveva
chiesto il comitato promotore dei referendum, annulla il valore di
oltre 500.000 firme che erano già state
raccolte. Migliaia di banchetti, migliaia di persone che al freddo hanno
dedicato il loro tempo libero e il loro impegno, annullati in un
minuto. Il popolo italiano non potrà quindi pronunciarsi per abolire
l'art 8 e ripristinare art 18. La responsabilità di tutto questo è di
Napolitano e di tutti partiti che hanno sostenuto Monti che non hanno
speso una parola per garantire questo diritto democratico.
Canto degli Arikara durante l’Huŋkápi.
Oh Tu, Potenza che sei là dove tramonta il sole: Tu sei un parente.
Oh Tu, Potenza che sei là dove vive il Gigante: Tu sei un parente.
Oh Tu, che sei là da dove viene il sole: Tu sei un parente.
Oh Tu, Potenza del luogo che abbiamo sempre davanti: Tu sei un parente.
Queste persone sono nostri parenti; siamo tutti imparentati; siamo tutt’uno.
2012/ “Un Paese ricco aitato da poveri”: numeri, dati e percentuali dell’Italietta
Il 2012, l’anno della crisi e dello spread, l’anno del governo tecnico, è terminato. I dati e i numeri rivelano una realtà nera e paradossale: da una parte disoccupazione record, soglia di povertà che tocca milioni di famiglie e una percentuale incredibile di suicidi, dall’altra stipendi incredibilmente alti della vera Casta italiani, banchieri e manager. Ecco il bilancio dell’anno che sta per terminare, nella speranza (ed esigenza) che nel 2013 si cambi passo.
Carmine Gazzanni - Partiamo da due numeri (raccolti, affrontati, analizzati magistralmente da Nunzia Penelope in Ricchi e Poveri), 1972 e 8640. In entrambi i casi parliamo di miliardi. Ma con una piccola differenza: nel primo caso parliamo dei miliardi a cui ammonta lo spaventoso debito pubblico italiano, responsabile in questi mesi della crescita frenetica dello spread; il secondo invece rappresenta la ricchezza privata in Italia. Avete capito bene: se sommiamo i redditi dei cittadini italiani arriviamo all’incredibile cifra di 8640 miliardi di euro. Quattro volte l’ammontare del nostro debito pubblico. Come dice a giusta ragione Nunzia Penelope il nostro è “un Paese ricco abitato da poveri”.
Non c’è che dire: già questi due semplici numeri fanno riflettere e non poco. Aiutano ad avere coscienza di una realtà che il 2012 ha certamente accentuato: da una parte abbiamo la stragrande maggioranza della popolazione ridotta all’osso, dall’altra abbiamo i pochi, pochissimi privilegiati con stipendi da sogno. Ma andiamo avanti. Prendiamo in esame altri numeri: sono soltanto 240 le famiglie (solo l’1% della popolazione italiana) che godono di un patrimonio che supera i 5 milioni di euro a testa. A un estremo ne corrisponde un altro, questo però ben più vasto: sono oltre tre milioni le famiglie che non hanno nemmeno quella cifra minima ritenuta indispensabile per la sopravvivenza (secondo dati ISTAT, 1011,3 euro al mese).
Non solo. Accanto ai veramente poveri, abbiamo i poverissimi: tre milioni e mezzo di persone che non arrivano nemmeno a mille euro al mese e, spesso, nemmeno a 500. La miseria più nera. E pensare che se gli 8460 miliardi di ricchezza privata fossero divisi equamente tra le 24 milioni di famiglie che compongono il popolo italiano, ciascuno avrebbe un patrimonio di 360 mila euro. Altro che debito pubblico.
Sono pochi, semplici numeri che tuttavia riflettono una realtà socio-economica decisamente critica. Se ne potrebbero aggiungere altri, come il tasso di disoccupazione giovanile (che ormai va di record in record dopo aver sfondato il muro del 35%) o quello di disoccupazione femminile (al Sud, addirittura, è oltre il 50%). Ma ne basta anche solo un altro per capire cosa abbia significato il 2012 per il nostro Paese. Secondo i dati della CGIA di Mestre, solo in questo anno i disoccupati sono stati quasi 700 mila. Una cifra spaventosa.
Ma andiamo avanti con altri interessanti binomi. 1011 e 22 milioni. Il primo, come già detto, è la cifra media di sopravvivenza per una famiglia di due persone. In altre parole: se non arrivate a questa somma potete pure considerarvi parte della sempre più crescente fetta di poveri. La cosa, peraltro, non deve spaventare nessuno. Il dato che colpisce, infatti, è che le somme stabilite dagli indicatori di povertà sono molto vicine alle media di retribuzioni nazionali: mediamente 1286 euro per un lavoratore a tempo pieno indeterminato, 700 per un lavoro part time, 800 per un precario. Cosa vuol dire questo? Basta una multa, una tassa che arriva nel momento sbagliato, una cura improrogabile per ritrovarsi – un mese o due – sotto la soglia di povertà. Avvilente, non c’è che dire. Ma passiamo alla seconda cifra: 22 milioni. Di cosa stiamo parlando? Della ricapitalizzazione di un’impresa, di una banca, di un finanziamento statale? Niente affatto. Più semplicemente è la paga annua per il 2011 di Marco Tronchetti Provera, numero uno della Pirelli. Una cifra semplicemente assurda che, eloquentemente, Nunzia Penelope analizza paragonandola a quella dei suoi stessi operai: i 22 milioni di Provera, infatti, sono l’equivalente della paga annua di 950 operai; sono ben 61 mila euro al giorno, la stessa cifra che un lavoratore dipendente mette insieme in tre anni; in un solo mese, dunque, il numero uno della Pirelli guadagna quanto un operaio in 80 anni di lavoro. Semplicemente assurdo.
Eppure i dati dimostrano proprio questo: l’assurdità del sistema Italia, un sistema che nei fatti arricchisce pochi alle (e sulle) spalle dei molti, anzi dei quasi-tutti. Demagogia? Assolutamente no. Se infatti gli stipendi di manager e funzionari pubblici italiani sono tra i più alti al mondo (un piccolo esempio: la busta paga del capo della polizia Antonio Manganelli è di 621 mila euro annui, il capo dell’FBI statunitense arriva a 155 mila dollari, poco più di 100 mila dollari), i salari per i dipendenti sono tra i più bassi al mondo. Secondo una classifica di 31 nazioni stilata dall’OCSE, l’Italia è addirittura 23esima davanti soltanto ai pochi Paesi più poveri di noi (Irlanda, Grecia, Portogallo e Est Europa).
Nonostante questo, però, chiediamoci: chi sta pagando la crisi? Su tutti, proprio coloro che ricevono mantenimento dallo Stato: dipendenti e pensionati. Questi, insieme, fanno il 68% di tutti i contribuenti. Eppure si accollano ben il 93% di tutta l’IRPEF che ogni anno affluisce nelle casse dell’erario.
La situazione, dunque, è più che critica. Ecco perché non dev’essere sottovalutato un altro dato, certamente il più tragico, di cui troppo spesso ci si dimentica o si fa finta di dimenticare. Secondo l’ISTAT nel 2010 i suicidi per motivi economici sono stati 187. Semplice casualità? Non sembra dato che, rispetto al 2008, c’è stato un aumento del 25%. Ben peggiori, peraltro, i dati forniti dall’Eures in un rapporto fornito ad aprile 2012: nel corso del 2010 i suicidi economici sarebbero stati addirittura 347. In pratica, uno al giorno.
E nell’anno appena trascorso? Dati ancora non ce ne sono. Ma, d’altronde, basta riprendere notizie di cronaca per farsi un‘idea. Come non ricordare, ad esempio, Vincenzo Di Tinco che il 9 marzo scorso si è impiccato perché, dopo 40 anni di attività, si è visto rifiutare un prestito di soli 1300 euro dalla sua banca (e per la qual cosa la Procura di Taranto ha aperto anche un fascicolo per istigazione al suicidio). Oppure l’imprenditore aretino che si è ucciso collegando il gas di scarico nell’abitacolo della sua macchina dopo aver ricevuto una cartella esattoriale di circa 50 mila euro. O ancora Antonio Maggio, anche lui impiccatosi dopo aver perso il lavoro con cui manteneva anche la madre rimasta vedova. Sono storie drammatiche. Tragiche. Che dovrebbero far riflettere. Soprattutto in piena campagna elettorale, con lo sguardo rivolto al futuro. Che, per ora, si preannuncia più nero che mai.
2012/ “Un Paese ricco aitato da poveri”: numeri, dati e percentuali dell’Italietta
Il 2012, l’anno della crisi e dello spread, l’anno del governo tecnico, è terminato. I dati e i numeri rivelano una realtà nera e paradossale: da una parte disoccupazione record, soglia di povertà che tocca milioni di famiglie e una percentuale incredibile di suicidi, dall’altra stipendi incredibilmente alti della vera Casta italiani, banchieri e manager. Ecco il bilancio dell’anno che sta per terminare, nella speranza (ed esigenza) che nel 2013 si cambi passo.
Carmine Gazzanni - Partiamo da due numeri (raccolti, affrontati, analizzati magistralmente da Nunzia Penelope in Ricchi e Poveri), 1972 e 8640. In entrambi i casi parliamo di miliardi. Ma con una piccola differenza: nel primo caso parliamo dei miliardi a cui ammonta lo spaventoso debito pubblico italiano, responsabile in questi mesi della crescita frenetica dello spread; il secondo invece rappresenta la ricchezza privata in Italia. Avete capito bene: se sommiamo i redditi dei cittadini italiani arriviamo all’incredibile cifra di 8640 miliardi di euro. Quattro volte l’ammontare del nostro debito pubblico. Come dice a giusta ragione Nunzia Penelope il nostro è “un Paese ricco abitato da poveri”.
Non c’è che dire: già questi due semplici numeri fanno riflettere e non poco. Aiutano ad avere coscienza di una realtà che il 2012 ha certamente accentuato: da una parte abbiamo la stragrande maggioranza della popolazione ridotta all’osso, dall’altra abbiamo i pochi, pochissimi privilegiati con stipendi da sogno. Ma andiamo avanti. Prendiamo in esame altri numeri: sono soltanto 240 le famiglie (solo l’1% della popolazione italiana) che godono di un patrimonio che supera i 5 milioni di euro a testa. A un estremo ne corrisponde un altro, questo però ben più vasto: sono oltre tre milioni le famiglie che non hanno nemmeno quella cifra minima ritenuta indispensabile per la sopravvivenza (secondo dati ISTAT, 1011,3 euro al mese).
Non solo. Accanto ai veramente poveri, abbiamo i poverissimi: tre milioni e mezzo di persone che non arrivano nemmeno a mille euro al mese e, spesso, nemmeno a 500. La miseria più nera. E pensare che se gli 8460 miliardi di ricchezza privata fossero divisi equamente tra le 24 milioni di famiglie che compongono il popolo italiano, ciascuno avrebbe un patrimonio di 360 mila euro. Altro che debito pubblico.
Sono pochi, semplici numeri che tuttavia riflettono una realtà socio-economica decisamente critica. Se ne potrebbero aggiungere altri, come il tasso di disoccupazione giovanile (che ormai va di record in record dopo aver sfondato il muro del 35%) o quello di disoccupazione femminile (al Sud, addirittura, è oltre il 50%). Ma ne basta anche solo un altro per capire cosa abbia significato il 2012 per il nostro Paese. Secondo i dati della CGIA di Mestre, solo in questo anno i disoccupati sono stati quasi 700 mila. Una cifra spaventosa.
Ma andiamo avanti con altri interessanti binomi. 1011 e 22 milioni. Il primo, come già detto, è la cifra media di sopravvivenza per una famiglia di due persone. In altre parole: se non arrivate a questa somma potete pure considerarvi parte della sempre più crescente fetta di poveri. La cosa, peraltro, non deve spaventare nessuno. Il dato che colpisce, infatti, è che le somme stabilite dagli indicatori di povertà sono molto vicine alle media di retribuzioni nazionali: mediamente 1286 euro per un lavoratore a tempo pieno indeterminato, 700 per un lavoro part time, 800 per un precario. Cosa vuol dire questo? Basta una multa, una tassa che arriva nel momento sbagliato, una cura improrogabile per ritrovarsi – un mese o due – sotto la soglia di povertà. Avvilente, non c’è che dire. Ma passiamo alla seconda cifra: 22 milioni. Di cosa stiamo parlando? Della ricapitalizzazione di un’impresa, di una banca, di un finanziamento statale? Niente affatto. Più semplicemente è la paga annua per il 2011 di Marco Tronchetti Provera, numero uno della Pirelli. Una cifra semplicemente assurda che, eloquentemente, Nunzia Penelope analizza paragonandola a quella dei suoi stessi operai: i 22 milioni di Provera, infatti, sono l’equivalente della paga annua di 950 operai; sono ben 61 mila euro al giorno, la stessa cifra che un lavoratore dipendente mette insieme in tre anni; in un solo mese, dunque, il numero uno della Pirelli guadagna quanto un operaio in 80 anni di lavoro. Semplicemente assurdo.
Eppure i dati dimostrano proprio questo: l’assurdità del sistema Italia, un sistema che nei fatti arricchisce pochi alle (e sulle) spalle dei molti, anzi dei quasi-tutti. Demagogia? Assolutamente no. Se infatti gli stipendi di manager e funzionari pubblici italiani sono tra i più alti al mondo (un piccolo esempio: la busta paga del capo della polizia Antonio Manganelli è di 621 mila euro annui, il capo dell’FBI statunitense arriva a 155 mila dollari, poco più di 100 mila dollari), i salari per i dipendenti sono tra i più bassi al mondo. Secondo una classifica di 31 nazioni stilata dall’OCSE, l’Italia è addirittura 23esima davanti soltanto ai pochi Paesi più poveri di noi (Irlanda, Grecia, Portogallo e Est Europa).
Nonostante questo, però, chiediamoci: chi sta pagando la crisi? Su tutti, proprio coloro che ricevono mantenimento dallo Stato: dipendenti e pensionati. Questi, insieme, fanno il 68% di tutti i contribuenti. Eppure si accollano ben il 93% di tutta l’IRPEF che ogni anno affluisce nelle casse dell’erario.
La situazione, dunque, è più che critica. Ecco perché non dev’essere sottovalutato un altro dato, certamente il più tragico, di cui troppo spesso ci si dimentica o si fa finta di dimenticare. Secondo l’ISTAT nel 2010 i suicidi per motivi economici sono stati 187. Semplice casualità? Non sembra dato che, rispetto al 2008, c’è stato un aumento del 25%. Ben peggiori, peraltro, i dati forniti dall’Eures in un rapporto fornito ad aprile 2012: nel corso del 2010 i suicidi economici sarebbero stati addirittura 347. In pratica, uno al giorno.
E nell’anno appena trascorso? Dati ancora non ce ne sono. Ma, d’altronde, basta riprendere notizie di cronaca per farsi un‘idea. Come non ricordare, ad esempio, Vincenzo Di Tinco che il 9 marzo scorso si è impiccato perché, dopo 40 anni di attività, si è visto rifiutare un prestito di soli 1300 euro dalla sua banca (e per la qual cosa la Procura di Taranto ha aperto anche un fascicolo per istigazione al suicidio). Oppure l’imprenditore aretino che si è ucciso collegando il gas di scarico nell’abitacolo della sua macchina dopo aver ricevuto una cartella esattoriale di circa 50 mila euro. O ancora Antonio Maggio, anche lui impiccatosi dopo aver perso il lavoro con cui manteneva anche la madre rimasta vedova. Sono storie drammatiche. Tragiche. Che dovrebbero far riflettere. Soprattutto in piena campagna elettorale, con lo sguardo rivolto al futuro. Che, per ora, si preannuncia più nero che mai.
Il 2012, l’anno della crisi e dello spread, l’anno del governo tecnico, è terminato. I dati e i numeri rivelano una realtà nera e paradossale: da una parte disoccupazione record, soglia di povertà che tocca milioni di famiglie e una percentuale incredibile di suicidi, dall’altra stipendi incredibilmente alti della vera Casta italiani, banchieri e manager. Ecco il bilancio dell’anno che sta per terminare, nella speranza (ed esigenza) che nel 2013 si cambi passo.
Carmine Gazzanni - Partiamo da due numeri (raccolti, affrontati, analizzati magistralmente da Nunzia Penelope in Ricchi e Poveri), 1972 e 8640. In entrambi i casi parliamo di miliardi. Ma con una piccola differenza: nel primo caso parliamo dei miliardi a cui ammonta lo spaventoso debito pubblico italiano, responsabile in questi mesi della crescita frenetica dello spread; il secondo invece rappresenta la ricchezza privata in Italia. Avete capito bene: se sommiamo i redditi dei cittadini italiani arriviamo all’incredibile cifra di 8640 miliardi di euro. Quattro volte l’ammontare del nostro debito pubblico. Come dice a giusta ragione Nunzia Penelope il nostro è “un Paese ricco abitato da poveri”.
Non c’è che dire: già questi due semplici numeri fanno riflettere e non poco. Aiutano ad avere coscienza di una realtà che il 2012 ha certamente accentuato: da una parte abbiamo la stragrande maggioranza della popolazione ridotta all’osso, dall’altra abbiamo i pochi, pochissimi privilegiati con stipendi da sogno. Ma andiamo avanti. Prendiamo in esame altri numeri: sono soltanto 240 le famiglie (solo l’1% della popolazione italiana) che godono di un patrimonio che supera i 5 milioni di euro a testa. A un estremo ne corrisponde un altro, questo però ben più vasto: sono oltre tre milioni le famiglie che non hanno nemmeno quella cifra minima ritenuta indispensabile per la sopravvivenza (secondo dati ISTAT, 1011,3 euro al mese).
Non solo. Accanto ai veramente poveri, abbiamo i poverissimi: tre milioni e mezzo di persone che non arrivano nemmeno a mille euro al mese e, spesso, nemmeno a 500. La miseria più nera. E pensare che se gli 8460 miliardi di ricchezza privata fossero divisi equamente tra le 24 milioni di famiglie che compongono il popolo italiano, ciascuno avrebbe un patrimonio di 360 mila euro. Altro che debito pubblico.
Sono pochi, semplici numeri che tuttavia riflettono una realtà socio-economica decisamente critica. Se ne potrebbero aggiungere altri, come il tasso di disoccupazione giovanile (che ormai va di record in record dopo aver sfondato il muro del 35%) o quello di disoccupazione femminile (al Sud, addirittura, è oltre il 50%). Ma ne basta anche solo un altro per capire cosa abbia significato il 2012 per il nostro Paese. Secondo i dati della CGIA di Mestre, solo in questo anno i disoccupati sono stati quasi 700 mila. Una cifra spaventosa.
Ma andiamo avanti con altri interessanti binomi. 1011 e 22 milioni. Il primo, come già detto, è la cifra media di sopravvivenza per una famiglia di due persone. In altre parole: se non arrivate a questa somma potete pure considerarvi parte della sempre più crescente fetta di poveri. La cosa, peraltro, non deve spaventare nessuno. Il dato che colpisce, infatti, è che le somme stabilite dagli indicatori di povertà sono molto vicine alle media di retribuzioni nazionali: mediamente 1286 euro per un lavoratore a tempo pieno indeterminato, 700 per un lavoro part time, 800 per un precario. Cosa vuol dire questo? Basta una multa, una tassa che arriva nel momento sbagliato, una cura improrogabile per ritrovarsi – un mese o due – sotto la soglia di povertà. Avvilente, non c’è che dire. Ma passiamo alla seconda cifra: 22 milioni. Di cosa stiamo parlando? Della ricapitalizzazione di un’impresa, di una banca, di un finanziamento statale? Niente affatto. Più semplicemente è la paga annua per il 2011 di Marco Tronchetti Provera, numero uno della Pirelli. Una cifra semplicemente assurda che, eloquentemente, Nunzia Penelope analizza paragonandola a quella dei suoi stessi operai: i 22 milioni di Provera, infatti, sono l’equivalente della paga annua di 950 operai; sono ben 61 mila euro al giorno, la stessa cifra che un lavoratore dipendente mette insieme in tre anni; in un solo mese, dunque, il numero uno della Pirelli guadagna quanto un operaio in 80 anni di lavoro. Semplicemente assurdo.
Eppure i dati dimostrano proprio questo: l’assurdità del sistema Italia, un sistema che nei fatti arricchisce pochi alle (e sulle) spalle dei molti, anzi dei quasi-tutti. Demagogia? Assolutamente no. Se infatti gli stipendi di manager e funzionari pubblici italiani sono tra i più alti al mondo (un piccolo esempio: la busta paga del capo della polizia Antonio Manganelli è di 621 mila euro annui, il capo dell’FBI statunitense arriva a 155 mila dollari, poco più di 100 mila dollari), i salari per i dipendenti sono tra i più bassi al mondo. Secondo una classifica di 31 nazioni stilata dall’OCSE, l’Italia è addirittura 23esima davanti soltanto ai pochi Paesi più poveri di noi (Irlanda, Grecia, Portogallo e Est Europa).
Nonostante questo, però, chiediamoci: chi sta pagando la crisi? Su tutti, proprio coloro che ricevono mantenimento dallo Stato: dipendenti e pensionati. Questi, insieme, fanno il 68% di tutti i contribuenti. Eppure si accollano ben il 93% di tutta l’IRPEF che ogni anno affluisce nelle casse dell’erario.
La situazione, dunque, è più che critica. Ecco perché non dev’essere sottovalutato un altro dato, certamente il più tragico, di cui troppo spesso ci si dimentica o si fa finta di dimenticare. Secondo l’ISTAT nel 2010 i suicidi per motivi economici sono stati 187. Semplice casualità? Non sembra dato che, rispetto al 2008, c’è stato un aumento del 25%. Ben peggiori, peraltro, i dati forniti dall’Eures in un rapporto fornito ad aprile 2012: nel corso del 2010 i suicidi economici sarebbero stati addirittura 347. In pratica, uno al giorno.
E nell’anno appena trascorso? Dati ancora non ce ne sono. Ma, d’altronde, basta riprendere notizie di cronaca per farsi un‘idea. Come non ricordare, ad esempio, Vincenzo Di Tinco che il 9 marzo scorso si è impiccato perché, dopo 40 anni di attività, si è visto rifiutare un prestito di soli 1300 euro dalla sua banca (e per la qual cosa la Procura di Taranto ha aperto anche un fascicolo per istigazione al suicidio). Oppure l’imprenditore aretino che si è ucciso collegando il gas di scarico nell’abitacolo della sua macchina dopo aver ricevuto una cartella esattoriale di circa 50 mila euro. O ancora Antonio Maggio, anche lui impiccatosi dopo aver perso il lavoro con cui manteneva anche la madre rimasta vedova. Sono storie drammatiche. Tragiche. Che dovrebbero far riflettere. Soprattutto in piena campagna elettorale, con lo sguardo rivolto al futuro. Che, per ora, si preannuncia più nero che mai.
Bersani insiste sulla candidatura di Monti: "Deve dire da che parte sta!".
-Tagli a scuola e sanità.
-Inasprimento della pressione fiscale sulle fasce più deboli della popolazione.
-Regali a banche e vaticano.
-Ignobili pestaggi di operai e studenti.
-Vergognose prese di posizione nei confronti dei giovani del nostro paese.
-Nauseanti provvedimenti contro i disabili.
-Fermo rifiuto delle proposte di riduzione delle spese militari.
-No ai tagli delle pensioni d'oro dei supermanager statali ed ai rivoltanti privilegi della politica.
-Difesa delle caste (Farmacisti, avvocati, notai...), delle corporazioni e delle multinazionali.
Eh già caro Bersani, sto Monti è proprio indecifrabile...
(Luca Faedda)
-Tagli a scuola e sanità.
-Inasprimento della pressione fiscale sulle fasce più deboli della popolazione.
-Regali a banche e vaticano.
-Ignobili pestaggi di operai e studenti.
-Vergognose prese di posizione nei confronti dei giovani del nostro paese.
-Nauseanti provvedimenti contro i disabili.
-Fermo rifiuto delle proposte di riduzione delle spese militari.
-No ai tagli delle pensioni d'oro dei supermanager statali ed ai rivoltanti privilegi della politica.
-Difesa delle caste (Farmacisti, avvocati, notai...), delle corporazioni e delle multinazionali.
Eh già caro Bersani, sto Monti è proprio indecifrabile...
(Luca Faedda)
«Bersani
faccia un po’ come Landini, guardi al bell’esempio Fiom. Medaglia d’oro
e assoluzione con lode alla Fiom. Grazie a loro il lavoro è entrato
nelle case degli italiani come un valore prima che una necessità. Il
lavoro significa anche dare attuazione al primo articolo della
Costituzione. Dare lavoro, dare dignità all’uomo»
(Don Gallo)
(Don Gallo)
Il Presidente Napolitano ha concluso la
legislatura con un altro grave atto contro la democrazia. Già era
successo con la nomina a Senatore a vita di Monti il giorno prima di
dargli l'incarico di capo di Governo. Oggi con la decisione di
sciogliere le Camere e non attendere i primi giorni del 2013, come aveva
chiesto il comitato promotore dei referendum, annulla il valore di
oltre 500.000 firme che erano già state
raccolte. Migliaia di banchetti, migliaia di persone che al freddo hanno
dedicato il loro tempo libero e il loro impegno, annullati in un
minuto. Il popolo italiano non potrà quindi pronunciarsi per abolire
l'art 8 e ripristinare art 18. La responsabilità di tutto questo è di
Napolitano e di tutti partiti che hanno sostenuto Monti che non hanno
speso una parola per garantire questo diritto democratico.
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