sabato 20 agosto 2011
venerdì 19 agosto 2011
Normalmente fra il mondo della realtà e quello della fantascienza c'è un baratro, in quanto la fantascienza inizia dove finisce il mondo reale. Però in questo strano paese, favorito dalla calura di agosto, il confine fra realtà e fantascianza si è liquefatto e la profezia nera della "svastica sul sole" si è riversata nel mondo reale, addirittura si è trasformata in nero su bianco ed è entrata nella Gazzetta Ufficiale, attestandosi al comma 24, che recita: "A decorrere dall'anno 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell'anno precedente, sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festivita` introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonche´ le celebrazioni nazionali e le festivita` dei Santi Patroni in modo tale che, sulla base della piu` diffusa prassi europea, le stesse cadano il venerdı` precedente ovvero il lunedı` seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica".
Con questo linguaggio burocratico è stato tolto ogni valore alla celebrazione della liberazione (25 aprile), alla festa del lavoro (1° maggio) ed alla celebrazione della nascita della Repubblica. Il fatto che tali festività non siano state del tutto soppresse ma consegnate nella mani del Consiglio dei Ministri che può spostarle quando vuole e farle coincidere o meno con la domenica è ancora più oltraggioso della loro semplice cancellazione, perchè fa dipendere la loro celebrazione da calcoli di opportunità (per es. a secondo che gli operatori del turismo o altre corporazioni le considerino più o meno utili), destituendo tali ricorrenze di ogni significato.
Poiché noi viviamo pur sempre in un ordinamento, basato su una Costituzione, nata dalla Resistenza, nella quale all'art. 1 si delinea il volto dell'Italia come quello di una Repubblica democratica fondata sul lavoro, è evidente che il Comma 24, introduce un paradosso, altrettanto inquietante quanto il più famoso paradosso del libro Comma 22 di Joseph Heller, che narrava le avventure di un gruppo di piloti statunitensi impiegati per i bombardamenti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Questi piloti potevano chiedere l'esenzione dalle missioni di bombardamento solo in caso di pazzia (comma 21), però il comma 22 prevedeva che chi chiedeva l'esonero non poteva essere pazzo.
Con il Comma 24 il Governo Berlusconi cerca di cancellare, sul piano simbolico, i caratteri che definiscono l'identità della Repubblica e danno significato alla nozione di "Patria" nel nostro tempo.
Senonchè questi caratteri non sono stati tracciati nella sabbia, nascono da un processo storico doloroso e travagliato. Essi sono incisi, per dirlo con parole di Calamandrei "sulla roccia di un patto giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono, per dignità, non per odio, decisi a riscattare la vergogna ed il terrore del mondo". Le questioni simboliche hanno una alta valenza politica perchè incidono sull'immaginario collettivo e sulla coscienza di sé. Cancellare i simboli dell'identità significa favorire un processo di destrutturazione della nazione, attraverso la perdita della memoria storica. Uno degli indici più inquietanti del contesto culturale del nostro tempo è dato dal fatto che noi viviamo confinati in un eterno presente.
Viviamo immersi nel presente, come se non avessimo un passato e come se non dovessimo preoccuparci del nostro futuro ed adesso si cerca esplicitamente di produrre un diffuso analfabetismo politico di ritorno, per effetto del quale la resistenza diventa un capitolo archiviato negli scaffali della Storia, come le guerre puniche, e la Costituzione da essa generata, una mera tecnologia per l'organizzazione dei poteri pubblici, da relegare nell'archeologia industriale. Invece, "noi - come ha avvertito Benedetto Croce - siamo prodotti del passato e viviamo immersi nel passato" . Ed io aggiungo che possiamo costruire un futuro solo se manteniamo il rapporto di intelligenza morale con il passato che ci ha prodotti. Per questo non possiamo accettare che i segni dell'identità italiana vengano cancellati.
giovedì 18 agosto 2011
mercoledì 17 agosto 2011
martedì 16 agosto 2011
lunedì 15 agosto 2011
25 aprile, 1 maggio, 2 giugno.
Sacrificati sull'altare dei mercati finanziari, offerte al DIO PIL.
Gli stregoni della crescita non hanno più nulla da dire. Non sono in grado, non possono o non vogliono immaginare un modello alternativo di società.
Ma esiste un'altra Italia. È ora che si unisca.
Buon ferragosto.
Chi vive da solo può fare ciò che vuole, ma chi vive in mezzo agli altri deve piegare la testa per il bene di tutti. Senza condottieri energici il Popolo perisce, la Nazione si spezza in tante piccole bande incapaci di difendersi. L'Uomo é un essere egoista in balia delle passioni: senza disciplina e senza controllo, diventa pericoloso e incurante della legge (Alce Nero, 1863)
domenica 14 agosto 2011
sabato 13 agosto 2011
Riflessioni culturali
In una democrazia il popolo dovrebbe avere il potere. In Italia il popolo subisce i vizi, i capricci e le lune di chi detiene il potere politico ed economico. Gli italiani sono un popolo di creativi abituati ad arrangiarsi in diverse modalità. I mafioselli di ogni strato sociale hanno trovato il modo di usare la creatività, per poter giocare sporco in ogni situazione. La forza della mafia è la creatività: riesce a reinventarsi prima che le comuni persone riescano ad accorgersene. Per sconfiggerla si deve lavorare intensamente sulla cultura per rieducare gli usi e costumi della popolazione. Berlusconi l’ha capito presto: è riuscito a mettere in ginocchio quegli intellettuali, per cui sono importanti i principi etici e morali. Il lavoro, che hanno fatto in questi anni, è stato faticoso, sono stati soggetti ad aggressioni personali e il nemico ha fatto di tutto per togliere quella linfa economica, di cui hanno bisogno per poter lavorare con quella calma e serenità, necessarie a chi deve osservare, rielaborare e spremere le meningi per potersi esprimere in una modalità fruibile al vasto pubblico. Chi si è ribellato ha pagato un caro prezzo: l’hanno impegnato su più fronti per indebolirlo. Si sono muniti di menti tecniche: venduti o personaggi per cui, l’etica, è un optional fuori uso e hanno reso la vita impossibile a tutte quelle menti, oneste e acute che fanno di tutto per mettere in pratica i principi di verità e giustizia in cui credono. In alternativa la dittatura culturale ha offerto stupidaggini senza pudore (reality o programmi “tette e culi”), aggressività (trasmissioni in cui è più bravo chi urla a voce più alta e offende con maggior stronzaggine), apparenze che sono più importanti della realtà (storie che servono a intrattenere, ma non ad alimentare la consapevolezza). Togliere il nutrimento culturale alle masse è come privarle d’amore. Un popolo che cresce senza amore è chiuso, litigioso, intollerante, egoista. Il Buon Governante dovrà armarsi di pazienza e investire tempo e risorse, per guarire i mali emotivi della società. Non per molto, ma il potere esecutivo è ancora in mano al nemico. Per innescare una rivoluzione culturale in Italia, è necessario che chi detiene il potere nei piccoli feudi italiani alimenti la cultura. E’ risaputo che di soldi non ce ne sono, ma occorre trovare delle soluzioni e delle modalità, per spingere quella Cultura del Rinnovamento che deve far soffiare un’aria nuova. “Vieni via con me”, in cui la politica ha un sapore filosofico e artistico, è stata soppressa nonostante il grandissimo successo di pubblico. Questo dovrebbe indurre a riflettere tutti coloro che ritengono di possedere dei principi etici, ma non esprimono le loro opinioni, perché il silenzio è una situazione di comodo. Quanto queste persone stanno contribuendo a mantenere in vita questo sistema malato? Cosa occorre fare per smuoverle? L’aggressività e la chiusura potrebbero sembrare gli strumenti più efficaci, ma con queste persone i metodi “estremi” non portano a buoni risultati di consapevolezza, perché con loro occorre parlare con moderazione altrimenti si spaventano. Bisogna mandare avanti coloro che hanno le idee molto forti, ma hanno un temperamento capace di esprimersi con moderazione. La rivoluzione culturale avrà successo quando il sistema avrà invertito la propria marcia ed è necessaria un’enorme quantità di energia fisica per questa prima operazione. Gli artisti avranno un ruolo molto importante di sensibilizzazione e intrattenimento, dovranno lavorare con semplicità privandosi di quegli facili ed egoistici intellettualismi. L’energia delle masse è stata ferma a lungo: si affaticano facilmente, occorre coccolare il popolo, almeno finché l’energia della consapevolezza non ha la meglio.
Chi s’intende di economia dovrebbe informarci con parole semplici sul cosa sarebbe meglio fare e perché. Con le pressioni di Bruxelles il governo è costretto a rigare dritto? O può commettere altre atrocità? Occorre che il popolo si riprenda il potere che gli spetta, ma prima è necessaria una legge elettorale che lo regolamenti. E’ meglio un governo tecnico? O è meglio avere più tempo per prepararci internamente? Se i tecnici dei comitati promotori hanno qualcosa di buono tra le mani: bisogna che ci si cominci a muovere nell’organizzare banchetti per le raccolte firme e dobbiamo coordinarci per unire le manifestazioni e i presidi per poter sensibilizzare anche ai discorsi più tecnici, in modo che la diffusione si allarghi con l’energia di ognuno. Se non c’è ancora qualcosa di concreto bisogna sapere comunque chi ci sta lavorando, per poter unire le forze e poter supportare dove necessario.
L’altra sera alla celebrazione commemorativa per ricordare i quindici partigiani fucilati in Piazzale Loreto nel 1944. Come ad ogni manifestazione di questo tipo c’era un palchetto allestito con pochi mezzi, su cui degli anziani signori hanno preso la parola e rivolto il loro pensiero a quel passato, in cui hanno dovuto combattere gli oppressori, con la forza degli ideali e dei valori. Negli occhi del partigiano traspare la dignità di chi ha sconfitto la paura col coraggio e l’egoismo col senso di responsabilità. La resistenza partigiana ha combattuto con unione, speranza e fiducia reciproca. Pur avendo una radice antimilitarista ha dovuto inventarsi strategie militari per affrontare il nemico. Non avendo grandi risorse economiche, lo spirito partigiano, ha dovuto trasformare i quotidiani strumenti di lavoro in armi e i mezzi di comunicazione per coordinarsi nell’azione. Hanno combattuto sul territorio in piccoli gruppi, che hanno saputo unire le loro forze nelle battaglie prioritarie, andando oltre ad inutili sottigliezze di forma. Il compito di ognuno era determinato dalle naturali abilità fisiche o mentali.
Da sempre, il potere malato, utilizza i privilegi economici per comprare e mantenere i propri vizi. La Politica dovrebbe avere la responsabilità di un buon padre, che lavora e sceglie per il bene della propria famiglia. Il popolo non può governare se stesso, perché se prima di agire, si dà la possibilità a tutti di dire la propria, non si finirà mai di discutere su piccole sottigliezze di pensiero, e quando si arriverà alla decisione, l’azione sarà inefficace, perché sarà passato troppo tempo, e la situazione da risolvere sarà diversa. Il male della politica si può ricondurre al sistema dei rappresentanti. Il popolo ha eletto gente, che vive il ruolo del padre di famiglia con ipocrita perversione: con la comunicazione ammaglia i deboli di pensiero, fa i suoi porci comodi, e se viene denunciato entra nel ruolo della vittima che s’indigna di fronte ad accuse vili, che vanno a minare il suo onore. Viviamo in una società in cui i potenti non hanno pudore nell’esporre il trofeo dell’arroganza e i deboli sono costretti a mendicare dignità. Le giovani donne sono indotte a vendere ed abbellire il proprio corpo per avere soldi e notorietà, quelle che non hanno forme appetibili o qualche ruga, per non essere annullate devono essere spietate, almeno quanto i generali nazisti. Agli uomini, che vogliono mettere le basi per costruire una famiglia, è richiesto di dimenticare l’etica, sostituendola con la crudeltà e l’ipocrisia. I ribelli vengono reclusi in isolamento senza pane ed acqua, si lasciano strillare finché non hanno più fiato in gola, poi quando hanno bisogno di mangiare, vengono imbavagliati e messi ai lavori forzati per poter guadagnare una misera pagnotta che non basta mai. Oggi la guerra politica si gioca con le strategie di marketing, dove la percezione di un’idea o di una sensazione è più importante dell’idea o della sensazione in sé. I colori e le forme sono più importanti della materia. Le persone si sono abituate a percepire le idee e ad agire di conseguenza, senza comprendere bene il senso di quel che dicono e fanno. L’Italia sta perdendo quel senso artigianale delle cose fatte bene, con buon senso e buon gusto. Mi auspico che chi andrà al governo trarrà insegnamento dalla saggezza artigiana di chi: conosce la materia, la esamina e con valutazioni dettate dall’esperienza e dall’etica trae le idee con cui agire per sistemare una situazione.
Il buon artigiano: conosce il valore delle materie prime, capisce quali strumenti usare a seconda delle occasioni, riesce a preventivare con sincerità il tempo e le risorse necessarie per fare un buon lavoro, ed ha la capacità di trovare soluzioni tampone quando ci sono emergenze in atto. A volte commette degli umani errori di distrazione, ma generalmente compie bene il suo lavoro e chi lo paga veglia e discute sul suo operato.
In questa società la coscienza storica suscita noia, la storia, viene presa in considerazione solo per mirare ai punti deboli del nemico di turno. L’italiano medio continua a perpetuare il medesimo comportamento da democristiano, che vende l’anima per i piccoli piaceri che la frivolezza può offrire. Chi detiene i poteri, conosce benissimo il proprio target ed adotta strategie con cui far leva sui gusti e sulle emozioni dell’italiano medio, così da influenzare la compravendita del potere e dei soldi. In questo modo il sistema politico mantiene in vita i propri meccanismi mafiosi. Non servono grandi strateghi per comprendere che il popolo si sottomette con l’ignoranza. Le trattative con il sistema corrotto non si possono fare, perché con i furbi e gli aggressivi non si può discutere arrivando ad azioni responsabili per il bene comune. La prevaricazione e la menzogna sono sempre in agguato e non si può vivere senza un briciolo di fiducia. Quindi occorre agire in modo da destabilizzare il nemico, facendogli perdere il potere, ma visto che la civiltà prevede la non-violenza occorre combattere sul campo delle idee, parlando ogni giorno con le persone, affinché le fondamenta crollino da sé e il governo sia costretto alla resa.
L’atteggiamento democristiano che favorisce una politica mafiosa, si manifesta in quei benpensanti che vivono la politica come un qualcosa a cui non interessarsi, un qualcosa di cui non è garbato parlare. Avere una posizione politica, oggigiorno, comporta il mettere da parte quella gentilezza e quel garbo formali, che permettono di essere in cordiali rapporti con chiunque, ricopra una buona posizione sociale. Per quieto vivere, i democristiani moderni possono chiudere un occhio sul come, certe persone, siano arrivate a ricoprire posizioni di potere, che dovrebbero essere affidate a chi ha maturato competenza e responsabilità. Mantenere un pensiero ottimista è la chiave di tutto: di fronte all’ingiustizia il democristiano moderno sa benissimo che la prudenza è un’arma vincente, comunque vada, il suo bicchiere sarà mezzo pieno. Se la coscienza pulsa potrà metterla a tacere facilmente espiando l’omertà con brevi atti di generosità natalizia.
Occorre che chi sta facendo resistenza a questa politica, cominci a lavorare su questa parte del popolo, che è la maggioranza. Oggi l’azione partigiana si svolge nelle piazze, nei luoghi di lavoro e tramite i mezzi d’informazione. La lotta è sul piano dei valori: sui principi da cui prendono atto le azioni di ognuno. La battaglia si svolge nel luogo delicato dell’interiorità di ognuno, che è diventato l’obiettivo del marketing politico. I partegina che si metteranno subito all’opera dovranno agire con cautela e sensibilità. Rieducare in profondità richiede: non giudizio, pazienza e dedizione. I reali colpevoli, di questo sistema malato, sono coloro che lasciano fare senza dir nulla, aspettando che il buon Dio risolva i mali dei disgraziati. Chi ha uno spirito educatore dovrebbe dedicarsi a questa attività più che può, di modo da spianare il terreno anche agli altri dotati di una pazienza inferiore. E’ importante mostrare a questa fascia della popolazione, che i valori non sono dei concetti astratti, e che per essere delle brave persone, non basta andare a messa e non uccidere. Crescere, richiede sforzo, attenzione e rinuncia. I viziosi preferiscono raccontarsela, accontentandosi di piaceri passeggeri, che tamponando il senso di vuoto interiore, gli danno sempre più forza. Occorre curare lo spirito di queste persone, bisogna rompere il circolo vizioso senza danneggiare chi lo perpetua più o meno inconsapevolmente.
Ci serve materiale informativo con cui sensibilizzare quei titubanti, che sanno che in politica ne stanno succedendo delle belle, ma i doveri quotidiani non permettono loro, di seguire con costanza la situazione e farsi delle idee che li spingano a combattere. Ognuno di noi, oltre alla militanza politica, ha la propria vita personale ed è necessario avere accesso alle informazioni modo semplice e veloce in modo che le energie s’investano nella coordinazione volta all’azione. Di sacrifici e rinunce, ne dovremo fare tutti, ma dove è possibile, chi ha gli strumenti deve impegnarsi nell’informare, sintetizzare, semplificare e far circolare, avremo bisogno di molta energia per vincere e non possiamo sprecarla facendo tutti tutto.
Il popolo è diversificato, bisogna metterlo nelle condizioni di poter partecipare attivamente alla vita politica rispettando le esigenze di vita quotidiana, che è fatta di sole ventiquattro ore in cui occorre lavorare, mangiare, lavarsi, mantenere una vita affettiva e sociale. Per farsi un’idea propria non è necessario essere esperti di legge ed economia. Gli aspiranti giornalisti, che per natura sono costantemente informati, dovrebbero mettere assieme le questioni importanti e sintetizzarle, in modo che la maggioranza delle persone vi abbia accesso, senza dedicarci troppo tempo e impegno giornaliero. Occorre che qualcuno traduca in un linguaggio accessibile ai comuni mortali. Il lavoro deve essere efficace e i buoni risultati si ottengono se si agisce per gradi: non bisogna giudicare i nuovi, bisogna accompagnarli e sostenerli finché il loro spirito critico non è autonomo. Materialmente si può cominciare ad agire nel proprio piccolo: col vicino di casa, il collega di lavoro, lo sconosciuto che in treno si siede accanto a noi. I nostri cavalli da battaglia sono la trasparenza, la gentilezza, lo sguardo acuto e la grinta della fermezza. La politica malsana ha le ore contate, ci aspettano grandi battaglie per creare un nuovo ordine politico, ma è necessario guardare al futuro lavorando sulla società in cui viviamo oggi. Per costruire un buon futuro dobbiamo imparare dai maestri del passato, ma agire coi loro insegnamenti nel qui e ora.
Gli educatori dovrebbero anche prestare attenzione, a chi fra i partigiani moderni, ha il temperamento eccessivamente caldo, i nostri nemici sono bravissimi ad inventarsi fantomatici “Black Bloc” e non dobbiamo porre loro su un piatto d’argento, la possibilità di far passare un pensiero pulito per estremismo.
Le famiglie dovrebbero partecipare il più possibile alle iniziative di piazza. I bambini sono il nostro futuro e nelle loro giovani coscienze dobbiamo coltivare i semi di una politica sana.
C’è una parte degli indignati, che per anni ha combattuto con forza e valore, ma che oggi ha boicottato la politica, e se ne sta lì all’accampamento, a patire la violazione ricevuta con l’unico risultato rimuginare la rabbia per l’orgoglio ferito. Mi auguro che questi Achille, possano rialzarsi per combattere con noi: per vincere la guerra, abbiamo bisogno della forza e del coraggio, che sanno diffondere sul campo di battaglia. Partecipare alla vita politica, non è questione di prestigio personale o estreme convinzioni, è solo una questione di responsabilità. Chi non si assume le proprie responsabilità di cittadino, è da considerarsi senza dignità, e dato che questo tipo di comportamento influisce sulla vita di tutti, occorre far notare il proprio dissenso. Occorre martellare insistentemente, ma con rispetto, tutti coloro che permettono a questo sistema di agire indisturbato. Le persone gentili e riservate, che vivono in disparte, devono aiutarci con la diplomazia di cui sono capaci, avvicinandosi agli inavvicinabili, per dare energia al sentimento collettivo che sta prendendo piede. Abbiamo bisogno del sostegno di quei circoli, che per eccessiva sensibilità, si sono chiusi in piccoli gruppi, con cui si proteggono dallo scempio. Non occorre che queste persone ci mettano la faccia, ma è necessario che ci aiutino da dietro le quinte, influendo con i mezzi che hanno a disposizione.
Attendiamo il rientro dalle vacanze per poterci coordinare in un’azione compatta e immediata. Vista la gravità della situazione spero che coloro, che indeboliscono la resistenza, trascinando le discussioni sui colori e sulle bandiere, compiano un atto di responsabilità e la finiscano di puntare i piedi su futili questioni.
venerdì 12 agosto 2011
Maglietta: Basket B.; Hoka Hey: Grido di guerra dei nativi Americani contro gli invasori Bianchi; 23: numero del mitico Michael Jordan; Tasunka Witko: Grande condottiero Lakota Sioux, Crazy Horse in lingua americana, Cavallo Pazzo in italiano. Destinazione: sulle mie spalle per le terre originali del Guerriero
CRISI: UN ITALIANO LAVORA 360 ORE PIU' DEI TEDESCHI E SUPERA GIAPPONE
Roma, 11 ago - Che in Italia si lavori poco e' un triste luogo comune. Cosi' come l'operosita' dei giapponesi e' un mito da sfatare. Spulciando le rilevazioni dell'Ocse emerge infatti che un italiano lavora in media 1778 ore l'anno, superando di oltre 360 ore i tedeschi e di 278 ore i francesi. Dal 1998 poi lavoriamo piu' ore dei giapponesi che dodici anni fa superavano le 2 mila l'anno ma nel 2010 hanno appena raggiunto a stento la soglia delle 1700 ore.
Anche rispetto a Gran Bretagna e Stati Uniti un italiano lavora di piu'. Negli States la media annua e' inferiore alle 1700 ore, nel Regno Unito si ferma a 1650.
Divario consistente con gli olandesi che lavorano 1377 ore l'anno, ben sotto anche la media dell'area euro che sfiora le 1600 ore l'anno.
Oltre a lavorare molto, in Italia l'incidenza del costo del lavoro sul totale dei costi di produzione e' inferiore rispetto ai principali partner. Nell'economia italiana l'incidenza e' del 73,4% nel 2009 (ultimi dati disponibili diffusi dall'Ocse), in Germania il costo del lavoro pesa per il 76,2% sul totale e in Francia sfiora l'80% mentre negli Stati Uniti e' all'82%.