Rassegna Stampa
Intervista a M.Landini.
Oggi è a rischio la tenuta sociale, bisogna cambiare strada: subito un
governo ma diverso da Monti. È necessario puntare a un partito del
lavoro
12/04/2013 Unità
«IL LAVORO TORNI AL CENTRO DELLA POLITICA»
MILANO Sull'emergenza occupazionale in corso, il segretario della Fiom e
il presidente di Confindustria non potrebbero essere più d'accordo:
«Il rischio che stiamo correndo, con il continuo aumento della
disoccupazione, è che venga meno la tenuta sociale. La storia ci insegna
che in Europa i momenti di esplosione massima della disoccupazione
hanno sempre portato a situazioni tragiche » afferma Maurizio Landini.
«Se non agiamo subito, quest'anno perderemo interi pezzi del nostro
tessuto produttivo, perchè chi chiude ora non riaprirà più in futuro».
È sulla soluzione da ricercare per farvi fronte, piuttosto, che il
numero uno delle tute blu Cgil - che guarda con simpatia ed attenzione
l'iniziativa politica del ministro Barca e chiede «un partito del
lavoro» - si dimostra più difficile da accontentare.
Anche lei invoca un governo al più presto, come già ha fatto Giorgio Squinzi?
«Certo che serve un governo in tempi brevi, ma non un governo
qualsiasi, ad ogni costo. Serve un governo per cambiare le politiche
dell'esecutivo Monti, soprattutto sul lavoro e sulle pensioni.
Altrimenti, se non ci sono le condizioni, mi auguro che il parlamento
trovi un'altra soluzione, anche attraverso una riforma elettorale. Uno
stallo così non può durare cinque anni. Tanto più che non abbiamo solo
un problema di difesa dell'occupazione e del sistema produttivo, ma
dobbiamo anche affrontare i tentativi di alcuni di sfruttare la crisi
per ottenere una modifica radicale del sistema dei rapporti sociali».
Quanto radicale?
«Gli attacchi continui al contratto nazionale di lavoro rischiano di
portare alla fine del sindacato confederale che vuol rappresentare tutti
i lavoratori, per arrivare invece a tanti sindacati aziendali e
corporativi. Quindi, in ultima analisi, alla competizione tra i
lavoratori. Se il sindacato si limita a difendere quello che ha,
cercando solo di limitare i danni, significa che non ha capito quello
che sta succedendo».
Che cosa deve fare, invece, il sindacato?
«L'esito delle ultime elezioni, con una quota di astensione senza è
precedenti - intorno al 30% se si considerano anche le schede bianche o
nulle - e più della metà degli italiani che non si è riconosciuta nelle
forme classiche dei partiti - se ai non votanti aggiungiamo anche i
consensi ottenuti dal movimento 5 stelle - non parla solo alle forze
politiche. La crisi della rappresentanza è anche sindacale, la richiesta
del cambiamento è rivolta anche a noi».
In che senso?
«Nel vuoto di rappresentanza sociale che si è creato ci sono anche
nostre responsabilità, come ci dice la drammatica solitudine dei
lavoratori che si sono tolti la vita dopo aver perso il posto, convinti
che nessuno potesse dar loro una mano. Il sindacato non può permettersi
di lasciare solo nessuno».
Si riferisce ai lavoratori precari?
«A parità di lavoro, devono sempre corrispondere parità di diritti e di
retribuzione. Altrimenti, nella giungla contrattuale che contrappone
tra loro i lavoratori, rischiano di venire meno le ragioni stesse
dell'esistenza del sindacato. Il calo della sindacalizzazione è un fatto
in tutta Europa. Il cambiamento deve essere anche una priorità del
sindacato, noi per primi dobbiamo cambiare il nostro modo di agire».
I suoi colleghi di Fim e Uilm la accuserebbero di fare più politica che azione sindacale per firmare contratti.
«La Fiom non rinuncia all'obiettivo di cambiare questa società, che è
una società ingiusta e sbagliata. Ma per la Fiom vale sempre il merito, e
nel merito dei problemi si possono trovare soluzioni ai problemi,
dunque si possono firmare accordi. La trattativa con le imprese
cooperative metalmeccaniche - da cui la Fiom non è stata esclusa, a
differenza di quanto fatto dalle industrie rappresentate da
Federmeccanica - potrebbe ad esempio concludersi con un accordo firmato
anche da noi, se verranno confermate le condizioni su cui finora è
emersa un'intesa».
Quali sono queste condizioni?
«Le
imprese cooperative metalmeccaniche, in caso di crisi aziendale,
potrebbero impegnarsi a non licenziare, ma ad attivare contratti di
solidarietà tra tutti i lavoratori».
mercoledì 1 maggio 2013
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