La lotta di classe c'è stata in questi anni, peccato che a vincerla,
siano stati i ricchi contro i poveri. Con il risultato che il 15% della
ricchezza nazionale si è spostata da salari e pensioni a profitti e
rendite
«Se ci siamo beccati vent'anni di Berlusconi è perché da vent'anni il
lavoro in Italia non è più rappresentato», grida Maurizio Landini a un
pubblico di 5 mila delegati determinati, in attesa della proposta finale
del segretario della Fiom. Eccola: «Il 16 novembre sciopero generale
della categoria, nello stesso giorno della mobilitazione nazionale degli
studenti. Per riunificare le lotte, per non lasciare solo chi, come
noi, è colpito dalle politiche del governo». Un'ovazione, tutti in
piedi, chi con gli occhi umidi, chi a chiedere scherzosamente al vicino:
«Ma che sostanza usa Maurizio?».
Un Landini scatenato, capace di
raccogliere un sentimento condiviso al Palasport di Modena, ha duramente
criticato le politiche del governo Monti. Sull'ultima manovra il
segretario Fiom è stato netto: «Riduce l'Irpef per aumentare l'Iva, è
una truffa. Gli incapienti che non arrivano a 8 mila euro, con l'aumento
dell'Iva prenderanno ancora meno. In un paese in cui 9 milioni di
cittadini non hanno i soldi per curarsi, tagliano i fondi per la sanità,
con il rischio aggiuntivo che questi tagli facciano saltare in aria il
settore biomedicale di Mirandola, già duramente colpito dal terremoto.
Per il bene di chi, hanno fatto queste scelte? Dicono che il governo
Monti fa il bene dell'Italia, ma di quale Italia parlano? Prima se ne
va, meglio è».
Da oggi i militanti della Fiom saranno nelle piazze e
davanti alle fabbriche a raccogliere firme per i due referendum sul
lavoro, per abolire l'art.8 della manovra berlusconiana che rottama il
contratto nazionale e per ripristinare nella sua interezza l'art.18, che
impediva i licenziamenti individuali senza giusta causa. Sarà un caso,
ma le prime vittime del nuovo corso montiano, sono per il 75% iscritti
alla Fiom. «A chi ci dice che non ha senso raccogliere queste firme
perché tanto prima del 2014 non si potrà votare, rispondo che lo
sapevamo anche noi». E allora? Allora attivare le procedure per i
referendum serve a costringere chi si candida a guidare il paese a
prendere posizione sul lavoro e i diritti, la Fiom non intende fare
sconti a nessuno. «Poi, se il governo che uscirà dalle urne ripristinerà
l'art.18 violato dal duo Monti-Fornero con Pd, Pdl e Udc nella squadra,
se abolirà l'ignominia dell'art.8 berlusconiano, allora dei referendum
non ci sarà più bisogno. Se questo non avverrà, è giusto che i cittadini
dicano la loro e decidano».
Ad alzare la palla sotto rete a
Landini perché la schiacciasse contro il governo liberista di Monti è
stato uno dei padri del giuslavorismo italiano, Umberto Romagnoli:
«Tra Berlusconi e Monti c'è una discontinuità e una continuità. La
discontinuità è mediatica, Monti non balla il bunga-bunga, sa vestire e
stare a tavola; la continuità è sostanziale e riguarda le politiche del
lavoro. Riguarda quel che Monti ha fatto - la riforma delle pensioni di
Fornero sarebbe ridicola se non avesse effetti drammatici per centinaia
di migliaia di lavoratori, per non parlare dell'art.18 - e quel che non
ha fatto». Romagnoli ha ricordato come l'art.19 dello Statuto sulla
rappresentanza e la democrazia sindacale, aveva un senso in un quadro di
unità sindacale mentre con la frattura che si è determinata non
impedisce «che il sindacato con il più alto profilo storico e culturale,
che siete voi in questo palazzetto, venga espulso dalla Fiat». E per
ricucire questa ferita, pensano con Romagnoli e Landini tutti i 5 mila
delegati Fiom, bisogna muoversi subito. Serve la legge, «serve la
politica di cui oggi lamentiamo l'assenza», conclude Romagnoli.
Se salta la democrazia nei posti di lavoro, se a scegliere gli interlocutori sindacali sono i padroni e non i
dipendenti, se questi ultimi non possono eleggere i loro
rappresentanti e votare sugli accordi e i contratti che li riguardano,
allora è a rischio la democrazia. Dovrebbe saperlo, insiste Landini, chi
si candida a guidare il paese, e dovrà essere chiaro con gli elettori.
Sinistra dove sei? Cosa pensi? Con chi stai? Se lo domandano i delegati
di Pomigliano e dell'Ilva di Taranto, della Fincantieri e dell'Alcoa e
delle mille fabbriche di ogni dimensione in cui gli operai della Fiom si
battono per salvare lavoro, diritti, sistema industriale. Ma quel che
più preoccupa la Fiom è l'assenza di una politica industriale e la
subalternità del governo alle imprese, al modello Marchionne a cui si
riconosce il presunto diritto a fare quel che vuole e fuggire dove
vuole. «Adesso in molti criticano Marchionne, all'inizio c'eravamo solo
noi e in tanti ci dicevano che dovevamo accettare il ricatto o il lavoro
o i diritti e spiegavano agli operai come avrebbero dovuto votare.
Persino quel ragazzo che diceva di stare con Marchionne senza se e senza
ma ora lo critica. Va tutto bene, ma tutti questi signori dovrebbero
avere la decenza di chiedere scusa non alla Fiom, ma agli operai di
Pomigliano e Mirafiori che hanno avuto il coraggio e la dignità di
rifiutare quel ricatto». E giù altri applausi.
Mentre la Fiom chiede a Fim Uilm e Federmeccanica di fermarsi, di non procedere sulla strada di un nuovo contratto separato;
mentre propone un anno di riflessione comune per ristabilire regole
democratiche della rappresentanza e propone un impegno comune per il
lavoro, l'occupazione, la ricerca e gli investimenti; mentre, sempre la
Fiom, chiede di sostenere le imprese che si impegnano a fare contratti
di solidarietà, a investire per il futuro, a ridurre l'orario per
distribuire tra tutti il lavoro che c'è; mentre di questo si parla a
Modena, a Roma la Confindustria con il sostegno del governo Monti che
chiede un accordo sulla produttività, vuole dai sindacati un
allungamento dell'orario e salari legati alla produttività. Quel tavolo
di confronto, dice Landini, con queste premesse, va abbandonato. Lo dice
innanzitutto alla Cgil. E la Federmeccanica, da cui se n'è andata la
Fiat, ha fatto sua la filosofia di Marchionne e pretende di non pagare i
primi tre giorni di malattia, di avere senza contrattazione gli
straordinari, di passare al regime di orario settimanale.
No ai ricatti vuol dire no all'alternativa tra lavoro e diritti, come alla Fiat, o tra lavoro e salute, come all'Ilva.
La Fiom è pronta a scioperare, ma contro la famiglia Riva che non fa
gli investimenti di bonifica e non contro la magistratura. Perché
«dobbiamo tornare a dire che la salute non si vende». Ecco la Fiom, più
una gazzella che si difende dalle pallottole dei cacciatori che non un
dinosauro. «Romiti si limitava a volerci sconfiggere, oggi invece
vogliono cancellarci. Ma noi siamo ancora qui». Oltre agli applausi dei
suoi delegati Landini meriterebbe rispetto, attenzione, sponde
politiche. Sta combattendo una battaglia in difesa della dignità di
tutto il paese.
domenica 14 ottobre 2012
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